monologo di un etilista

etilismo

parte 6

La notte passò in fretta, del resto buio e piacere sono elementi che non cozzano mai e non durano mai tutta la vita. Renato si vestì velocemente e raggiunse la cucina, dove Sandra, ancora seminuda, stava preparando il caffè.

“Buongiorno Professò, avete dormito tanto, menomale che non russate. Voi siete gentile, pure quando dormite, professò. Adesso la vostra Sandra vi fa una tazza di caffè e poi andate via. State sempre di corsa, avete la mania di correre, voi. Sedetevi!”

Prese posto sorridendo e ne approfittò per saperne di più, sul suo conto “ma non è vero, che vado sempre di corsa, perché mi dici ste cose? Io sono un pensionato, quindi un miracolato, non ho fretta”. Sandra non scese di un gradino dalle sue convinzioni “si, voi siete nato di fretta, Professò! V’hanno inventato dentro un portone, ne so sicura. Gli uomini come voi non trovano pace e io ne conosco tanti”. “Ma non credi di sapere troppe cose?” Chiese, incuriosito e divertito, Renato.

L’amica, prima di rispondere si alzò la gonna e disse “questa che ho tra le gambe è l’unica cosa intelligente che posseggo. Quelle come me, proprio perché credono di sapere tutto, si ritrovano a fare le puttane”. Il professore non riuscì a tenere il passo delle battute, si congedò, ringraziandola “Sandra, menomale che ci sei tu, riesci a ricordarmi di avere ancora dei desideri. Ti ringrazio!”

Sandra, abituata a ben altri latrati, abbassò lo sguardo, quasi a voler contenere una vampata di emozione. Renato carpì al volo il momento, la baciò sulle labbra come fosse la sua donna, la strinse a sé e scivolò nelle frasi ovvie, banali, quelle che odiava “E’ stata una serata indimenticabile, se non avessi bevuto sarebbe andata anche meglio, tutta colpa mia. A presto, Sandra”.

Scese di corsa. Si sentiva leggero, come dopo un esame, come dopo un giorno in cella d’isolamento, come dopo il chiarimento con un Compagno. In strada, incontrò Walter, falegname di vecchia data, sempre con il suo cassetto per gli attrezzi, pronto ad aiutar chiunque chiedesse una mano in casa.

Lo conoscevano tutti, soprattutto le signore, lo chiamavano per qualsiasi guasto. Appena si rese conto della presenza del maestro in pensione, gli andò incontro e chiese “ciao Professò, dove vai?”

Il maestro si diede una messa a punto sul posto e rispose “ciao Walter, ho dormito da Sandra. Sto uscendo adesso e sono in cerca di un amico con cui fare un bicchiere”. Il falegname lo appoggiò senza commentare. Si conoscevano dall’infanzia, due diversi destini, due vite parallele e un rispetto dovuto a chi, un tempo, giocava nello stesso campetto, nelle stesse strade brecciate.

Giunti al bar, Daniele li accolse con i suoi modi farseschi “buongiorno signori! Difficile incontrare due loschi simili in giro per la città. Devi nascere da queste parti per poterli vedere. Diciamo che io sono un uomo fortunato”. Posto solito, due bicchieri stracolmi di rosso e due vecchi compagni che brindano, forse la vita regala anche emozioni più belle, ma per Renato non esisteva di meglio.

Dopo il secondo brindisi, il maestro estrasse a sorte la domanda da porre a Walter “sei incredibile, cominci dal mattino. Lavori otto ore al giorno e nel tempo libero vai a mettere a posto gratis, sottolineo il gratis, rubinetti, finestre, serrande e mobili della gente di qua. Non ti senti usato?”

Il falegname scoppiò a ridere e non rispose, allora il maestro tornò alla carica “ma ci ridi sopra? Credo sia una domanda lecita. Sei sempre disponibile con tutti, non credi che qualcuno ne possa approfittare?” Walter spense la risata e ribatté “di chi parli? Della signora Adelina, a cui ho sostituito le corde delle serrande? O di Marcello, il loffio, a cui ho messo a posto il tavolo e l’armadio? Di cosa potrebbero approfittare? Io sono un falegname, mica un mago o uno da derubare”. “Come fai a essere così paziente e disponibile con tutti? Spiegamelo, ti prego!” proseguì il maestro.

A Walter non piacevano le domande complicate, quella lo mise in difficoltà. Tastò le tasche per cercar le sigarette e prima di uscire per fumarla, monologo di un etilista disse ciò che la mente ammise “forse perché non mi faccio troppe domande. Sono contento quando vedo gente contenta e sto male se vedo la gente triste, questa è l’unica risposta che so darti. Se una signora mi chiede un favore, io vedo mia madre, ti basta? Adesso, scusami professò, esco per dare una pausa ai polmoni”.

Renato rimase a contemplare i bicchieri da riempire, mentre il suo amico immaginario sedette di fronte, con l’ennesima accusa da sfoderare “li vedi? Ormai sono parte del sistema, sono come te. Porta conforto nelle case, perché la gente non può pagarsi più nulla, ha un ruolo preciso in questa società di merda. Andrebbe meglio come prete”.

Il professore lo affrontò a viso aperto “siamo diversi io e te, l’ho sempre saputo. Il cuore di un Compagno è grandissimo, può contenere l’amore verso ogni disperato nato su questa terra. Le persone come lui mi appassionano, la sua umiltà mi fa sentire piccolo. Tu non ci crederai, ma io sono orgoglioso di essere amico di quel falegname!”

Massimo lo guardò da capo a piedi e versò la sua indignazione “sei un povero rincoglionito, un alcolizzato romantico”.

Antonio Recanatini

Poeta, scrittore. La sua poesia è atta a risollevare il sentimento della periferia, all’orgoglio di essere proletari e anticonformisti.

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

www.lavoroesalute.org

Prima parte n. 3 – giugno 2015

Seconda nel n. 4 – settembre 2015

Terza nel n. 5 – novembre 2015

Quarta nel n. 1 gennaio 2016

Quinta parte nel n. 2 marzo 2016

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