Monologo di un etilista

Antonio Recanatini

parte 7

 

A Massimo non piaceva lasciare il discorso in sospeso, per cui colpì da un’altra angolazione, appena Walter uscì dal bar e il maestro era al quarto bicchiere “Eppure, deve esserci il punto in cui ci siamo persi. Non so se mi capisci, ci sarà stata una frana, una puttana o qualche amante bastarda che ci ha trafitto il cuore, che sia la scalogna, la maledizione, la guerra dentro “. A Renato venne da ridere, ma notando il tono serioso di Massimo, tirò a sorte la domanda “Pensi davvero ci sia stato un momento, un tempo, un giorno preciso ad averci separato dalla lotta?” Massimo sedette sconsolato “non siamo come prima,mi tremano le gambe, non potrei mai stare una notte sveglio. Cos’è successo? Quando è successo?” Renato annuì “ah, adesso ho capito, Compagno! Accadde il giorno in cui uscimmo di casa, senza la tuta da lavoro, perché avevamo gli armadietti in fabbrica. Sembrava un favore fatto agli operai, ma il giorno dopo, ognuno di noi indossava qualcosa di diverso. Accadde il giorno in cui lasciammo andare gli infiltrati, i falsari, i fascisti. Accadde il giorno in cui firmammo le petizioni, perché nessuno di noi voleva più finire in gabbio. Accadde il giorno in cui smettemmo di sognare. Compagno, non è stato un giorno solo, come non è stato un solo traditore a colpire, ne sono stati tanti. Avremmo dovuto fare una strage, ma ormai nessuno di noi, sapeva più sparare”.

Massimo, da perfetto amico immaginario, si tolse le scarpe e iniziò un racconto “io li ho visti, Renato! Ho visto un miserabile arricchirsi, per poi sputare sulla miseria. Li ho visti, io non mi fido dell’uomo, non mi fido delle sue promesse, non mi fido del suo potere. Io li ho visti, Renato! Li ho visti sparare alle spalle, anzi posso farti nome e cognome di chi ha sparato sulla folla, di chi ha bruciato le bandiere rosse, di chi ha lanciato le bombe, ma mi prenderebbero per pazzo, per esaltato. Posso farti l’elenco degli avvenimenti e trovare a ogni fatto il suo antefatto, l’introduzione, la presentazione, la collocazione storica, ma preferisco rimanere tuo amico immaginario. La verità è un segreto svelato, la mia solitudine è una costante. Io non riesco a spostarmi da questa realtà. Conoscere mi ha portato a chiudere i ponti con tutti, tranne con te, perché sei tra i pochi sognatori rimasti. Preferisco ammorbare te, incidere sulle tue convinzioni, che sorbirmi la miseria umana. Io ho smesso di patire”.

Renato si alzò, per puntare il dito verso la sedia, quella che tutti vedevano vuota “Sai una cosa? Io prendo come punto di riferimento il mattino. Ci sono mattine dolci, altre opache o amare, altre che non sanno proprio di nulla; invece, il giorno dopo una bella bevuta, pure la sveglia, nemica di una vita, sembra rispettare la mia condizione. Quando sto da solo, non guardo mai il passato. Massimo, io non amo la vita, non sono mai riuscito a darle un senso, nonostante gli ideali che ho perseguito, fin da ragazzo Ci sono mattine in cui spero di non svegliarmi, altre in cui spero di svegliarmi con mia moglie a fianco. Quelle sono le mattine peggiori, per un giorno intero spero che lei possa tornare da me, fino al nuovo risveglio, al mattino dopo”.

Bevve un altro sorso e ricompose la trama “mi hanno detto che vive con un altro. L’amavo da morire, caro Massimo. Io l’amavo veramente, ma ogni qualvolta mi chiedeva di rinunciare al Partito, alla Lotta o una semplice manifestazione, neanche l’ascoltavo. Stavo più con i compagni di partito, che con mia moglie e i miei figli. Quando uscivo con lei, la portavo alle feste popolari, alle riunioni, alle assemblee. Non l’ho mai portata ad ammirare l’alba, a correre sulla sabbia bagnata, vicino alla riva; mai portata a una festa tra condomini, mai portata a vedere un concerto, mai portata a cena in un ristorante fuorimano, mai portata a ballare. Semmai le proponevo un film, una commedia teatrale, una presentazione di un libro. Tutte cose pesanti, come me. Alla fine di questa storia, io risulto colpevole e perdente. Nessuna rivoluzione e ho perso mia moglie. Non ho vissuto una favola, ma una tragedia. Rimane questo presuntuoso. Guardami bene! Faccio lezioni a uomini che tornano ogni sera dalla donna amata, forse il peggiore sono io-.

Il barista, notando lo sconforto, uscì da dietro il bancone e lo soccorse “che hai Renato? Qualcosa non va?”

Il maestro uscì dal bar, portando con sé i ricordi, le belle speranze e quell’amore mai coccolato.

Antonio Recanatini

Poeta, scrittore. La sua poesia è atta a risollevare il sentimento della periferia, all’orgoglio di essere proletari e anticonformisti. Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

Prima parte n. 3 – giugno 2015 Seconda nel n. 4 – settemb. 2015 Terza nel n. 5 – novembre 2015 Quarta nel n. 1 gennaio 2016 Quinta parte nel n. 2 marzo 2016 Sesta parte nel n. 3 maggio 2016

www.lavoroesalute.org

 

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *