Nell’epoca della disuguaglianza, a rischio salute e diritti riproduttivi delle donne

Più difficoltà una donna incontra in materia di pianificazione familiare meno possibilità avrà di trovare un lavoro e di uscire dalla povertà che a sua volta ostacola l’accesso ai suoi diritti riproduttivi.
È il drammatico circolo vizioso che, in mancanza di misure volte a scardinarlo, preclude ogni speranza di progresso per le donne che vivono ai margini. Una questione di fondamentale urgenza sulla quale richiama l’attenzione della comunità internazionale il Rapporto 2017 sullo stato della popolazione nel mondo di UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione) presentato il 17 ottobre a Roma (e in contemporanea in altre 100 città del mondo).

«In questo momento, secondo i calcoli di Wealth-X, la ricchezza congiunta dei 2.473 miliardari del mondo supera i 7.700 miliardi di dollari: l’equivalente del prodotto interno lordo, nel 2015, di ben quattro quinti dei paesi del globo», spiega nell’introduzione al Rapporto Babatunde Osotimehin, segretario generale delle Nazioni Unite e direttore esecutivo di UNFPA. «Questo significa che, mentre alcune famiglie privilegiate gestiscono bilanci miliardari, centinaia di milioni di altre famiglie riescono a malapena a sopravvivere con meno di 1,25 dollari al giorno». Le disparità economiche non sono però che una parte del problema, prosegue Osotimehin: molte altre dimensioni giocano un ruolo, alimentando questo circolo vizioso. «Due aspetti tra i più cruciali sono la disuguaglianza di genere e le disparità nell’accesso alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi: nessuno dei due fattori basta da solo a giustificare l’intera misura della disuguaglianza nel mondo di oggi, ma entrambi ne sono componenti essenziali e richiedono un’azione molto più ampia. La domanda inevasa di pianificazione familiare, per esempio, è in generale maggiore tra le donne appartenenti al 20 per cento delle famiglie più indigenti. Non potendo accedere alla contraccezione, le più povere, soprattutto quelle meno istruite e residenti nelle zone rurali, sono maggiormente a rischio di gravidanza indesiderata, il che può comportare problemi per la salute e ripercussioni economiche lungo tutto l’arco della vita. Non avere il potere di decidere se, quando e a che distanza avere figli – continua il direttore esecutivo di UNFPA – può condizionare e limitare l’istruzione, ritardare l’ingresso nel mercato del lavoro retribuito e ridurre i potenziali guadagni».

Tanto c’è ancora da lavorare. A mo’ di esempio, basti pensare che il Global Gender Gap Index, l’indice del World Economic Forum che analizza il divario di genere nel mondo, indica che nei 142 paesi coperti dall’indagine del 2016, 68 presentavano divari maggiori rispetto all’anno precedente.

«In molti paesi in via di sviluppo – si legge nel Rapporto, la cui edizione italiana è curata da Aidos (Associazione italiana donne per lo sviluppo) – le donne povere, che appartengono cioè al 20 per cento che si colloca più in basso nella scala del reddito, soprattutto quelle che vivono nelle aree rurali, hanno probabilità molto minori di accedere ai contraccettivi e all’assistenza medica durante la gravidanza e il parto, rispetto alle donne urbanizzate e più ricche. Tra le adolescenti, che devono affrontare ulteriori vulnerabilità a causa della giovane età, quelle provenienti da tale 20 per cento di famiglie più povere partoriscono, in percentuale, circa tre volte più spesso delle adolescenti nel 20 per cento di famiglie più ricche. Quelle che risiedono nelle zone rurali partoriscono due volte di più delle loro coetanee che abitano in città».

Le maggiori disuguaglianze in base alla ricchezza nell’evasione della domanda di pianificazione familiare si verificano in Africa centrale e occidentale, seguita dall’Africa orientale e meridionale. «In Africa centrale e occidentale, in 13 nazioni su 20, le donne che fanno parte del 20 per cento di famiglie più ricche hanno il doppio delle probabilità di veder soddisfatte le proprie esigenze di contraccezione rispetto alle donne del 20 per cento più povero».

Tra le donne che non possono accedere alla contraccezione in generale o al metodo contraccettivo prescelto si verifica la maggior percentuale di gravidanze indesiderate. «Si calcola che ogni anno nel mondo in via di sviluppo ci siano 74 milioni di gravidanze indesiderate (Guttmacher Institute e UNFPA, 2014)». «Nei paesi in via di sviluppo ci sono 12,8 milioni di adolescenti con una domanda inevasa di pianificazione familiare (UNFPA, 2016a). Le giovani, soprattutto se non sono sposate o conviventi, devono affrontare più ostacoli delle adulte per ottenere i contraccettivi a causa di leggi e misure restrittive, perché spesso non possono contare sulla riservatezza o perché la società stigmatizza i rapporti sessuali in giovane età. In diverse regioni del mondo in via di sviluppo tante ragazze sono costrette a sposarsi, di solito con uomini molto più vecchi. La differenza di età spesso fa sì che le giovani non abbiano potere decisionale sulla contraccezione. Si calcola che, nel 2015, in 156 paesi, territori e altre aree in via di sviluppo abbiano partorito 14,5 milioni di adolescenti (UNFPA, 2016a)».

Non avere il potere di decidere se e quando avere figli può condizionare e limitare l’intera vita di donne e ragazze. E anche delle loro figlie e dei loro figli. Le ripercussioni economiche infatti non incidono soltanto sulle donne direttamente interessate ma anche sulla loro prole, generando una spirale discendente che coinvolge l’intera comunità di riferimento.

Una strada alternativa – che affronti le disuguaglianze in tutte le loro dimensioni – può generare benefici significativi per la salute, lo sviluppo del capitale umano e lo sradicamento della povertà. Ed è per questo che è urgente intraprenderla il prima possibile.

Ingrid Colanicchia
19/10/2017 da Micromega

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