Lavoroesalute_Aprile2020_copertina

Non dovrà essere come prima

Lo choc cui siamo sottoposti a causa della pandemia da Coronavirus ci cambierà e cambierà il nostro rapporto con i sistemi pubblici di protezione sociale?

Saremo influenzati ancora a lungo dalle misure di distanziamento sociale, ma impareremo la lezione impartitaci a duro prezzo, avendo sperimentato sulla pelle le conseguenze delle politiche di contenimento e di riduzione della spesa pubblica? Forse… Pochi giorni prima del contagio, gli organi di informazione parlando di sanità raccontavano di direttori generali delle ASL incapaci di rispettare il pareggio di bilancio o di cause legali per episodi di malasanità o di tecnologie eccezionali spesso acquistate tramite donazioni bancarie.

Ora i professionisti sanitari sono definiti o angeli o eroi; le tecnologie avanzate sono preziose ma rischiano di non bastare per tutti; le forme con cui si è curati, si guarisce o purtroppo si muore contengono una componente fortissima di relazione umana, come dimostra la commozione con cui abbiamo seguito i bollettini del giorno sulla pandemia e i racconti terribili della solitudine dei malati.

Nel contempo abbiamo visto che in altre parti del mondo, ammirate e invidiate, per ottenere un tampone si pagavano più di 3000 dollari. Chissà se siamo convinti adesso che un sistema sanitario pubblico ad accesso universale, quale il nostro, è l’esito di una straordinaria e lungimirante partecipazione di popolo, come fu per la riforma del ’78, e che per tenercelo stretto dobbiamo concorrere economicamente a mantenerlo -ciascuno secondo le proprie possibilità- con la fiscalità generale e che non esistono compatibilità e sostenibilità finanziarie come limiti ai costi per la salute. Perché conservare la salute costa, perderla costa di più, come dimostrano le spese in affanno per aumentare i posti letto, il personale sanitario, i dispositivi di protezione, le apparecchiature, i farmaci…

Se passata la paura, tutto tornerà come prima torneranno anche anche gli adoratori dei pareggi di bilancio per i quali un centro di costo è un numero e una percentuale, a prescindere…

Se tutto tornerà come prima, gli angeli e gli eroi torneranno a essere quelli

incapaci di soddisfare le liste di attesa, obbligati come nel passato a fronteggiare domande crescenti con risorse stabili o inferiori.

Se tutto tornerà come prima, dimenticheremo i letti insufficienti e le strutture per anziani, perché torneremo ad allinearci ai posti/costi standard chiamandoli razionalizzazione o valorizzazione della rete ospedaliera e del sistema socio sanitario.

Stavolta dipenderà da noi: o ci ri appropriamo della nostra salute e della sua tutela, stringiamo alleanze con le professioni che ci curano, ci ribelliamo alla versione aziendale della sanità perché la salute è l’esito di un processo e non è un prodotto spendibile nel mercato oppure torneremo come prima, esterni alle scelte che ci riguardano perché le leggi finanziarie non parlano di noi ma degli equilibri di bilancio; rancorosi verso il primo che ci capita, impiegato dell’ASL, infermiere, medico; ottusamente superbi- quando stiamo bene- illudendoci di una scelta tra pubblico e privato.

Ci saranno molte occasioni di distrazione. Ci racconteranno che le disfunzioni e le incoerenze dipendono dalla ripartizione di compiti tra Stato e Regioni; non ci diranno che ogni Regione ha una specifica responsabilità, ma i piani di rientro che hanno tagliato i posti letto e gli organici dipendono dallo Stato. Viceversa ci diranno che un federalismo più accentuato e una maggiore autonomia regionale avrebbero consentito provvedimenti più mirati e più celeri, dimenticando l’accoglienza in rianimazione di pazienti trasferiti dal Nord al Sud.

Dipenderà da noi. Se il nostro sistema sanitario è un bene comune torniamo ad occuparcene, come hanno fatto negli anni della riforma gli operai per la loro salute nei luoghi di lavoro, i maestri per le pari opportunità dei loro allievi nati già diseguali, i genitori per la crescita dei loro figli, le donne per la loro specificità di genere, gli emarginati per la loro dignità di persone.

Altrimenti la questione tornerà a essere, nei momenti di buona, un compito degli esperti e in quelli difficili una variabile della finanza di Stato, come prima.

Eleonora Artesio

Consigliera comunale – Torino in Comune – Già Assessora alla sanità Regione Piemonte

Articolo pubblicato sul numero di aprile del periodico Lavoro e Salute http://www.lavoroesalute.org/

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