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    La multinazionale Solvay, anziché non più utilizzare i pericolosi PFAS, ne amplia la produzione a Spinetta Marengo, in Alessandria, e contesta le pur minime prescrizioni

    NON SI FERMA LA PRODUZIONE DELLE
    SOSTANZE PERFLUOROALCHILICHE (PFAS)

    Pubblicato da franco.cilenti
    Versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-settembre-2021/
    PDF http://PDF http://www.lavoroesalute.org/
    • Inchiesta di Michela Sericano Legambiente Ovadese

    Mentre in Veneto è evidente il disastro ambientale e sanitario provocato dalla diffusione nell’ambiente e nelle falde acquifere delle famigerate sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) prodotte a suo tempo da Miteni, la multinazionale Solvay ne rilancia la produzione ad Alessandria, con il benestare della Provincia che il 26 febbraio 2021 ha concluso la procedura di modifica sostanziale dell’AIA con la pubblicazione dell’autorizzazione, per l’aumento della produzione e dell’uso del cC6O4 nello stabilimento di Spinetta Marengo.

    Preoccupa in particolare il PFAS cC6O4 di cui la Provincia ha autorizzato una produzione di ben 60 tonnellate all’anno, basandosi sul fatto che “sono state pianificate dalla Ditta azioni di miglioramento della gestione dei reparti e interventi finalizzati a evitare il verificarsi di perdite di prodotto”, in quanto riteniamo che non sia possibile avere ancora fiducia in una azienda che queste “perdite di prodotto” (cC6O4 nel sottosuolo) ha colpevolmente tollerato per anni, anche se ne era certamente a conoscenza.

    Solvay contesta persino i pur ampi limiti imposti dalla Provincia

    Non contenta dell’autorizzazione appena ottenuta, Solvay ha presentato il 26 aprile un ricorso al TAR contro le prescrizioni numero 1,7,8 e 9 della nuova autorizzazione

    che impongono prima di tutto di risanare l’impianto in modo da annullare le perdite in falda avvenute fino ad oggi, e poi di rispettare dei limiti per lo scarico nel Bormida.
    A questo punto pretendiamo che debba essere reso noto il testo completo della nuova autorizzazione, senza alcun omissis, in modo da poter proporre un “contro-ricorso” al TAR per annullare l’intera autorizzazione dato che risulta oggi evidente l’incapacità dell’azienda di gestire il proprio stabilimento di Spinetta Marengo senza provocare l’inquinamento del sottosuolo, delle falde acquifere e dell’atmosfera.

    Ci chiediamo anche con preoccupazione quale possa essere la situazione ambientale e sanitaria attorno al centro di Bollate (MI) dove Solvay dichiara, nel suo ricorso, di avere sviluppato le ricerche sul cC6O4 e altri simili PFAS.

    Il Tribunale di Vicenza rinvia a giudizio i dirigenti Miteni

    Nel frattempo, dopo la grande manifestazione tenutasi a Vicenza il 25 aprile che ha visto svolgersi una staffetta pacifica di 35 chilometri per chiedere giustizia sul primo caso di contaminazione delle acque da PFAS, alla quale hanno partecipato anche una delegazione di No PFAS Alessandria, il 26 aprile il Tribunale di Vicenza ha rinviato a giudizio tutti i quindici manager della ex Miteni, ora fallita, dando un segnale positivo e importante, non solo per il passato ma anche per il futuro. Infatti, come ha detto una Mamma No Pfas di Vicenza alla manifestazione, “Tutto quello che è successo qui da noi venga bloccato subito in Piemonte, perché la produzione della MITENI, ricordiamoci, che da qua è passata tutta là, e quei figli là sono sempre i nostri figli!”

    Emergono nuove prove della presenza e pericolosità degli PFAS e del cC6O4

    Nei mesi di maggio e giugno 2021 vengono alla luce altre importanti informazioni sugli PFAS e sullo specifico cC6O4.

    Innanzitutto attraverso approfondite ricerche in internet Legambiente Ovadese riesce a trovare questa pubblicazione di EPA (www.ewg.org/sites/default/files/u352/EPA_Enforcement_request_1-26-2021.pdf ), parzialmente secretata, nella quale, se “ITSM” significasse verosimilmente “Italia Spinetta Marengo”, e “ITBL” “Italia Bollate”, i dati nel sangue dei lavoratori sarebbero i seguenti (in milligrammi/litro).

    I dati sono estremamente preoccupanti e spiegano perché Solvay non abbia mai pubblicato i dati sulla presenza di PFAS nel sangue dei lavoratori di Spinetta Marengo.

    Nei primi giorni di giugno si viene a sapere dello studio del CNR condotto dal Professor Stefano Polesello e dalla ricercatrice Sara Valsecchi, dove si evidenziano gli effetti del cC6O4 sugli invertebrati marini (“The new PFAS C6O4 and its effects on marine invertebrates: First evidence of transcriptional and microbiota changes in the Manila clam Ruditapes philippinarum”).

    A questo fa subito seguito un altro studio degli stessi ricercatori dal titolo “Exposure assessment of PFAS-contaminated sites using avian eggs as a biomonitoring tool: A frame of reference and a case study in the Po River valley (Northern Italy)” dove si rileva la contaminazione di cC6O4 intorno allo stabilimento Solvay e la sua accumulazione nelle uova degli uccelli.

    A giugno viene poi anche pubblicato lo studio del Professor Carlo Foresta dell’Università di Padova che dimostra come proprio il cC6O4 sia un aggregante piastrinico dannoso per gli esseri umani (www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0160412021002099 ) a cui fa seguito il 10 giugno l’interessante audizione dello stesso da parte della
    Commissione parlamentare sugli ecoreati, sempre in tema di inquinamento da PFAS prodotti da Solvay (www.youtube.com/watch?v=jdeyTEZIzls )

    Il Consiglio Comunale di Alessandria finalmente si occupa di Solvay

    Finalmente anche il Consiglio Comunale di Alessandria decide di occuparsi di Solvay, indicendo per il 15 giugno un consiglio aperto con l’obiettivo -non certo rivoluzionario- di “trovare un approccio equilibrato, realistico, e scientificamente appropriato, capace di uno sguardo prospettico verso la ricerca del “bene comune”.

    Abbiamo subito precisato che la nostra prospettiva è la seguente: Solvay risulta essere una grande azienda chimica di livello mondiale, e ne deduciamo che, se non riesce a gestire le proprie produzioni senza lasciare percolare in continuazione i suoi prodotti chimici nel sottosuolo, non è certo per incapacità tecnica, ma solo per incuria o, peggio, per aumentare i profitti.

    Abbiamo pertanto richiesto che il Consiglio comunale si “aprisse” con tutta una serie di comunicazioni di Solvay, ma anche del Comune, della Provincia e dell’Arpa, che con l’occasione ponessero fine al malvezzo degli “omissis”, delle secretazioni e delle non pubblicazioni di tutti quegli atti e quelle notizie dalle quali può dipendere la salute dei cittadini e dell’ambiente della zona di Spinetta e non solo, come viene da pensare se si legge lo studio epidemiologico pubblicato nel 2019 dalla struttura di epidemiologia ambientale della stessa ARPA.

    Basti pensare al fatto che l’autorizzazione AIA di Solvay del 2010 è stata solo da poco resa pubblica dalla Provincia, con un ritardo di dieci interi anni, oppure ricordare i cinquantasei omissis contenuti nella istanza di Solvay per l’estensione della produzione del cC6O4, e i trentotto omissis che caratterizzano lo stesso provvedimento autorizzativo emanato dalla Provincia il 26 febbraio scorso, che arrivano ad omettere persino le informazioni riguardanti le emissioni degli impianti.

    E, oltre ai vari PFAS (dal cC6O4, all’ADV7800, al PFOA, ecc), abbiamo chiesto di rendere pubblico quanto finora non è dato di sapere riguardo alle decine di altri composti inquinanti – Cromo VI, Cloroformio, Tetracloruro di Carbonio, Tetracloroetilene, Triclorofluorometano, Diclorodifluorometano, Bisfenolo? – che verosimilmente potrebbero essere dispersi nel sottosuolo, nelle falde e nell’aria, dentro e fuori dal sito industriale, a scapito della salute dei cittadini, ma anche degli stessi lavoratori di Solvay!

    E abbiamo suggerito al Consiglio di valutare se è da considerarsi accettabile che la ditta ha impugnato i limiti agli scarichi nelle acque della Bormida, in quanto, a fronte di una produzione annua autorizzata di 60 tonnellate, trova troppo vincolante poter scaricare nel Bormida “solo” 940 kg/anno, quindi oltre l’1,5% del cC6O4 prodotto. Inoltre, visto che Solvay dovrebbe produrre questa molecola solo per lavorazioni interne, senza lasciarne traccia nel prodotto

    finale, ci potrebbe anche rivelare dove finisce il restante 98,5%?
    Forse in aria? Oppure nei fanghi e nelle resine? E poi questi che fine fanno?

    Abbiamo anche suggerito di chiedere notizie a Solvay sullo sversamento accidentale di una soluzione concentrata di cC6O4 avvenuto l’8 dicembre scorso, ma che finora non è mai stato reso pubblico. Legambiente ne è venuta a conoscenza accedendo alla documentazione allegata ai ricorsi di Solvay, ma fino ai primi giorni del mese di marzo di questo non erano stati informati neppure Provincia, ARPA o Comune, eppure nella falda Solvay ha poi riscontrato un aumento del cC6O4 fino a ben 1.219 microgrammi per litro.
    Eppure il poter seguire e verificare dall’inizio la dinamica evolutiva del plume di contaminazione generato dallo sversamento avrebbe potuto almeno essere utile per chiarire come si diffonde questo inquinante nel terreno e nelle falde.

    Insomma, per Legambiente il Consiglio Comunale aperto avrebbe dovuto essere il momento di pretendere che Solvay cambiasse finalmente approccio nei confronti dell’ambiente e della salute dei cittadini di Alessandria.

    Purtroppo non è stato così! Il Consiglio aperto è consistito in una passerella dei dirigenti Solvay, dove anche i consiglieri comunali si sono allineati alla politica dello stabilimento ed hanno magnificato l’importanza della produzione. In particolare alcuni consiglieri di maggioranza hanno sottolineato come il fatto che i lavoratori Solvay risiedano nelle vicinanze dello stabilimento sia indice di sicurezza e affidabilità. E’ uscita l’immagine di un’amministrazione scissa dalla realtà, e di una città che preferisce non vedere piuttosto che preoccuparsi.

    Ottimamente riassuntivo il commento del Comitato Stop Solvay, che a priori aveva deciso di non partecipare al Consiglio aperto: “L’immobilismo e la sudditanza del Sindaco verso Solvay lo rendono complice del disastro ambientale e sanitario”.

    Non resta che ricorrere per annullare l’autorizzazione alla produzione del cC6O4

    Per fermare la produzione del PFAS cC6O4 non rimaneva pertanto altro da fare che impugnare legalmente l’autorizzazione concessa dal Provincia denunciandone i vari aspetti di illegittimità.

    Per questo il 23 giugno Legambiente Nazionale e Legambiente Alessandria, insieme ad alcuni cittadini di Alessandria, con l’aiuto dell’Avvocato Chiara Servetti del Centro di Azione Giuridica di Legambiente Piemonte, hanno presentato un ricorso straordinario al Capo dello Stato che evidenzia i seguenti punti

    1) L’istanza di Solvay era irricevibile e improcedibile.
    Infatti, a fronte di un’istanza per “Estensione della produzione ed uso di cC6O4”, la Provincia, anziché dichiarare l’istanza irricevibile e/o improcedibile a seguito del fatto che tale produzione non era mai stata precedentemente autorizzata, ha autorizzato “Produzione ed uso di cC6O4”, concedendo quindi un’autorizzazione per un oggetto mai chiesto da Solvay, e contravvenendo pertanto a quanto previsto dalla Legge 241 1990 art 2 comma

    1, dove si prevede che le pubbliche amministrazioni “se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”.

    2) La Provincia ha sottratto all’accesso pubblico anche la documentazione riguardante le emissioni dell’impianto nell’ambiente: infatti Solvay ha presentato una relazione per il pubblico con 56 omissis, anche per le parti che riguardano le emissioni, in contrasto con quanto stabilito dal Dlgs 152/2006 art 29 quater, comma 14.

    3) La Provincia, pur a fronte della crescente contaminazione accertata, non ha sospeso l’utilizzo del cC6O4, ma solamente la sua produzione.

    4) La Provincia ha reso obbligatorio l’adeguamento ai limiti di emissione nazionali di cC6O4 solamente a partire dal 01 febbraio 2024.

    5) La Provincia ha autorizzato il rilascio nelle acque del fiume Bormida di una ingiustificata e ingente quantità di cC6O4. Infatti la portata media del Bormida è di 44,3 metri cubi al secondo. Se, inizialmente, la concentrazione massima ammessa di cC6O4 nel Bormida è di 0,9 microgrammi per litro come media annua, come indicato alla prescrizione numero 7, significa che in un anno Solvay può liberamente scaricare 1.257 kg di cC6O4. Dato che l’autorizzazione prevede una produzione massima annua di 60 tonnellate di cC6O4, Solvay ne può liberamente scaricare nel Bormida ben il 2,1%, del tutto irragionevole e contrario ad ogni principio di precauzione.

    6) La Provincia non ha specificato come ARPA dovrà accertare la non dispersione del sottosuolo del cC6O4.

    7) La Provincia, fino alla data del 31 gennaio 2022, non ha imposto nessun limite allo scarico per il PFAS ADV, e prescrive solamente il rispetto di un limite della concentrazione media annua nel Fiume Bormida. Infatti la portata media del Bormida è di 44,3 metri cubi al secondo. Se la concentrazione massima ammessa di ADV nel Bormida è di 0,3 microgrammi per litro come media annua significa che in un anno Solvay può liberamente scaricare ben 419 kg di ADV nel Bormida.

    8) La Provincia nell’atto autorizzativo non impone un limite allo scarico complessivo di tutti i composti PFAS. E pensare che persino l’autorizzazione rilasciata dalla Provincia di Vicenza a Miteni lo prevedeva già dal 2014.

    9) La prescrizione numero 7 riguardante il punto di scarico P4 non è idonea a garantire la limitazione degli inquinanti nel Bormida. Infatti questo punto di scarico denominato “P4” rappresenta lo scarico finale nel fiume Bormida, al quale gli scarichi di Solvay arrivano dopo diluizione e miscelazione con gli altri reflui raccolti dal Consorzio Trattamento Effluenti (CTE) che è un soggetto terzo costituito con altre aziende. Inoltre la Provincia non conosce la portata dello scarico P4, né il rapporto di diluizione nel Bormida, tanto che la prescrizione numero 32 impone al CTE di misurarla in rapporto a quella del Bormida. Pertanto non ha senso fissarne la concentrazione massima con la prescrizione numero 7. La prescrizione avrebbe dovuto riguardare lo scarico Solvay alla sua origine, prima delle miscelazioni e delle conseguenti diluizioni operate dal Consorzio CTE.

    10) La Provincia nell’atto autorizzativo ha secretato persino parti delle prescrizioni ambientali numero 5, 7, 12, 25, 27, 28 riguardanti i quantitativi massimi permessi, le emissioni nell’ambiente e i relativi controlli. Vi compaiono trenta omissis, dieci dei quali nella parte riguardante le emissioni e le prescrizioni in contrasto con quanto previsto dal Dlgs 152/2006 art 29 quater, comma 14.

    Provincia e Solvay non accettano che la decisione sulla autorizzazione sia affidata al Capo dello Stato

    Dopo pochi giorni dalla presentazione del ricorso al Capo dello Stato per l’annullamento della nuova autorizzazione alla produzione del cC6O4, sia la Provincia sia Solvay si sono formalmente opposte a questa modalità di giudizio ed hanno imposto che ad occuparsi della questione debba essere il Tribunale Amministrativo Regionale e non il Capo dello
    Stato.

    La differenza non è di poco conto perché la gestione di un ricorso al TAR è molto, molto più onerosa per i ricorrenti che, essendo cittadini e associazioni, hanno mezzi limitati.

    Ma non ci fermeremo di certo, saremo presenti al TAR con l’aiuto dei cittadini a cui chiederemo un contributo per tutelare la salute e l’ambiente di tutti.

    E non ci fermiamo neppure nella ricerca di dati e analisi della situazione.

    Ad oggi stiamo attendendo i dati chiesti alla Provincia il 25 giugno, successivamente al Consiglio aperto:
    . relazione di collaudo, regolare esecuzione di tutti gli interventi programmati per l’eliminazione delle perdite e delle emissioni diffuse presentata da Solvay Specialty Polymers Italy Spa, come da prescrizione 1 dell’Allegato Tecnico relativo alla modifica sostanziale inerente la produzione ed uso di cC6O4;
    . valutazione tecnica di ARPA, in qualità di autorità di controllo, in merito all’effettiva risoluzione delle problematiche che hanno portato in passato alla perdita di cC6O4 come da prescrizione 1 dell’Allegato Tecnico relativo alla modifica sostanziale inerente la produzione ed uso di cC6O4;
    . documento della Provincia, successivo alla valutazione ARPA, in cui si comunica a Solvay la facoltà di riprendere anche solo parzialmente la produzione di cC6O4.

    Ed abbiamo appena richiesto i dati delle analisi effettuate da Arpa nel 2021 nella falda superficiale e intermedia. TUTTI i dati senza distinzione tra interno ed esterno del sito industriale poiché tutto ciò che è dentro, prima o poi, può finire fuori. Infatti il Piano di Monitoraggio delle acque di falda e della barriera idraulica approvato con prescrizioni dal Comune di Alessandria nell’aprile 2020 ha introdotto a carico della ditta Solvay il monitoraggio dei PFAS nelle acque sotterranee con cadenza trimestrale. Parallelamente,
    l’autorizzazione alla modifica sostanziale rilasciata dalla Provincia di Alessandria nel febbraio 2021, chiede alla ditta il monitoraggio della qualità delle acque sotterranee per quanto concerne il cC604.

    Arpa prosegue con cadenza periodica le campagne di monitoraggio di piezometri e pozzi in aree interne ed esterne al sito Solvay, ricercando ai diversi livelli della falda sia gli inquinanti normati dal D. Lgs 152/2006 sia i PFAS.

    Nel 2021, Arpa, ha già eseguito due campagne di prelievi.

    I dati pubblicati da Arpa relativi alle acque di falda dell’area che circonda lo stabilimento Solvay mostrano come i Pfas abbiano raggiunto un’area assai estesa della Fraschetta.

    Il C6O4 è presente in concentrazioni di 25 volte superiori ai limiti suggeriti da Arpa. L’ADV addirittura di 63 volte.

    Il PFOA dismesso da Solvay nel 2013 è ancora presente con quantità elevate a dimostrazione della persistenza nell’ambiente. Arpa, nel comunicato del primo settembre
    non ne fornisce il valore, limitandosi a scrivere che è superiore a 0,5 microgrammi/litro. Il limite per le acque di “prima falda” è 0,1 ma cosa significa “superiore a…”: 0,51? 10? 100?

    E nel frattempo prosegue la campagna di informazione ai cittadini

    Legambiente insieme a Green Peace e al Movimento di Lotta per la Salute sta cercando di coinvolgere i medici ISDE, le MammeNoPfas, PFAS Land, questa stessa rivista “Lavoro e Salute”, e altre sensibilità ambientaliste per organizzare presso la Casa di Quartiere in Alessandria due serate informative: venerdì 1 ottobre e venerdì 7 ottobre, a cui tutti i cittadini sono invitati.

    Michela Sericano

    Inchiesta pubblicata sul numero di settembre 2021 http://PDF http://www.lavoroesalute.org/

    In versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-settembre-2021/

    Tags: Alessandria ambiente Comitato Stop Solvay di Alessandria Fiumi inquinati inquinamento fiumi LegaAmbiente Ovadese Mamme no Pfas medicina democratica Michela Sericano PFAS Pfas Solvay SOLVAY DI SPINETTA MARENGO
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    Autore: franco.cilenti
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