Non un nuovo Compagno, ma un Compagno

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Ultimamente, mi ritrovo a far mattina tra le pagine di un libro o nelle viscere di due parole annodate o collegate  per un’occasione importante. Sapete,  ogni tanto… dico solo ogni tanto,  mi ritrovo a ridere  sui  miei strani vezzi, modi strambi e  non me ne vergogno affatto; anzi li indosso  con orgoglio,   canticchiando la canzone di Claudio Lolli, “è vero che i poeti ci fanno paura perché i poeti accarezzano troppo le gobbe, amano l’odore delle armi e odiano la fine della giornata”.

Mi piace sognare in grande, alla grande,  in alta quota, magari d’essere un nuovo Vate dai principi sani. Quasi … quasi mi doppierei, affinché s’udisse   ovunque la mia poesia e sopra tutte le altre, come per magia.

La nostra gara, la gara tra esseri umani  comincia presto e,  nel condividere la  magia,  abusiamo dei  nuovi mezzi, nuove parole  per risalire la china e batterci con il vicino di casa;  se  il morbo attecchisce anche il frutto più sano…

Il fatto stupendo della vita è che si può crescere sempre, il fatto orribile  è che non si smette mai di crescere, neanche nell’ora ultima della notte, nell’ora ultima prima della morte. Porteremo con noi il sogno proibito di un nuovo corso rivoluzionario,  fin dentro la bara, fin dentro le bugie recitate un milione di volte.

Ben pensanti, ciarlatani e teatranti milionari nutrono un sistema che permette  al compagno superiore d’essere il nuovo comandante del compagno inferiore, perché possidente come natura non  crea.

In realtà, anche da noi l’abito fa il monaco, un po’  come tanti anni fa, come da sempre.

Non un nuovo Compagno, ma un Compagno!

Che non sia troppo sbadato, che non abbia grilli per la testa, inappuntabile, integerrimo, amico del popolo e figlio di questa Italia logora, figlio innamorato  del suo popolo, magari figlio del Sud.

In certi luoghi altolocati  passa l’idea del conflitto perenne, come tra tifosi contrapposti;  nel basso ventre, invece, passa l’idea di  guerra di lungo corso  tra  ribelli temerari e ribelli pensatori, entrambi disperati. Non si amano tra loro, ma ambiscono alle poltrone più care, più alte, più in vista, alla vittoria personale.

Perché fa chic ostentare il proprio livore controcorrente, anche quando è  oliato a dovere.

Siamo tutti un po’ Didi, siamo tutti un po’ Gogo, in attesa di Godot e mentre il paese brucia,  contempliamo  le involuzioni intorno, disperandoci.

Non un nuovo Compagno, ma un Compagno!

Che abbia a cuore le sorti del Paese, dell’ultimo dei miracolati, del giovane senza lavoro, del malato, delle persone al  limite; che sia vero e non un’eccezione rapida, quasi impalpabile.

Qualcosa è cambiato, il potere vive attraverso l’egoismo dei vincenti, sempre più imprudenti;  servi, a loro volta, del sistema.

Non tutti hanno letto Marx, non tutti colgono il torto e se la plusvalenza non è più una torta da suddividere in parti più o meno uguali, più o meno simili, lo si deve ai nobili infiltrati nei sindacati, lo si deve alla fiducia regalata. Il guadagno è privatizzato, mentre le imposte rimangono pubbliche,  suddivise in parti quasi uguali, quasi simili: una pugnalata per il basso reddito, una carezza sulle guance per l’alto reddito.

La monarchia è alle spalle, solo quando non si fanno bene i conti e si perde tempo a odiarsi per un passato trapassato, per dettami complicati, “perché io sono più rosso di tutto il “cucuzzaro”, si direbbe da noi .

Dove sono i Comunisti?  Diciamoci la verità, sono rimasti alla Rivoluzione d’Ottobre, ai Partigiani buoni. I  più moderni sono i nostalgici degli anni di piombo e poi, e poi, trotskisti contro staliniani, vegetariani contro carnivori, ecologisti contro incantatori di serpenti e via, via, via discorrendo. Non mi sento fuori da questa guerra interna, non sono un pacifista quindi non mi sento tagliato fuori da queste divergenze storiche, appunto storiche.  Dovremmo assorbire le diatribe in un salotto culturale e  non ostacolare le lotte odierne e le lotte future, non creare altri dissapori, altri dissidi,  non dare le spalle ai veri  obiettivi.

Guardare avanti e, di tanto in tanto, voltarsi… e mai viceversa, mai rimanere a guardare il passato, mai rimanere al palo, perché il mondo viaggia forte, forse dovremmo imparare a frenare il tempo. Il  capitalismo abbatte sogni e sentimenti, noi dovremmo avere il coraggio e la forza di  renderlo innocuo, quindi muoverci verso obiettivi comuni, obiettivi condivisi.

Se dovessimo raccontare la nostra storia, la storia dei Comunisti nati in codesto stato, risalterebbero gli attriti, i mugugni e, spesso, un odio sopra le righe, non molto diverso dall’odio tra nemici, dall’odio inconfessabile  tra amici e dalla convinzione d’essere migliori. Manca il Compagno, manca l’uomo!

E La Lotta di Classe?

La coesione non va predicata nelle piazze, va trattata aprendo il cuore, abbassando le pretese e sopportando chi porta una maglia diversa,  chi tifa Juve,  chi tifa Roma, chi tifa Milan, chi tifa Napoli nonostante tutto.

Non un nuovo Compagno, ma un Compagno!

Antonio Recanatini

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

www.lavoroesalute.org

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