Ordinario razzismo.

Non si è ancora spento l’eco della squallida affermazione televisiva dell’europarlamentare leghista Gianluca Buonanno, che definiva i rom “feccia della società” che da una amministrazione, sedicente di centro sinistra, alle parole seguivano i fatti. Da un certo periodo nella città di Pisa vengono piombate le fontanelle comunali, un servizio provvidenziale, necessario soprattutto in città ad alta presenza turistica e studentesca.

Alcuni cittadini hanno segnalato la chiusura di una di queste sorgenti di acqua potabile, nella periferica via Putignano. Il capogruppo dell’opposizione di sinistra nella città, eletto nella lista “Una città in comune”, fortemente sostenuta e costruita anche grazie all’impegno di Rifondazione Comunista, ha chiesto lumi in merito al sindaco Marco Filippeschi, (Pd). La risposta, giunta per e mail scritta da una funzionaria del Comune è raggelante  “…mentre per quanto riguarda la fontana di via Putignano 21 è stata richiesta la cessazione nel 2009 perché ci andavano a prendere l’acqua gli zingari”. Buonanno potrebbe ritenersi soddisfatto ma non può accampare un ruolo di proselitismo.

La giunta Filippeschi si è da sempre caratterizzata per una sorta di accanimento ai limiti dell’ossessione nei confronti della presenza rom nella città, peraltro neanche così quantitativamente rilevante come si vorrebbe far intendere. Si tratta con certezza per quanto riguarda l’Italia ma probabilmente anche in Europa dell’unico Comune che abbia rifiutato di voler applicare le linee strategiche di inclusione sociale nazionali. Si tratta di intenti che non impegnano a spese direttamente ma che risultano blandamente condivise ovunque. Sgomberi arbitrari, interventi di polizia di vario tipo culminati nel dicembre scorso nell’ennesimo sgombero di alcune famiglie nel quartiere di Putignano, dove appunto sorge la fontanella. L’assessora alle politiche sociali e il viceprefetto vicario allora in carica, rilasciarono allora congiuntamente una dichiarazione sconcertante: il numero dei rom presenti nel territorio provinciale (860) i censiti, andava “dimezzato”.

La frase utilizzata dal viceprefetto vicario Massimo Romeo è diretta : «A quei nomadi che vivono in situazioni di illegalità o hanno commesso dei reati e, pertanto, sono ritenuti pericolosi consiglio di abbandonare spontaneamente la zona».

Ne seguì una lettera pubblica e una presa di posizione forte della euro parlamentare della lista L’altra Europa con Tsipras, Barbara Spinelli, in cui si spiegava che “il numero chiuso delle presenze in un territorio, imposto su base etnica costituiva un atto illegittimo”. Comune e prefettura hanno fatto passi indietro, hanno parlato di incomprensioni e manifestato la volontà di attuare pratiche di inclusione nella legalità. E la prima dimostrazione di tale ravvedimento è consistita nel togliere l’acqua. « Apprendiamo dunque, da questa mail, che vi sono categorie di cittadini – i rom – che non devono utilizzare un servizio pubblico. – affermano i rappresentanti di “Una città in comune” – Nessuno nega che in questo momento il quartiere di Putignano sia attraversato da conflitti (a volte strumentalizzati da alcuni gruppi politici): ma è opportuno ricordare che chi toglie diritti a una specifica categoria, finisce per toglierli a tutti. E questa piccola vicenda ne è una dimostrazione: l’acqua, risorsa vitale e irrinunciabile, il cui accesso deve essere equamente garantito in quanto estensione del diritto alla vita contenuto nella Dichiarazione Universale dei Diritti, è stata negata a tutti i cittadini per impedire che un particolare gruppo di abitanti del quartiere la utilizzasse.

E chi sono questi zingari? Sono persone, adulti e bambini, che risiedono da tempo nel quartiere, dove hanno acquistato dei campi per vivere. Persone che hanno diritto, come tutte le altre, di utilizzare un servizio pubblico. Cosa ha prodotto la chiusura della fonte? L’esigenza primaria di bere, lavarsi e cucinare si è semplicemente spostata nella piazza centrale del quartiere. Abbiamo verificato la chiusura di altre fontanelle in città e cominciamo a chiederci se ci sia una unica ragione a queste chiusure. È bene ricordare al Comune che la chiusura della fontanella costituisce un atto di palese discriminazione.

La legge italiana (Art. 43 e 44 del Testo Unico n.286/98) definisce come discriminazione “ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose” Chiediamo al Sindaco e alla Giunta se la risposta fornita dagli uffici corrisponda alla posizione ufficiale del Comune. Se così non fosse, chiediamo che la fontanella sia immediatamente riaperta all’uso di tutta la cittadinanza. Diversamente, saremmo in presenza di una grave discriminazione, che colpisce un gruppo e, contemporaneamente, priva l’intera cittadinanza di un servizio essenziale».

I nostri rappresentanti istituzionali hanno presentato una interpellanza in proposito ( http://unacittaincomune.it/interpellanza-fontanelli-chiusi-dal-comune-di-pisa/ ) a cui ancora non è stata data risposta. Ma che intanto l’Italia resti all’ultimo posto in Europa per l’utilizzo dei fondi di inclusione verso le minoranze rom è perennemente rimarcato. A fronte di una presenza affatto eccezionale, circa 170 mila persone, lo 0.3 % dei cittadini rom presenti in tutta Europa, siamo il solo paese a prevedere quelle mostruosità che sono i “campi” riservati spesso anche a quel 60% che ormai ha cittadinanza italiana.

Non poco più di due settimane fa, l’Ecri (la Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza), del Consiglio d’Europa,  ha bacchettato di nuovo il governo italiano per politiche molto lontane dall’integrazione. Secondo L’Ecri, le autorità italiane non hanno ancora introdotto misure atte ad assicurare ai rom colpiti da ordini di sgombero i diritti garantiti ad altri cittadini, vale a dire la possibilità di contestare il provvedimento davanti ad un tribunale e di aver altro luogo in cui dimorare. I dati italiani sono impietosi, rispetto alla scolarizzazione, all’ingresso nei percorsi di formazione lavoro, all’età media di aspettativa di vita. Ci si chiede di cambiare registro, pur rilevando lievi miglioramenti, ce lo chiede l’Europa ma questo monito, a differenza di altri, evidentemente non vale.

Stefano Galieni

12/3/2015 www.rifondazione.it

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