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    Blog, Cronache di Lavoro — Gennaio 5, 2016 11:40 am

    Sindacalista, licenziata dalla Coop. Sara Catola, mamma di tre bimbi, separata, addetta in un punto vendita Coop di Livorno, è stata licenziata alla fine del 2015. La sua reazione, da buona sindacalista (Usb), è stata immediata. Ha scritto una lettera aperta che sta facendo il giro del web. E sta ricevendo molta solidarietà e consensi. Non è un caso. Il suo è stato un licenziamento ingiusto e cavilloso. Ha intitolato la sua lettera “Passo ma non chiudo”.

    “Passo ma non chiudo”. La storia di Sara,

    Pubblicato da franco.cilenti
    sara commesa licenziata coop
    Quali sono le circostanze che hanno portato al tuo licenziamento?
    La storia è presto detta. Ha inizio a fine settembre, inizio ottobre quando vengo convocata dal direttore in un momento in cui mi trovavo ancora in aspettativa, la prima in tredici anni di servizio. Presa, tra l’altro, con il congedo parentale, per stare dietro ai miei figli. Mai assente sul lavoro, quindi. Avevo necessità di fare la mamma al cento per cento.Vengo convocata dopo una lettera di contestazione in cui si parla di sospetta attività lavorativa. Giorni incriminati, tra luglio e agosto, quando portai i miei figli al mare. Li portai presso lo stabilimento balneare del mio ex marito. Lì mi hanno visto apparecchiare e appendere una lavagna con il menù. Ci sono anche separazioni normali, dico. E mi è stata chiesta una mano nel momento del bisogno. Per me è un comportamento normale.Il tuo impegno sindacale, c’entra?
    E certo che sì. La mia convinzione è che se non fossi stata delegata sindacale qunto meno non avrei ricevuto questo tipo di punizione.

    Una volta i sindacalisti quasi non venivano toccati…
    Si forse, anche perché il nostro modo di fare sindacato con il mio sindacato Usb non è ben accetto dall’azienda.

    Il settore è un po’ in subbuglio. Molte aziende non sembrano avere intenzione di rinnovare il contratto di lavoro. Si stanno facendo due conti sul costo del lavoro. E’ un settore connotato da forte flessibilità e buste paga molto basse.
    Bassi salari e part time a go go. Nonostante ci siano richieste di straordinario quasi costanti, i contratti sono al palo, così come si parte al momento del primo coinvolgimento con l’azienda.

    Nella tua lettera parli esplicitamente di quanto tu tenga al tuo lavoro. Non è un elemento secondario, perché ci si domanda come può un’azienda bruciare tanta professionalità.
    Il punto è semplice, le aziende non riconoscono più i mestieri. Sei sostituibile in qualsiasi momento. Con poca formazione l’azienda ti fa fare qualsiasi cosa. La verità è che la professionalità non si apprende con la sola formazione. Ci sono caratteristiche imprescindibili come il contatto con la clientela di cui non si tiene conto. Ci hanno detto che tutti possono imparare a far tutto. Ed è la scusa per non pagarti la professionalità e quindi il livello e l’inquadramento. Abbiamo aperto una vertenza e ne sono usciti bene solo i fornai.

    Ma dietro non hai il sospetto che ci sia un tentativo di ristrutturazione?
    Credo di sì, perché il punto vendita è cambiato tantissimo. Ed è quasi irriconoscibile. In particolare nel reparto freschissimi, quello dell’ipermercato.

    C’è una parte bella dell’intervista, e riguarda la solidarietà dei colleghi e dei clienti.
    Il nostro è un negozio di giornata. Ogni mattina, noi del reparto freschi, aspettiamo sempre le stesse facce. E questo ha creato anche legami e amicizie importanti tra noi addetti e i clienti. Oltre alla solidarietà bellissima dei colleghi, anche degli altri punti vendita della città, c’è stata quella dei clienti.

    Quali sono le prossime scadenze di questa vicenda…
    Sono in attesa della data definitiva della prima udienza che dovrebbe esserci a fine gennaio. Quando vieni messo fuori senza la tua volontà devi fare un attimo mente locale. Non c’è l’abitudine a star fermi e quindi aumenta la trepidazione dell’attesa. Il giudice si deve esprimere al più presto. Anche perché l’azienda non ha voluto interloquire nemmeno con l’avvocato. Il mio posto di lavoro lo rivoglio, per i miei bimbi e per me, per la stabilità economica. Quello di cui loro mi accusano non sussiste. Sono stata sempre disponibile. Ho dato sempre molto, tutto quello che potevo e anche di più sacrificando anche i miei tre bimbi. Sono sempre stata disponibile a trasferte e cambi. Sì delegata, ma delegata operaia. Sono dell’idea che se non lavori e non stai nel mucchio non puoi fare sindacato. Attendo l’udienza per girare pagina o per rientrare nel mio mondo, più fiera di prima. Queste ingiustizie, questi affronti sono botte forti, senza valutare i danni che portano per un eventuale nuovo impiego. Nel licenziamento per giusta causa, per esempio, ci sono di fatto “aggravanti” indesiderate che portano gli altri potenziali datori di lavoro ad inquadrarti quasi come un assassino o un ladro. E non parliamo del fatto che sei sindacalista. Dal giorno dopo che sono stata messa a casa ho iniziato a mandar curriculum e ogni volta si crea la stessa situazione di rifiuto strisciante.

    Mi sembra abbastanza singolare che in una situazione di part time generalizzato e imposto un’azienda motivi il licenziamento in relazione ad un cosiddetto secondo lavoro. Ti pagano part time ma pretendono una reperibilità totale.
    Siamo diventati un po’ troppo reperibili, diciamo.

     Fabio Sebastiani
    4/1/2016 www.controlacrisi.org

     

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    Autore: franco.cilenti
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