Perchè il virus ha scelto alcune regioni?

Su uno studio sulla propagazione del virus di Mariano Ferrazzano e Franco Vespignani – Per impegnarsi, da parte di tutti noi, con rigore , senza populismi demagogici, a ricercare nell’immediato futuro i mutamenti nelle forme, nei modi dello sviluppo, nei mezzi di produzione per cambiare sul serio modello di sviluppo nelle fasi 2, 3, forse 4 della pandemia, occorre cominciare a comprendere statisticamente cosa sia successo. Senza frottole propagandistiche televisive. Il lavoro che qui presentiamo, di due ottimi statistici, Mariano Ferrazzano e Franco Vespignani è utile anche per aprire una discussione sulla apparentemente anomala diffusione del virus, fondata su elementi scientifici.

Due sembrano a me i punti principali. La propagazione del virus segue, regione per regione, in Italia, un diagramma fondato sul modello di sviluppo (inquinamento, ecc.) e sulla formazione sociale (densità abitativa, numero di anziani, ecc.). Ne derivano, come sappiamo, differenze del contagio da regione a regione molto rilevanti. Del resto, un recentissimo studio della Direzione Ricerche dell’INPS (parliamo, cioè, della massima struttura pubblica) ci indica la correlazione tra attività produttiva e diffusione del contagio. Nelle province in cui il lockdown è stato meno incisivo, perché alcune produzioni non si erano mai fermate (industria tessile, chimica, agroalimentare, plastica, farmaceutica)i contagi sono quasi del 30% superiori. 

Dovremmo anche tener conto delle centomila aziende che, seppur non essenziali, hanno operato in deroga, con l’autocertificazione. Molto, inoltre, si potrebbe analizzare sul versante della mobilità territoriale (treni,  bus, traffico automobilistico),collegata alle attività produttive. Come sempre, in definitiva, il capitale antepone alla vita delle persone la catena del valore e del profitto.   

BREVE COMMENTO DEI DATI SULLA DIFFUSIONE DEL “COVID 19” A LIVELLO REGIONALE

uno studio sulla propagazione del virus a cura di Mariano Ferrazzano e Franco Vespignani –

Come sappiamo in Italia il “Convid 19” ha avuto una diffusione disomogenea sul territorio sia dal punto di vista della intensità che dei tempi di propagazione. In funzione di questa situazione, inizialmente le risposte delle Istituzioni sono state differenziate per poi pervenire ad inizio marzo a disposizioni da parte del Governo di “quarantena” estesa a tutte le regioni in modo del tutto omogeneo. Per quanto appena detto l’analisi dei dati dei contagi e dei decessi rispecchia questa  disomogeneità con le regioni del settentrione più colpite e devastate dal virus. 

L’analisi dei contagi e in subordine dei decessi sappiamo essere grandemente influenzata dal numero di tamponi effettuati per verificare la presenza di infezioni. Tamponi che hanno avuto una applicazione molto differenziata da regione a regione. L’indicatore contagi su 100.000 abitanti pertanto risulta fortemente condizionato.  Inoltre l’esistenza di individui c.d. asintomatici complica ulteriormente il quadro complessivo non essendo stata il più delle volte identificata tale tipologia di contagiati. 

Un dato apparentemente certo è quello dei decessi. Ma anche in questo caso esiste una differenza nell’accertamento della causa delle morti tra coloro che sono deceduti per il virus e quelli invece deceduti con il virus, cioè di coloro per i quali il virus  è stato concausa essendo andato ad appesantire un quadro clinico di per sé compromesso specie in individui anziani aventi altre patologie pregresse anche gravi.

 Pur con i limiti anzidetti, i valori in tripla o doppia cifra dei decessi su centomila abitanti sono ascrivibili, tranne che per le Marche, e molto meno per l’Abruzzo e la Toscana, a tutte le regioni settentrionali. Ugualmente avviene per i decessi sui contagi dove l’eccezione particolarmente positiva è quella del Veneto che presenta uno dei valori più contenuti fra tutte le 20 regioni.

In una situazione complessa e disarticolata come quella sopra descritta, oltretutto in continua evoluzione, sono emersi ultimamente anche fenomeni di contagio localizzato nelle strutture riservate agli anziani nel cui ambito si sono riscontrate vere e proprie stragi che numericamente hanno inciso sia sui valori dei decessi se analizzati (non in questa sede) per classi di età, sia sui dati di quelle regioni in cui l’epidemia era abbastanza contenuta. 

Per approfondire l’analisi territoriale abbiamo cercato di raffrontare le regioni anche dal punto di vista socio–economico per vedere se si potevano cogliere andamenti e indicazioni su possibili interrelazioni con queste altre tipologie di informazioni.

Ovviamente occorrerebbero studi e indagini più estese ma già a colpo d’occhio si nota che in linea di massima le regioni più colpite sono quelle con i più alti tassi di inquinamento, autoveicoli circolanti e presenza di industrie. Sembra incidere meno la spesa sanitaria e la struttura per età della popolazione regionale. 

In particolar modo la Lombardia spicca per il parco macchine circolante quasi doppio del Lazio, cioè della seconda regione in ordine decrescente, e per avere un numero doppio di imprese rispetto al Lazio, al Veneto e all’Emilia-Romagna che la seguono.  E’ invece al secondo posto, ma con valore molto elevato, nell’indicatore utilizzato per descrivere l’inquinamento.

Invece un certo peso sembra averlo l’indicatore “densità”. C’è da considerare che grandi agglomerati urbani sicuramente hanno facilitato la diffusione del virus e fatto innalzare i valori di tale indicatore. 

 qui la tabella

Giovanni Russo Spena

25/4/2020 https://transform-italia.it

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *