Pietro Ichino: che “faccia tosta”!

RENZIJOBS

Una delle storiche vignette di Forattini anni ’80 rappresentava Giulio Andreotti alle prese con una funzione molto intima e riservata.

Il commento dell’arguto vignettista era fulminante: “Una ne fa e cento ne pensa”!

Mi è tornata in mente questa vecchia immagine, da “Prima Repubblica”, nel leggere un articolo di Pietro Ichino, già pubblicato sul quotidiano “Il Foglio” del 3 maggio scorso e riproposto nella sua Newsletter nr. 391.

In sostanza, nella sua “Proposta per il 1° maggio 2017: al centro il lavoro e non le chiacchiere”, il giuslavorista renziano, meglio conosciuto come “Il licenziatore”, affronta uno di quei temi che – paventavo – avrebbero, prima o poi, richiamato la sua attenzione.

Intendo riferirmi – per offrire solo qualche esempio dei futuri (prevedibili) obiettivi delle “controriforme” di Renzi e dei suo compari, con in prima fila proprio il licenziatore – a interventi tesi a rivedere l’istituto delle ferie, della 14°, delle agevolazioni previste dalla legge 104/92, dell’orario di lavoro e di qualsiasi altro laccio e/o lacciuolo che rappresenti un intralcio alla tutela reale degl’ interessi dei “soci di riferimento” di Ichino e del governo Renzi: i “padroni”!

In effetti, trascorsi solo pochi mesi dall’entrata in vigore del Job-act di Renzi (e Ichino) e del famigerato “Contratto a tutele crescenti” (di Ichino), qualcuno già prevedeva – io, tra questi – che il senatore milanese fosse pronto ad avviare una nuova “campagna”.

L’ha fatto attraverso l’articolo pubblicato il 3 maggio scorso su di un quotidiano che, come noto, ha gli stessi soci di riferimento.

Tra l’altro, è opportuno rilevare che anche questa volta, per coerenza – al pari di quanto già avvenuto all’epoca della revisione dell’art. all’18 dello Statuto – Ichino ha deciso di intervenire in tackle su di un altro “mostro sacro”; addirittura sulla “Festa dei lavoratori”.

Naturalmente, egli sceglie di farlo nel momento in cui anche qualche suo sostenitore – tra quelli senza se e senza ma – potrebbe cominciare a fargli notare che, allo stato, la cruda realtà del suo “Contratto a tutele crescenti” ha già ampiamente dimostrato che l’unica cosa crescente è l’indennità di licenziamento percepita dal lavoratore; di certo, non le tutele!

Infatti, a clamorosa conferma della differenza tra quanto sostenuto da Ichino e quanto, invece, contestatogli da numerosi e qualificati interlocutori, la sua idea di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti – in totale assenza dei pomposi provvedimenti di sostegno ai lavoratori licenziati (addirittura, a suo dire, di livello “europeo”) – si è rivelata consistere nella semplice possibilità di licenziare i lavoratori tout-court; senza le tutele previste dall’ art. 18 e con il sostanziale superamento della “giusta causa”.

In questo senso, è paradossale ma, d’altra parte, rientra nella natura del personaggio, che il senatore renziano (ex montiano e già Pci) continui a esaltare la controriforma dell’art. 18 senza avvertire l’esigenza di chiedere almeno scusa per aver “giocato sporco” nel lasciar intendere che al nuovo contratto a tempo indeterminato sarebbe corrisposta, in contemporanea, una nuova versione delle misure a sostegno della disoccupazione involontaria; in particolare, attraverso lo strumento del c. d. “assegno di ricollocazione” dei disoccupati.

Ciò che maggiormente offende, però, è che l’esponente Pd – di fronte ad una riforma assolutamente incompiuta, che penalizza solo i lavoratori – quale povero illuso e/o inguaribile ottimista, piuttosto che, come credo, “bugiardo di lungo corso”, accusa di lassismo i dipendenti e i dirigenti del Ministero del Lavoro, sostituendoli ai suoi “mandanti” politici; il Monti di ieri e il Renzi di oggi!

Non sorprende, quindi, che, quale strenuo e determinato sostenitore delle “ragioni dei padroni”, piuttosto che di quelle – pur pubblicamente ostentate – dei lavoratori, egli mostri di possedere tanta “faccia tosta” – come usa dirsi di uno sfrontato “scugnizzo” partenopeo – da ignorare le sue gravi responsabilità (personali e politiche) e, addirittura, come già detto, approntare una nuova crociata a favore dei “soliti noti”!

Il modo scelto è certamente eclatante.

La proposta – che definire “indecente” corrisponde a una condizione  minima di disgusto – è che i lavoratori, a partire dal prossimo 1° maggio 2017, piuttosto che:”Perdere tempo con i soliti concertini e con l’inutile sventolio di bandiere, oltre ai soliti cortei autoreferenziali (per le OO.SS.), si rendano disponibili a svolgere la loro regolare giornata di lavoroa gratis“; regalandola cioè alla cittadinanza!

I chirurghi e gli infermieri negli ospedali, gli autisti pubblici al loro posto di guida, i vigili urbani presidiando piazze e musei fino a notte tarda e – perché no, in un non lontano futuro – gli operai Fiat alla catena di montaggio!

Personalmente, consiglierei – almeno – un “TSO”!

Renato Fioretti

Saggista Diritti del lavoro

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

10/5/2016

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