Puglia. Arresti per la bracciante morta di fatica sui campi

 

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È arrivata a una prima svolta importante l’indagine condotta dalla Procura di Trani, sulla morte della bracciante agricola tarantina Paola Clemente, deceduta nelle campagne di Andria in provincia di Bari il 15 luglio del 2015. Sei le persone arrestate ieri mattina dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia, coordinate dal pm titolare dell’inchiesta Alessandro Pesce: truffa ai danni dello Stato, illecita intermediazione, sfruttamento del lavoro i reati contestati agli arrestati, anche grazie all’entrata in vigore della nuova legge 199 contro il caporalato del 2016.

PAOLA CLEMENTE nel 2015 aveva 49 anni. Sposata, con figli, crollò a terra dopo un malore una mattina mentre era al lavoro nelle campagne di Andria, impegnata nelle operazioni dell’acinellatura dell’uva. Il cuore smise di battere a causa di un infarto dovuto al caldo afoso: Paola Clemente soffriva tra l’altro di ipertensione e cardiopatia. Del decesso però, si venne a conoscenza soltanto un mese dopo, grazie alla denuncia della Flai Cgil di Puglia e del marito della bracciante, che squarciarono il velo di omertà sull’intera vicenda, in un’estate drammatica alla fine della quale i morti nella campagne pugliesi furono ben 6.

La Procura di Trani aprì un’inchiesta e oggi tre dipendenti di un’agenzia di lavoro interinale di Noicattaro sono stati arrestati. I reati contestati sono quelli di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro aggravato e continuato, truffa aggravata e truffa ai danni dello Stato, reati per i quali rischiano fino a un massimo di 8 anni di reclusione. Si tratta del titolare della ditta addetta al trasporto delle braccianti agricole e una donna che aveva il compito di controllare le lavoratrici sui campi, tutti residenti nel Barese e nel Tarantino. Agli arresti domiciliari, invece, è finita la moglie del titolare della ditta di trasporto che, risultando falsamente presente nei campi quale bracciante agricola, percepiva indebitamente contributi pubblici per disoccupazione agricola, indennità di maternità e congedi.

Le indagini della magistratura hanno consentito di scoprire un nuovo sistema di sfruttamento dei braccianti agricoli, attraverso contratti di assunzione apparentemente regolari da parte di agenzie interinali, ma che in realtà mascherano una moderna forma di caporalato. Nelle buste paga, infatti, figurava un compenso mai realmente erogato ai lavoratori.

Finanzieri e poliziotti hanno eseguito anche un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per un importo di oltre 55 mila euro, il valore complessivo dei contributi spettanti ai braccianti agricoli e i contributi percepiti dall’arrestata. Gli arrestati sono stati condotti presso il carcere di Trani in attesa degli interrogatori di garanzia.

Da tempo in Puglia venivano crescendo le denunce per sfruttamento, tramite il caporalato legalizzato con le agenzie interinali, del lavoro bracciantile nei campi. A farne le spese immigrati ma anche braccianti italiani sottoposto a lavoro massacrante e paghe ridicole. Proprio da queste realtà ha preso avvio la campagna “Schiavi Mai” con cui attivisti sindacali dell’Usb e lavoratori, stanno battendo tutte le situazioni dove, nei fatti, si va riaffacciando il lavoro schiavistico dell’epoca moderna.

Redazione

24/2/2017

 

 

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