Quanto investe il sindacato sulla sicurezza sul lavoro?

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Quando di sicurezza nei luoghi di lavoro si parla tecnicamente, si può ammettere di definire la sicurezza un investimento e non un costo. Perché, tra le altre cose, può essere vero. Ci sono studi condotti in aziende di diversi Paesi che mostrano come ogni euro investito nella prevenzione e protezione dei rischi possa garantire un ritorno di oltre 2 euro.

Un sindacato no! Un sindacato non può fare un ragionamento di questo tipo. Eppure lo sentiamo ripetere spesso e anche in questi giorni dopo la morte dell’operaia tessile a Prato, Luana D’Orazio.

Il diritto alla sicurezza sul lavoro non può essere inteso come un’opportunità per l’impresa. E’ un investimento? Certo, può esserlo. Ma se non lo fosse? Seppure fosse solo un costo? Quel diritto andrebbe rivendicato con forza lo stesso.

Se si ragiona su costi e investimenti, la sicurezza sul lavoro diventa un elemento contrattabile. Invece non può esserlo. Non deve esserlo.
Non deve essere accettata questa logica che è esattamente quella usata dall’impresa quando non spende un euro nemmeno per un’imbracatura contro la caduta dall’alto.

Per un sindacato, insomma, la questione cambia radicalmente e non può più essere affrontata in termini di costi e investimenti.
Questo anche perché basta affacciarsi un attimo oltre l’ambito strettamente tecnico per osservare come la sicurezza dei lavoratori abbracci la sfera sociale, i rapporti di produzione in generale e quelli di forza tra le classi. Non è un caso che le conquiste più importanti anche in questo campo si siano avute nei periodi di maggiore forza del movimento dei lavoratori.

Istituzionalizzare la rivendicazione del diritto alla sicurezza, rinchiudere questo diritto nello spazio stretto delle compatibilità con gli indicatori aziendali, dei modelli costi/benefici anziché dargli uno sfogo conflittuale, definisce di fatto il diritto all’incolumità e alla salute dei lavoratori come variabile dipendente della redditività dell’impresa.

E’ esattamente quello che avviene da anni. Era la considerazione che della sicurezza aveva Tremonti (“la sicurezza sul lavoro è un lusso che non possiamo permetterci”); è stato l’approccio alla sicurezza che ha portato alla strage della Thyssenkrupp; era l’idea di sicurezza che nel 2006 uccise Andrea Gagliardoni, coetaneo di Luana D’Orazio e morto in una dinamica simile a quella della operaia a Prato.

Direi che è ora di smetterla, no?

Carmine Tomeo

Collaboratore di Lavoro e Salute

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