Quindici anni di Giorno del Ricordo: veleni e antidoti

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Il Giorno del Ricordo, che si celebra dal 2005, è una ricorrenza ideata e imposta dalla destra «post»-fascista in risposta alla Giornata della Memoria.

Lo scopo dei camerati era contrapporre alla Shoah una propria narrazione vittimistica. Una narrazione nella quale il collaborazionismo coi nazisti diventasse «eroismo» e «martirio» – con tanto di medaglie a veri e propri criminali di guerra – e scomparissero i crimini di guerra italiani nei Balcani.

La strategia consisteva nel trasbordare nel mainstream e – forti dello «sdoganamento» politico del vecchio MSI – nell’ufficialità istituzionale un insieme di narrazioni squinternate e odiose, ricostruzioni storiche infondate e vere e proprie leggende metropolitane che fino a quel momento erano rimaste confinate nelle cerchie di estrema destra. Una sorta di sottogenere letterario, la «foibologia», di cui su Giap abbiamo ricostruito le origini.

La sedicente «sinistra» – che nel frattempo aveva sposato la «modernità» neoliberista e un orizzonte degli eventi nel quale non aveva alcun posto legittimo il conflitto – ha lasciato che ciò accadesse, anzi, ha agevolato il processo in molti modi. Perché?

Per un misto di abissale ignoranza del suo personale politico, perdita di memoria storica, subalternità culturale alla destra, disponibilità a ogni sorta di «inciucio» e – last but not least – ignobili tatticismi: «Facciamo vedere che siamo equanimi, che siamo avanti, commemorando anche le vittime fasciste.»

Sul fatto che ciò implicasse attribuire agli antifascisti il ruolo di carnefici si è bellamente sorvolato, come si è sorvolato sull’inanità del ricordare con la lacrimuccia la Shoah il 27 gennaio se poi, di fatto, si celebra il collaborazionismo due settimane dopo.

Per la nuova ricorrenza si è scelta la data del 10 febbraio, e pochi si sono chiesti come mai.

Quel giorno, nel 1947, fu firmato il Trattato di Pace, che (ben comprensibilmente) dettò dure condizioni alle ex-potenze dell’Asse, Italia compresa.

A essere contestato, dunque, è nientemeno che l’esito della seconda guerra mondiale. Questo però viene sottaciuto, lasciato implicito, così la maggior parte delle persone non se ne rende conto. Mica si può dire tout court: «Il Giorno del Ricordo è la festa voluta dagli eredi politici di chi stava con Hitler»…

Solo che stanno esagerando.

Si pensi al terzetto che sarà oggi alla «foiba» di Basovizza: Salvini, Meloni, Gasparri.

I fascisti avevano introdotto il Giorno del Ricordo per far entrare «foibe» ed «esodo» nel racconto mainstream nazionale, quello condiviso da tutti o quasi, quello da discorso del Presidente della Repubblica. [Infatti, gli inquilini del Quirinale hanno enormi responsabilità nell’inclusione del canone neofascista dentro la cultura ufficiale.]

Da un po’ di tempo, però, i camerati hanno rinunciato al mimetismo. Le sparano sempre più grosse e fanno di tutto per ricreare l’associazione immediata tra quelle vicende e la loro parte politica. Ciò rende quell’immaginario respingente per chi non sta con loro – ergo, plausibilmente, oltre metà del paese – e soprattutto per chi non ne può più di vederli ovunque.

Abbiamo già visto che quando Salvini & Co., eccessivamente sicuri di sé, tirano troppo la corda, poi suscitano reazioni che non controllano, danneggiando il loro stesso schieramento.

Ma non c’è solo questo: segnali di insofferenza nei confronti della «foibologia» si vedono un po’ ovunque. Forse, dopo quindici anni in cui abbiamo portato avanti in pochissimi un lavoro di resistenza culturale e smontaggio delle narrazioni tossiche, andiamo assistendo all’inizio di un contraccolpo. Che non è ancora un contrattacco, ma è qualcosa.

Non è troppo tardi, anche se, in quindici anni, il Giorno del Ricordo ha sversato nell’ambiente ogni sorta di veleni.

A questo proposito, il punto della situazione lo fa il gruppo di lavoro Nicoletta Bourbaki nel post intitolato I veleni del Giorno del Ricordo (nei media e nella scuola).

→ Buona lettura.

10/2/2020 www.wumingfoundation.com

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