“Racconto il mio inferno covid di medico in Valsusa”

Tutto è cominciato tra l’iralità generale, da Oriente arrivava una notizia esotica, uno strano virus in Cina, si accusavano i cinesi di mangiare topi vivi….qualche Paziente che per lavoro doveva recarsi in Cina mi chiede consiglio…io farfuglio qualcosa, non troppo convito, sulla base del mio precario buon senso, poi a fine febbraio i primi casi anche in Italia e i primi Comuni in isolamento in Lombardia e Veneto.

Sono scettico, forse è scaramanzia, tendo a sminuire il tutto: sarà poco più della solita influenza, rispondo, senza pensarci troppo ai pazienti, che mi chiedono notizie, eppure ho una preoccupatissima moglie che lavora in un ospedale Pubblico, che mi invita alla prudenza, eppure le notizie son sempre più inquietanti..

Poi tutto, in un amen, precipita: ecco i primi colleghi malati, i reparti che si riempiono, le ordinanze sempre più restrittive, chiudono le scuole, chiudono le fabbriche…un’ondata ci travolge….. e sul territorio siamo completamente isolati. Noi Medici di Famiglia siamo completamente soli, nessuna istruzione, nessuna protezione , assisto al tracollo del fragile Sistema Sanitario Nazionale Territoriale di cui faccio parte e sul quale ho sempre contato. Riesco a procurarmi le prime mascherine fp3 ed fp2 su Amazon, le strapago, i miei strumenti di difesa sono davvero contati. Dall’Asl non arriva assolutamente niente: ne ordini, ne tantomeno materiale.

Improvvisamente una domenica di fine Febbraio in Guardia Medica a Giaveno arrivano le prime chiamate di sospetti Covid, io e la mia collega non sappiamo come comportarci: non abbiamo tute, mascherine, occhiali. Eppure queste persone vanno visitate, ci rivolgiamo al nostro Responsabile, dopo molte insistenze ci rivela l’esistenza di uno “Sgabuzzino-Deposito”: c’è un po’ di materiale, probabilmente messo da parte per tempi peggiori, possiamo cominciare a lavorare, lo facciamo inizialmente con un po’ di goliardia, ci scattiamo delle foto, io e Valentina sembriamo una via di mezzo tra degli Astronauti e dei membri dell’Armata Brancaleone, ridiamo, non avevamo capito, che quello era solo l’inizio di una tragedia.

Il reparto di Medicina di Susa, dove mia moglie fa l’Internista, diventa Reparto Covid: ci guardiamo negli occhi e decidiamo di non avere più contatti fisici con le nostre bimbe, per me è dolorosissimo, intanto le scuole sono chiuse, io debbo andare nel mio Ambulatorio e Stefy ha i suoi faticosissimi turni a Susa, non sappiamo dove sistemare Zoe e Mia, abbiamo difficoltà a trovare anche le baby sitter, tutte spaventate dal dover guardare delle figlie di Medici, per fortuna ci sono i nonni, ma è un ulteriore rischio, abbiamo paura di esser fonte di contagio per i nostri Parenti più fragili.

A inizio marzo cominciano a morire i primi colleghi, ora ho francamente paura.

A metà marzo chiude il Punto di Primo Intervento di Giaveno, anche il poliambulatorio è praticamente chiuso, riesco a contattare gli specialisti solo per telefono, quando son fortunato. Sono professionalmente solo, continuano ad esserci i pazienti cronici, ma non esiste più la struttura che li assiste, spesso mi debbo improvvisare, fatico a trovare anche una bombola d’ossigeno per una paziente affetta da bronchite cronica, oltrettutto i malati hanno il terrore di recarsi in ospedale.

I piu’ hanno anche il paura di essere visitati dal sottoscritto, mi sento un po’ un appestato, devo vincere la loro diffidenza, ma assumo la responsabilità di dir loro : “sono sano”, perché hanno veramente necessità di essere visitati per le loro patologie croniche. Decido di mentire perché non ho nessuna certezza… Invoco un tampone per me, non voglio essere un untore non lo ottengo, sono espostissimo, ma verro’ “tamponato” una sola volta a fine epidemia dopo molte insistenze…

Alcuni colleghi decidono praticamente di chiudere i loro ambulatori, anche supportati dalle indicazioni, che suggeriscono ai malati di restare a casa ed in pratica di aspettare Godot, io scelgo la strada opposta, tengo aperto e vado a visitare i pazienti al domicilio….ma mi manca il materiale, arriva qualche mascherina dalla Cina, dall’Asl ancora niente, non ho protezioni sufficienti, allora rivolgo un appello pubblico: i pazienti mi portano tute da imbianchino, mascherine usate in fabbrica, i veterinari della mia ASL mi portano le loro protezioni. Ho così tanto materiale da poterlo offrire ai colleghi, pochi accettano, alcuni, purtroppo, preferiscono farsi schermo della mancanza di materiali di protezione e della totale assenza dell’Asl. Dono parte del materiale alle USCA, le Unità Speciali di Continuità Assistenziale, destinate a visitare i pazienti Covid sul territorio,che riescono ad incominciare a lavorare solo grazie ai donativi privati.

Il Covid porta anche qualcosa di buono, le ricette, dopo anni di resistenze, si riescono finalmente ad inviare via mail, questo per evitare l’accesso agli ambulatori, comincio a passare molte ore davanti al computer.

A fine marzo comincio settimanalmente a postare su facebook i numeri della mia attività, anche per informare della situazione nella RSA Immacolata di Giaveno, la Casa di Riposo, dove lavoro. Infatti nel frattempo è stato vietato ai Parenti di venire in visita agli anziani ospiti. I miei comunicati saranno seguitissimi e molto apprezzati dai miei concittadini.

Ho il primo paziente deceduto, non è stato tamponato, la diagnosi è stata fatta per via ecografica, è morto senza vedere i suoi cari, nel letto di una Clinica di Riabilitazione, dopo essersi preso il Covid, in Ospedale, dove si era recato in seguito ad una emorragia subdurale.

Ho decine di pazienti sintomatici in isolamento domiciliare, richiedo i tamponi al Servizio di igiene e Sanità Pubblica, ma i tamponi tardano ad arrivare, alle volte non arriveranno mai, non ho Farmaci per curare i Pazienti, l’idrossiclorochina, che sembra servire, è introvabile, ne acquisto qualche scatola per via “non ufficiale”, alcuni pazienti, che ne hanno in casa se ne privano per darmela: posso finalmente provare a curare i miei malati…ma è maledettamente poca, mi limito ai piu’ giovani, quelli che ho qualche speranza di non inviare in DEA..

Ho altrettanti aazienti in isolamento perché hanno avuto contatti a rischio, per questi i tamponi non arrivano, non ce ne sono abbastanza, ci si limita ad un isolamento domiciliare , che alle volte è francamente impossibile. Chiamo tutti ogni mattina per sapere come stanno, gli assistiti mi dicono che è rassicurante, così non si sentono abbandonati…in realtà l’utilità di questo monitoraggio è tutta da vedere, visto, che per ora non ho niente con cui curare eventuali esordi di malattia e posso solo limitarmi ad inviarli in ospedale quando peggiorano.

L’unica possibilità per fare una approssimativa diagnosi, senza tampone è il test del cammino…metto ai pazienti il saturi metro al dito e li faccio camminare…lo somministro al domicilio, oppure faccio venire i pazienti in Ambulatorio a farlo nelle ore di chiusura. Altre volte quando telefono chiedo ai pazienti di cominciare a contare, se divengono dispnoici, corro a visitarli al domicilio….questo è il livello terribile a cui ci ha ridotto il totale annichilimento della Medicina del Territorio.

C’è incredibile confusione anche su altri fronti, non si sa come mettere in mutua i pazienti in isolamento, perché hanno avuto un contatto sospetto, non è chiaro come tenere lontani dai posti di lavoro i lavoratori fragili, l’Inail è chiusa, i Piani Terapeutici per i Farmaci piu’ costosi per le Patologie Croniche non è chiaro chi li debba fare ora che gli specialisti non ci sono,anche qui si deve improvvisare ed agire in scienza e coscienza, ma non si possono aggiungere i cavilli burocratici, alle grosse difficoltà che affronto ogni giorno, mi sento sempre piu’ perso..c’è il rischio di rimetterci anche economicamente, c’è il rischio che le istituzioni si rivalgano a fine epidemia con chi è stato di manica larga….

Nella mia Casa di Riposo c’è grande paura, ci sono attimi di tensione,ma riusciamo a mantenerla Covid Free, forse abbiamo tanta fortuna.

Teniamo le riunioni di Medici di Famiglia in streeming, non abbiamo nessun indirizzo di operato da parte dei vertici, siamo del tutto abbandonati, cerchiamo di costruire da soli un minimo di coerenza operativa, ci scambiamo le poche informazioni che abbiamo, siamo tutti molto angosciati.

Così ad inizio aprile tutti i Medici di Famiglia del Territorio, firmano un appello:denunciamo la pessima organizzazione del sistema tamponi, la mancanza di dispositivi di sicurezza e la mancanza della possibilità di prescrivere quei pochi farmaci che sembrano efficaci contro il Covid.

Intanto qualche paziente muore, qualcuno guarisce, qualcun altro sparisce negli ospedali dove è impossibile averne notizie, per fortuna qualcuno ha un cellulare, così posso chiamarli: sentire le voci degli ammalati è straziante.

Sempre più spesso mi capita di inviare qualche mio paziente in ospedale, perché ha la febbreo perché desatura. alcuni ho l’impressione che non li rivedrò più.

C’è poi il problema migranti, a Giaveno c’è una Cooperativa, che gestisce una struttura dove ne sono ospitati una cinquantina….ho li un mio paziente: invoco un tampone, l’ASL prende tempo, tentenna, allora il mio paziente trova il modo di farlo singolarmente: e’ positivo, anche se asintomatico…viene deportato a Torino, vado a trovarlo, gli porto un saturi metro e del mangiare donato da amici: ci metterà molto tempo a negativizzarsi, rischiando di perdere il lavoro che con tanta difficoltà si era procurato.

Comincia ad emergere lo scandalo delle stragi delle RSA, mi metto di traverso e consiglio alla mia struttura di non accogliere pazienti provenienti dagli ospedali, voglio tutelare i miei “vecchietti”, litigo con mia moglie, che invece non sa dove sistemare i suoi pazienti.

In Continuità Assistenziale si moltiplicano le richieste di visite domiciliari, anche perché i medici di famiglia raramente vanno al domicilio e le USCA sono sottodimensionate nel nostro territorio, sono molto stanco.

Muore Sepulveda, qualcuno dei miei pazienti che ho assistito al domicilio sta bene, qualcuno rientra a casa dall’ospedale, spesso porta sul corpo i segni del Covid. Sono persone che non torneranno più quelle di un tempo.

A metà aprile ci viene data la possibilità di prescrivere l’idrossiclorochina ai pazienti malati di Covid, in realtà io la utilizzavo da un mese, ma è un passo avanti, finalmente si riconosce l’importanza del territorio per fermare il mostro: peccato che il territorio non esista più. La strategia della Regione Piemonte è stata ospedalocentrica, ed è stata fallimentare.

Festeggio il mio compleanno in streeming, comincio ad accennare a qualche abbraccio e qualche bacio alle bimbe, meglio, tutto sembra andare meglio, forse è vero che : “andrà tutto bene”

Arriva il caldo, il mostro sembra mollare la presa, con l’estate fioriscono i negazionisti, il Covid non esiste, non è mai esistito…arriva l’autunno mi sembra di vedere un film già visto..

Maurizio Arnaud
Medico di Famiglia a Giaveno (TO)
Medico di RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale )
Medico di Continuità Assistenziale (Guardia Medica)

Giaveno (TO) 6/9/2020

Testimonianza pubblicata sul numero 8/9 settembre 2020 del mensile Lavoro e Salute

www.lavoroesalute.org

Puoi leggerlo anche in versione interattiva: https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-settembre-2020/

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