RAGIONAMENTI E PROPOSTE SU SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO

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L’andamento infortunistico, anche se aggravato nel 2020 dall’effetto Covid-19 (vedi dati Inail sintetici 2019-2020), mostra una permanente e crescente “insicurezza nei posti di lavoro” che non è frutto della fatalità.
Questo andamento e le tragiche morti sul lavoro, non hanno come causa determinante la mancanza di norme specifiche in materia di valutazione e gestione dei rischi, bensì il costante venire meno della loro applicazione e la difficoltà di rivendicazione , l’avanzarsi di una legislazione successiva al 2008 in aperta svalutazione e svuotamento delle norme del TU Sicurezza 81/2008 .

La riforma previdenziale Fornero ha “bloccato” in attività lavorative pesanti e rischiose migliaia di lavoratori anziani ( cantieri, agricoltura , logistica e trasporti, sanità) ; il successivo Jobs Act sta producendo un effetto corrosivo sulla capacità di partecipazione e rivendicazione attiva dei lavoratori per autotutelarsi, perché la facilità con la quale si può essere licenziati e/o le altre pratiche di ritorsione delle direzioni aziendali , divenute legittime come il demansionamento, stanno trasformando in molte realtà i lavoratori e le lavoratrici in soggetti silenti che hanno crescenti difficoltà ad opporsi a condizioni di lavoro insicure o disagiate. Un forte potenziale di disrupting sociale che si sta già manifestando con la moltiplicazione dei licenziamenti economici; dei lavoratori sopra i cinquanta anni, ed un fenomeno anch’esso non immediatamente visibile di adattamento passivo all’obbedienza ai forti, alla perdita da parte di molti lavoratori e lavoratrici della cognizione di essere cittadini portatori e destinatari, come contraenti deboli, di diritti fondamentali.

In questo contesto anche i problemi della salute e sicurezza nel lavoro a fronte del rischio di ritorsioni se ci si espone a denunciare situazioni di irregolarità o di mala organizzazione del lavoro, in diverse realtà, vengono posti in secondo piano.
I problemi principalmente persistono nelle piccole imprese, ove la sopravvivenza rispetto alla crisi ha comportato il taglio di molte spese, ivi comprese quelle riguardanti la sicurezza. Sono le imprese individuali, le cosi dette “false partite iva” che si trovano a competere con l’acquisizione di appalti al massimo ribasso che pagano il prezzo più grande in termini di incidenti sul lavoro.

Nella galassia delle oltre quaranta forme di titolarità dei rapporti di lavoro sono molti i lavoratori e le lavoratrici che operano in condizioni di rischio elevato sia per la sicurezza sia per la salute. Nelle filiere produttive l’azienda grande o media esternalizza lavori di manutenzione a micro imprese composte da due o tre lavoratori autonomi che spesso operano in assenza di una programmazione preventiva dei lavori: la valutazione e gestione dei rischi rimane chiusa nei cassetti della stazione appaltante a disposizione di una eventuale ispezione della Asl, ma coloro che operano al fronte in rapporto diretto con il rischio raramente vengono informati con precisione sui rischi per la salute e per la sicurezza cui saranno esposti.

La “condizione di salute/sicurezza” e la “questione retributiva/previdenziale” sono intrecciate e si ripropongono insieme: ad ogni esposizione a rischio corrisponde un lavoro sottopagato. E la condizione di lavoro/retribuzione e salute/sicurezza dei lavoratori dentro la “filiera infame” dei servizi esternalizzati, pubblici e privati, la sanità e la GDO. In primis, va ribadito che tutti i processi di esternalizzazione sono state forme alternative e clientelari/eversive al reclutamento tramite concorso pubblico come sancisce la Costituzione; sia nelle forme della sanatoria di lavoro precario nella PA, sia nella creazione di società pubbliche, sia nelle forme dei servizi appaltati al privato. In sintesi siamo di fronte a:

. in generale trasferimento del rischio di impresa sui lavoratori, sia in caso di appalto di servizi pubblici, peggio ancora nei privati, in tutti i casi in cui il committente non paga si lavora senza stipendio;
. interposizione di manodopera che viene venduta direttamente nei servizi del terziario (alberghi, ristorazione, ecc.), tramite false cooperative e sub appalti a catena, part-time fasulli nel migliore dei casi, grazie alla depenalizzazione della illegittima somministrazione di manodopera,
. nei servizi esternalizzati pubblici/privati disapplicazione dei CCNL di settore ed applicazione di contratti canaglia, con salari ridotti.

Sono queste le realtà in cui le persone lavorano assai spesso senza adeguati dispositivi di protezione individuali (Dpi) senza le informazioni e la formazione sull’utilizzo in sicurezza sulle sostanze impiegate ad esempio nei lavori di pulimento. In buona sostanza chi si occupa professionalmente di prevenzione, salute e sicurezza nel lavoro dovrà fronteggiare profili di rischio derivanti da sovraccarico cognitivo e stress che sono propri e saranno sempre più diffusi in coloro che lavorano nei settori avanzati dell’industria 4.0 e situazioni di lavoro con profili di rischio molto materiali nei settori della ristorazione, del commercio, dei servizi alle persone, pulimento ove operano lavoratori con contratti di lavoro precari e temporanei.

A questa prima trasformazione normativa si aggiunge il disegno padronale che ha come obiettivo il ridimensionamento, se non l’estinzione, dell’istituto del Contratto Nazionale di Lavoro; un obiettivo che moltiplicherà ulteriormente le diseguaglianze estendendo le condizioni del lavoro servile, del ritorno al cottimo, senza diritti e, quindi, senza sicurezza. La contrattazione di secondo livello deprivata dei riferimenti delle parti normative o in deroga agli istituti dei Ccnl, farà arretrare le condizioni di lavoro in particolare nelle Pmi.
E’ mancata la sanzione sociale per i casi di infortunio grave/mortale, a causa anche di una territorializzazione dell’informazione per cui gli eventi infortunistici gravi e mortali sono relegati nelle ultime notizie delle pagine locali con la stesso format delle notizie riguardanti gli incidenti stradali. La tecnica della banalizzazione di questi eventi ha fatto scomparire dalla scena delle priorità nazionali la questione salute e sicurezza sul lavoro.

Un anno di Covid

L’esperienza Covid 19 ha mostrato:
. un “emergenziale” protagonismo di Accordi-Protocolli Nazionali, Governo—Confindustria- Sindacati Confederali che hanno by passato, nei fatti, l’impianto e l’organizzazione della Sicurezza nel posto di lavoro e la centralità del RLS e della Valutazione dei rischi che doveva e deve essere riportata alla verifica dell’effettività delle misure di prevenzione e protezione, in tutti i posti di lavoro, in tutte le filiere di esternalizzazione di servizi, pubblici e privati;
. l’indispensabilità; di una consulenza medica del lavoro sganciata dalla “diretta ma ricattata consulenza” al datore di lavoro (nei casi peggiori mercenario dell’azienda) per configurarla come una attività molto più prossima alla Medicina territoriale e dei servizi di Salute ed Igiene pubblica;
. la necessità di rendere obbligatoria la Sorveglianza sanitaria in tutti i cicli produttivi individuabili, secondo lo schema semplificato di rischio alto-medio-basso, superando l’attuale limite normativo e selettivo, superando la recente creazione emergenziale di una SSE (sorveglianza sanitaria eccezionale), nei fatti rivolta alla sola Scuola Pubblica;
. la necessità un investimento pubblico di aumento della dotazione organica di Medici del Lavoro pubblici nei Servizi preposti, anche per la Vigilanza Sanitaria, lasciando (come mediazione) facoltà di scelta all’azienda tra il libero Professionista ed il Servizio Pubblico. Uno slogan: assumere nuovi 2000 Medici Ispettori del lavoro .

CHE FARE
Bisogna partire dal punto in cui é arrivato lo sviluppo dei decreti attuativi che rendono esigibili per tutti i lavoratori i diritti sanciti nel TU Sicurezza.
Sappiamo che solo di recente si é costituito il Sistema Nazionale per la Prevenzione (Sinp) che ha la finalità di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l’utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l’integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate( decreto interministeriale 183/ 2016 decreto 14/ 2018 del Ministero del lavoro); ma non ancora pienamente operativo.
Ma dobbiamo vigilare sui tentativi di un nuovo disegno di legge tipo Sacconi (2016) di totale imbarbarimento e stravolgimento del paradigma di tutela della Salute e Sicurezza, in un mero adempimento cartaceo delegato a consulenti mercenari, senza alcuna responsabilità dell’Impresa nella valutazione dei rischi.

UGUALE RISCHI – UGUALI TUTELE

Bisogna, recuperare e praticare il “Welfare costituzionale” quello cioè garantito dalla Costituzione art 38, tramite legislazione statale, e porre la riforma del T.U. Infortuni Inail : va attuata la Costituzione, e superata definitivamente la “logica selettiva del rischio professionale” (art. 1 e 4 T.U. Infortuni) che esclude tutti i Lavoratori della Sicurezza, (imprigionati nel mondo corporativo delle competenze corporative del Ministero dell’Interno e della Difesa) . Un esempio per tutti: i Vigili del Fuoco.
Una competenza ancora esclusiva, che, se ha salvato la tutela in caso di infortunio e malattia professionale (ma da sottoporre alla verifica dei livelli essenziali di servizi come diritto sociale), dal 2001 é una competenza in “coabitazione” con le Regioni, finora interpretata in maniera collaborativa, come ha dimostrato l’iter di costruzione del D.Lg. 81/2008, grazie ad una simmetria politica con le Amministrazioni Regionali di allora, ma che va agita, praticata come “maggiorazione di tutela” contro l’egemonia della differenziazione regionale per censo.
Le trasformazioni del lavoro: profili di rischio e strategie di prevenzione da costruire.
Le trasformazioni delle forme organizzative, giuridiche e materiali del lavoro che sono avvenute nel corso degli ultimi dieci anni sono straordinarie.

I processi di automazione del trattamento delle informazioni gestionali dei sistemi produttivi, della logistica, nei sistemi finanziari sono stati e sono oggetto di studi raffinati, ragion per cui non intendiamo affrontali in questa sede. In sintesi si può dire che il lavoro degli umani si è trasformato radicalmente in molti settori e i profili di rischio stanno radicalmente cambiando per molti lavori e nel contempo molti lavori sono destinati a trasformarsi o a scomparire. Ciò che cambia in profondità per gli umani che per lavorare comunicano e/o si affidano a complessi algoritmi per svolgere il proprio lavoro è la perdita del governo del tempo e, a volte, lo smarrimento del significato del proprio lavoro. Le forme di assistenza digitale in uso, ad esempio, nel settore finanziario e creditizio rispetto alle decisioni da prendere stanno svuotando il lavoro dei funzionari addetti alla erogazione di crediti o mutui. Nel settore dei trasporti i sistemi di geo localizzazione satellitare stanno trasformando il lavoro degli autisti che si vedono riprogrammare percorsi, tappe di carico e tempi in tempo reale: il loro governo del tempo viene ridotto ai minimi termini.

Questo è il nuovo ambito su cui è necessario che si faccia ricerca e inchiesta per definire i profili di rischio di queste nuove modalità di lavoro.
A fianco del lavoro qualificato sempre più raro, sempre più esigente di competenze professionali che peraltro hanno un ciclo di vita sempre più breve, permangono e in qualche misura si espandono i lavori basati su alta intensità; di manodopera, sulla fatica fisica sulla esposizione ai classici fattori di rischio tradizionali: rumore, gas fumi, polveri, microclima, movimentazione carichi.

La differenza rispetto al passato riguarda il fatto che questi lavori sono svolti da lavoratori e lavoratrici stranieri in condizioni di precariato, senza tutele e contratti, pagati in parte con voucher e in parte in nero. Nella galassia dei lavori di servizio della ristorazione, dei servizi alle persone, delle pulizie si trovano situazioni diffuse di precariato e di lavoro nero. Mentre nelle aziende dei settori pregiati si registra una capacità di valutazione e gestione dei rischi di qualità è desolante invece la situazione delle imprese che producono servizi e prodotti a basso valore aggiunto ove nella maggioranza dei casi le imprese pagano consulenti per costruire un’apparenza di adempimento di quanto prevedono le norme in materia. L’aggiornamento dei profili di rischio dovrebbe essere una pratica di ricerca continua da parte del Dipartimento Ricerca dell’Inail. Nei prossimi anni le trasformazioni del mercato del lavoro e le compresenze di settori ad elevata tecnologia organizzative e produttive (industria 4.0) con settori ad elevata intensità di sfruttamento e precarizzati comporterà strategie molto differenziate di prevenzione.

A riguardo, non si può prescindere, per chi si occupa di sicurezza sul lavoro, da un protocollo di azione con Medicina democratica e Magistratura democratica, che abbia risvolti operativi anche di consulenza, ove necessario, per tutte le lavoratrici e i lavoratori.

Mario Pugliese Impiegato INAIL Catania

Franco Cilenti Direttore di Lavoro e Salute

Pubblicato sul numero di marzo del mensile

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