Rapporto sul regime speciale ex articolo 41-bis co. 2 dell’ordinamento penitenziario

Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale

SCHEDA DI SINTESI

I numeri

Al momento della redazione del Rapporto, le persone sottoposte al regime speciale ex articolo 41-bis co. 2 o.p sono 740, tra cui 12 donne, distribuite in 60 reparti all’interno di 12 Istituti.

L’età delle persone attualmente detenute in tale regime è così distribuita:

fasce di età< 3030-3940-4950-5960-69> 70
numero15015021823487

Sono così distribuite: Casa circondariale di Sassari-Bancali: 88; Casa circondariale di Cuneo: 45 (di cui 1 in reparto per disabili); Casa circondariale di L’Aquila: 150 (di cui 12 donne); Casa circondariale di Novara: 70; Casa circondariale di Nuoro-Baddu e Carros: 3; Casa circondariale di Parma: 70 (di cui 7 al Sai, 2 al Sai per persone con disabilità, 1 ai disabili non Sai e 2 ricoverati in ospedale); Casa circondariale di Roma-Rebibbia: 44 (di cui 2 al Sai per persone con disabilità e 1 ricoverato in ospedale); Casa circondariale di Terni: 29; Casa circondariale di Tolmezzo: 18 di cui 6 internati in misura di sicurezza; Casa circondariale di Viterbo: 46; Casa di reclusione di Milano-Opera: 96 (di cui 11 al Sai, 2 al Sai per persone con disabilità e uno ricoverato in ospedale); Casa di reclusione di Spoleto: 81.

Delle 740 persone sottoposte al regime 41-bis, 35 sono detenute nelle 11 “Aree riservate”, circuiti speciali con ancora maggiori restrizioni. Le Aree riservate  non sono previste da alcuna norma di legge, ma giustificate in base a una specifica interpretazione dell’articolo 32 del Regolamento di esecuzione dell’Ordinamento penitenziario che prevede sezioni a cui sono assegnati «I detenuti e gli internati, che abbiano un comportamento che richiede particolari cautele».

L’andamento dell’applicazione del regime speciale negli ultimi dieci anni

L’applicazione reiterata e continua del regime di detenzione speciale è il dato di fatto che connota più di ogni altro lo stato attuale dell’istituto previsto dall’articolo 41-bis co.2 o.p..

È un dato di fatto che risulta, innanzitutto, dalla sostanziale invariabilità del numero delle persone sottoposte al regime speciale nel corso dell’ultimo decennio, con una media di 731 persone detenute nel regime speciale e scarse variazioni tra il numero minimo di 699, registrato nel 2012, e le punte massime di 753 e 756, raggiunte rispettivamente nel 2019 e nel 2020.

Anno20122013201420152016201720182019202020212022
Persone in regime speciale699707723728724724742753756745740

Le posizioni giuridiche

  • 613 hanno una condanna definitiva (di cui 159/163 in situazione mista, ma con almeno una condanna definitiva)
  • 127 sono esclusivamente in misura cautelare
  • 204 scontano una condanna all’ergastolo
  • 250 scontano una condanna a pena temporanea
  • 6 sono internate in misura di sicurezza all’interno di una struttura definita come “Casa di lavoro” sottoposte anch’esse a tale regime.

Fondamento del regime speciale

Il fondamento e la legittimazione del regime speciale sono stati definiti a più riprese dalla Corte costituzionale che ha delineato il ‘perimetro’ che lo definisce, un perimetro determinato dalla finalità di «contenere la pericolosità di singoli detenuti, proiettata anche all’esterno del carcere, in particolare impedendo i collegamenti dei detenuti appartenenti alle organizzazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovino in libertà» (sentenza 97/2020).

La Consulta ne ha anche definito i limiti:

  • la stretta connessione delle restrizioni con tale finalità
  • il rispetto del precetto dell’articolo 27 comma 3 della Costituzione in forza del quale le restrizioni non devono mai essere tali da «vanificare completamente la necessaria finalità rieducativa della pena e da violare il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità».

Lo sguardo del Garante nazionale

Il Garante nazionale ha visitato nel corso del suo mandato, a più riprese, tutte le sezioni del regime speciale 41 bis e ne ha esaminato l’applicazione alla luce del perimetro delineato dalla Corte costituzionale e dei suoi interventi sulla norma.

Ne è emersa la necessità di una riflessione integrale sulla legge. In particolare, sulla compatibilità di tale regime con il diritto alla finalità rieducativa della pena, di cui è titolare ogni persona detenuta in ragione della prescrizione obbligatoria che l’articolo 27 comma 3 della Costituzione detta allo Stato per ogni genere di pena: un parametro che ha costituto il cardine su cui si sono fondate tutte le sentenze della Corte costituzionale intervenute sulla norma.

È parte di questa riflessione l’osservazione del rinnovo anche per decenni, a carico di singole persone, del regime speciale: le motivazioni delle proroghe dei decreti di applicazione del 41-bis fanno frequentemente riferimento al reato ‘iniziale’ per cui la persona è stata condannata e la persistente esistenza sul territorio dell’organizzazione criminale all’interno del quale il reato è stato realizzato. Due elementi che, a parere del Garante nazionale, disattendono le prescrizioni di attualizzazione delle particolari esigenze custodiali espresse costantemente dalla Corte costituzionale.

Da qui alcune riflessioni:

  • se il rischio del mantenimento dei collegamenti con la criminalità organizzata di provenienza viene ritenuto sussistente anche a distanza di oltre 20 anni dalla prima applicazione, quando non dall’inizio della detenzione, il dubbio sull’efficacia del sistema preventivo risulta legittimo;
  • Il dubbio si estende conseguentemente all’effettiva finalità perseguita con la reiterazione del regime detentivo differenziato: se non è fondata sull’effettiva permanenza dei rischi di mantenimento dei collegamenti con l’associazione criminale, risulta diretta esclusivamente a imporre una forma afflittiva di detenzione;
  • la mancanza di verifiche effettive sulla permanenza attuale delle esigenze di prevenzione del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata rischia di configurare l’applicazione del regime come una misura esclusivamente afflittiva per determinate categorie di condannati.

Pertanto, il Garante nazionale ritiene che il numero delle persone attualmente soggette al regime previsto dall’articolo 41-bis co.2 o.p. sia suscettibile di una profonda revisione.

Tale obiettivo, che renderebbe anche equilibrio e verosimiglianza all’immagine complessiva del fenomeno della criminalità organizzata nel Paese, altrimenti rappresentata dalla presenza in carcere di oltre 700 soggetti apicali potenzialmente pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, può essere perseguito senza pregiudicare le permanenti esigenze di particolare sicurezza attraverso una migliore configurazione delle sezioni del circuito dell’Alta sicurezza 1, che assicuri la separazione dagli altri circuiti detentivi.

Le condizioni detentive

L’organizzazione dello spazio delle sezioni per i detenuti in regime speciale ex articolo 41-bis co. 2 o.p deve rispondere anch’essa alla finalità di tale regime, di impedire, cioè, forme di comunicazione tra gli appartenenti a organizzazioni criminali, sia all’interno dell’Istituto sia con chi si trovi in libertà. Altre limitazioni che non rispondano a tale finalità rischiano di configurarsi come afflizioni aggiuntive a quanto implicito nella stessa privazione della libertà personale, come affermato – tra l’altro – dall’articolo 3 delle Nelson Mandela Rules. In ogni caso va sempre preservato il principio di tutela di ogni persona rispetto a possibili dirette o indirette aggressioni alla sua integrità fisica o psichica nonché alla sua dignità.

Tuttavia, anche nelle recenti visite, il Garante nazionale ha riscontrato condizioni diverse che rischiano di assumere di fatto una connotazione di ‘pena corporale’, non consentita dal nostro ordinamento, anche come implicita conseguenza del comma 4 dell’articolo 13 della Costituzione: le schermature alle finestre delle stanze detentive che impediscono un sufficiente passaggio di luce e aria naturali, l’assenza di qualsiasi elemento di stimolo visivo, la miseria di molti cortili, la presenza ossessiva di grate a totale copertura degli stessi, l’angustia delle cosiddette sale di socialità.

Il Garante nazionale ha rilevato la permanenza di una serie di restrizioni, previste dalla Circolare del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del 2017, tuttora vigente, che incidono significativamente sulla qualità della vita delle persone ristrette. Restrizioni che non appaiono allineate alla finalità del regime: il diametro massimo di pentole e pentolini, la disponibilità oraria, con consegna al mattino e ritiro alla sera, di oggetti per l’igiene personale, il numero di matite o colori ad acquarello detenibili nella sala pittura (non oltre 12), il numero di libri (4), le dimensioni e il numero delle fotografie che si possono tenere nella camera, il divieto di affissione alle pareti e alle altre superfici di fogli e fotografie, salvo «una singola fotografia di un familiare», l’esclusione dell’acquisto di alcuni quotidiani a diffusione nazionale.

Inoltre, le ipotesi di progettazione rieducativa sembrano del tutto assenti all’interno del micro-mondo del regime speciale: la «sospensione delle regole del trattamento» prescritta dal comma 2 del 41-bis si traduce troppo spesso in ‘sospensione del trattamento’ tout court, cioè di ogni attività rieducativa, data anche l’impalpabile presenza degli operatori della funzione giuridico-pedagogica all’interno di queste sezioni. E il passo tra ‘sospensione del trattamento’ e l’abbandono della finalità costituzionale di una pena che sempre deve tendere alla rieducazione è molto breve.

Indicazioni e Raccomandazioni del Garante nazionale

Il Garante nazionale invita preliminarmente a riflettere sulla possibilità di un limite massimo di durata della misura, sul rischio della sovrapposizione di tale regime con altre forme di separazione.

Analoga riflessione deve riguardare il mantenersi di un’ampia estensione numerica delle persone ristrette in tale regime negli ultimi dieci anni, che interroga indiscutibilmente sull’efficacia evolutiva di tale previsione normativa.

Il Garante nazionale Raccomanda alle Autorità responsabili, tra l’altro:

  • che non si protragga il regime speciale previsto dall’articolo 41-bis co. 2 o.p. fino al termine dell’esecuzione di una pena temporanea;
  • che siano abolite tutte le “aree riservate”;
  • che tutti gli ambienti siano scrupolosamente riconfigurati in modo tale da permettere un sufficiente passaggio di aria fresca e di luce naturale, a partire dalla rimozione delle schermature delle finestre, salvi i casi limitatissimi in cui siano indispensabili a impedire il contatto con altri detenuti o con personale esterno;
  • che siano ripensati e adeguati i cortili di passeggio in maniera da non incidere negativamente sulla capacità visiva e consentire effettivamente attività fisica e sportiva;
  • che sia avviato con urgenza un percorso di alfabetizzazione e istruzione di base per coloro che ne fanno richiesta
  • che siano adottati lettori di libri elettronici, in modalità ovviamente offline, in modo da consentire un maggiore accesso alla lettura e allo studio in condizioni di assoluta sicurezza;
  • che sia reso effettivo in tutti gli Istituti l’accesso all’acquisto o all’abbonamento a organi di stampa, salvo preclusioni che siano giustificate individualmente dall’eventuale rischio di possibile comunicazione con l’esterno; che sia emanata una nuova Circolare sulle modalità di attuazione del regime speciale con linee-guida generali che assicurino l’esclusione di misure restrittive non strettamente funzionali alla prevenzione dei collegamenti interni ed esterni con la criminalità organizzata;
  • che per ogni persona internata sottoposta alla misura della sicurezza della “Casa di lavoro” sia pianificato un progetto individuale nell’ambito del quale si inserisce il lavoro, nella prospettiva del rientro della persona stessa nella comunità sociale.

Infine, il Garante nazionale raccomanda nuovamente di non definire mai il regime detentivo speciale quale «carcere duro» perché questo concetto implica in sé la possibilità che alla privazione della libertà – che è di per sé il contenuto della pena detentiva – possa essere aggiunto qualcos’altro a fini maggiormente punitivi o di deterrenza o di implicito incoraggiamento alla collaborazione. Fini che porrebbero l’istituto certamente al di fuori del perimetro costituzionale.

https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it

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