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La ferocia con cui il governo italiano sta trattando i migranti, per mare e per terra, non ha dell’umano. Omissioni di soccorso, respingimenti nelle grinfie dei carnefici libici, sequestri di persona a danni di disperati e di minori, distruzione delle strutture dove si crea integrazione, diffusione della clandestinità, dell’emarginazione e del degrado. Ferocia esibita, compiaciuta, irridente. Ferocia vigliacca, perché esercitata dal potere nei confronti dei più deboli. Ferocia razzista, perché esclusivamente rivolta a persone con la pelle nera. Ma c’è un’Italia che non si fa inferocire e vuole rimanere umana, che s’indigna, si ribella e si vergogna dei propri governanti. Un’Italia che resiste: da Lodi a Torre Melissa, a Siracusa. Prima o poi ci sarà una Norimberga.

Restiamo umani!

Pubblicato da franco.cilenti

“Avverto i miei lettori: tutti coloro che non si inseriscono nella canea anti immigrazione e contro le Ong saranno soli. In questo momento l’odio verso le Ong e verso gli immigrati non ha pari, magari le mafie avessero avuto contro tutto questo impegno e questa solerzia” (Roberto Saviano, Repubblica, 5 agosto 2017).
“Che Dagli al samaritano potesse diventare l’incitamento più diffuso nei media e in politica nel pieno dell’Occidente cristiano è davvero uno shock imprevisto (Marco Revelli, Manifesto, 5 agosto 2017).”
“Di questa estate italiana resterà una svolta nel senso comune dominante, dove per la prima volta il sentimento umanitario è finito in minoranza. E ciò peserà sul futuro (Ezio Mauro, Repubblica, 9 agosto 2017).”

Queste dichiarazioni vengono battute all’indomani del luglio 2017,  quando il governo Dem, Ministro dell’interno Marco Minniti, decide di innalzare un muro nel Mediterraneo per impedire gli sbarchi di migranti nelle coste italiane. Un’operazione in due atti:

  • a) Tagliare le vele alle Ong, impedendogli di fare il loro mestiere (salvare vite umane in mare), attraverso l’imposizione di un inaccettabile codice di comportamento;
  • b) Finanziare generosamente i libici con l’espansione delle loro acque territoriali a oltre un centinaio di miglia marine dalla costa (rispetto alle precedenti 12), con l’obiettivo di bloccare le partenze e ed eventualmente riportare nei lager libici i malcapitati che tentavano la traversata.

Una decisione quella del governo Dem che veniva dopo mesi di martellamento da parte di Lega e M5S contro gli immigrati e contro le Ong (Salvini: “Affondare navi Ong”; Di Maio: “Ong, taxi del Mediterraneo”): si avvicinavano le elezioni e bisognava adeguarsi a un vento che soffiava ormai forte in tutta Europa. Infatti nello stesso mese di agosto 2017 si tenne a Parigi un summit sulle migrazioni: il progetto presentato da Macron prevedeva di bloccare il flusso dei migranti prima che raggiungessero la Libia (in Niger e in Ciad), con una presenza anche militare sul campo (a cui anche l’Italia darà il suo contributo). Lo stesso Macron, con la Merkel, fecero i complimenti al governo italiano per le ultime mosse studiate dal ministro Minniti: “Siete stati perfetti”. Prima l’ordine di sbarrare i nostri porti ai migranti era venuto dal ministro degli esteri austriaco e dal primo ministro ungherese Orbàn.  Missione compiuta.

Il caso Diciotti

Un anno dopo, nell’agosto 2018, gli sbarchi sulle coste italiane si sono ormai ridotti quasi a zero, ma le partenze dalla Libia sia pure in misura minore continuano, come pure i naufragi e le relative morti. Ma non se ne sa quasi più nulla perché si è fortemente ridotta la presenza delle navi delle Ong (perseguite e spesso requisite – senza alcuna prova – dal PM di Catania): così si sono ridotti i salvataggi e anche la testimonianza su quello che avviene nel Mediterraneo. Ma c’è una novità: ora al governo c’è la coalizione M5S-Lega, che inaugura una fase più avanzata rispetto alla dottrina Minniti: i porti italiani sono chiusi, sigillati nei confronti dei migranti, non solo alle navi delle Ong, ma anche alle navi italiane che si trovassero nella condizione di salvare dei naufraghi. Cosa che avviene con una nave militare, la Diciotti, che ha raccolto 177 persone (in larga parte di nazionalità eritrea) tra cui diverse donne e bambini, e che attracca al porto di Catania il 21 agosto. Ma il Ministro dell’interno Salvini vieta per giorni lo sbarco, con il consenso dell’intero governo. Sarà necessario l’intervento della magistratura, e persino del Papa, per obbligare il governo a far scendere dalla nave i 177 esseri umani, alcuni dei quali gravemente ammalati. Sul Ministro Salvini ora pende un’accusa gravissima, quale quella formulata dal Tribunale dei Ministri di Catania: “Sequestro di persona aggravato”. Perché, come spiegano i giudici: “l’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso dovere degli Stati e prevale su tutte le norme finalizzate al contrasto dell’immigrazione irregolare” (…) “Il ministro ha agito al di fuori delle finalità proprie dell’esercizio del potere conferitogli dalle legge in quanto le scelte politiche o i mutevoli indirizzi impartiti a livello ministeriale non possono ridurre la portata degli obblighi degli Stati di garantire nel modo più sollecito il soccorso e lo sbarco dei migranti in un luogo sicuro.”

Restiamo umani

La necessità di “garantire nel modo più sollecito il soccorso e lo sbarco dei migranti in un luogo sicuro” si sta riproponendo drammaticamente in queste ore a Siracusa dove la nave Sea Watch,con 47 naufraghi a bordo, è ferma da tre giorni a due miglia dal porto. “Il porto è chiuso e nessuno sbarca” ripete Salvini. Si ripete il copione della nave Diciotti, con il tribunale dei minori che intima al governo di fare sbarcare almeno i ragazzi, con alcuni parlamentari che salgono a bordo portando beni di prima necessità. Ma in questo caso c’è una novità: sulla Sea Watch sale anche il sindaco di Siracusa che chiede che tutti i naufraghi siano fatti scendere dalla nave, assicurando che l’intera città provvederà alla loro accoglienza. Due settimane prima gli abitanti di Torre Melissa, comune del Crotonese, si erano gettati in mare per salvare 51 migranti curdi la cui barca era affondata in prossimità della spiaggia.

Sarà anche vero che il sentimento umanitario è finito in minoranza, ma gli italiani forse stanno cominciando a stancarsi della ferocia razzista dei loro governanti.  Come i cittadini di Lodi che si sono ribellati al regime di apartheid imposto nelle scuole dall’amministrazione leghista. Come le Caritasdi tutta Italia che si oppongono al decreto Salvini: “Continueremo ad accogliere i migranti, rispondiamo alla nostra coscienza“. Come le associazioni fiorentine che hanno creato un fondo per sostenere chi è stato escluso dal sistema dell’accoglienza per effetto del citato decreto. Come gli abitanti di Castelnuovo di Porto che hanno reagito con grande generosità – sindaco e parroco in testa – allo sgombero della locale struttura di accoglienza: “Un’operazione indegna di un paese civile per le modalità con cui viene condotta, una violenza istituzionale inaccettabile” (Stefano Ciafani, presidente di Legambiente).

Sullo sgombero del Cara di Castelnuovo di Porto si è espresso anche Andrea Camilleri, con un intervento che si conclude così: “Io mi rifiuto di essere cittadino italiano complice di questa nazista volgarità”.

L’appello dei cristiani italiani

Sull’immigrazione intervengono con un appello comune i cristiani italiani, cattolici e protestanti (Conferenza episcopale italiana, Tavola Valdese, Comunità di S. Egidio, Federazione delle chiese evangeliche): “Salvare chi è in pericolo, ampliare i corridoi umanitari, aprire nuove vie di ingresso regolare”. “Nell’occasione in cui celebriamo il dono dell’unità e della fraternità fra i cristiani – si legge nel testo dell’appello “Restiamo umani”-, desideriamo spiegare a tutti che per noi aiutare chi ha bisogno non è un gesto buonista, di ingenuo altruismo o, peggio ancora, di convenienza: è l’essenza stessa della nostra fede. Ci addolora e ci sconcerta la superficiale e ripetitiva retorica con la quale ormai da mesi si affronta il tema delle migrazioni globali, perdendo di vista che dietro i flussi, gli sbarchi e le statistiche ci sono uomini, donne e bambini ai quali sono negati fondamentali diritti umani: nei paesi da cui scappano, così come nei Paesi in cui transitano, come in Libia, finiscono nei campi di detenzione dove si fatica a sopravvivere. Additarli come una minaccia al nostro benessere, definirli come potenziali criminali o approfittatori della nostra accoglienza tradisce la storia degli immigrati – anche italiani – che invece hanno contribuito alla crescita economica, sociale e culturale di tanti paesi. Da qui il nostro appello perché – nello scontro politico – non si perda il senso del rispetto che si deve alle persone e alle loro storie di sofferenza”.

Prima o poi ci sarà una Norimberga

“Un ministro dell’interno che delinque è un oltraggio per il proprio Paese. Un segno di vergogna che ci accompagna ovunque andiamo. È un ministro dell’interno che oltre a delinquere irride la giustizia del proprio paese e che dichiara d’infischiarsene dei giudici e promette di reiterare il reato è qualcosa di peggio. È una sfida vivente alla nostra democrazia e alla Costituzione che la garantisce. Una sfida che deve essere accettata e vinta, pena la caduta irrimediabile in un limbo della civiltà senza uscita. Forse Matteo Salvini fa il gradasso perché sa che la sua banda lo tutelerà in Parlamento, che con la complicità della sua maggioranza di governo si salverà dal giudizio del Tribunale dei ministri. Possibile. Anzi probabile. Ma sappia che prima o poi ci sarà una Norimberga. Che quei crimini contro l’umanità, consumati o minacciati, non resteranno ingiudicati o impuniti, quando l’umanità ritornerà in sé, e il consenso degli accecati non basterà più a far da scudo agli specialisti del disumano.”  (da “Prima o poi ci sarà una Norimberga”, Marco Revelli, il manifesto, 26 gennaio 2019).

Gavino Maciocco

28/1/2019 www.saluteinternazionale.info

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Autore: franco.cilenti
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