Ritorno alla terraingiusta: sfruttamento, ghetti e incerte prospettive

A maggio 2022 è stato pubblicato l’ultimo report1 di Medici per i Diritti Umani (MEDU), un’organizzazione umanitaria e di solidarietà internazionale senza fini di lucro che opera per portare aiuto sanitario alle popolazioni più vulnerabili, in Italia e all’estero, e di sviluppare, all’interno della società civile, spazi democratici e partecipativi per la promozione del diritto alla salute e degli altri diritti umani.

Quest’anno, per il nono anno consecutivo MEDU ha operato nella piana di Gioia Tauro, in Calabria, durante la stagione di raccolta agrumicola. La loro attività fa parte del progetto Terraingiusta, con l’obiettivo di restituire diritti ai braccianti stranieri che in questi campi sono ferocemente sfruttati.

Da dicembre 2021 a marzo 2022, MEDU ha lavorato in una clinica mobile in grado di raggiungere gli inserimenti informali della Piana su cui vivono i braccianti.

In questo tipo di attività agricole, i produttori stessi faticano a sostenere i costi della produzione, a causa di un mercato fortemente concorrenziale proveniente dalla Spagna e dal Nord-Africa. Questo, unito alle conseguenze della pandemia da Covid-19 e a condizioni climatiche sfavorevoli, che hanno ridotto la produzione di alcuni prodotti (i kiwi in primis), ha portato nel 2021 a una drastica riduzione del numero di braccianti presenti nella Piana – l’arrivo più massivo di braccianti per l’inizio delle attività agrumicole risale quest’anno a gennaio 2022, mentre negli anni passati si riscontrava una presenza cospicua di arrivi già a ottobre-novembre. Le difficoltà economiche dei produttori portano all’incremento del lavoro nero o grigio, a sfruttamento e assenza di tutele, oggi più che mai. Ma se i braccianti lavorano in assenza di contratto, o con contratti fasulli, la loro possibilità di accesso alle più elementari tutele risulta ridotta se non annullata.

MEDU ha iniziato a lavorare nella clinica mobile nella piana di Gioia Tauro nel dicembre 2021 e ha continuato fino a marco 2022, con un team multidisciplinare costituito da una coordinatrice, due mediatori linguistico-culturali, un pool di medici, un logista e un’operatrice socio-legale, nel tentativo di coprire tutte le esigenze mediche, sociali e legali dei braccianti da supportare. È bene notare che, data la longevità del progetto in questa Piana, MEDU è ormai una presenza radicata sul territorio, e questo permette ai suoi team di svolgere un’attività integrata con i servizi del territorio, dal progetto Mediterranea Hope (MH) al progetto Incipit, a Emergency, SOS Rosarno, sindacato USB, oltre che con le realtà dei Comuni, della Questura e della Prefettura.

Le zone di intervento

Il lavoro di MEDU nel 2022

Nel rapporto si evidenzia che nei quattro mesi di operato 177 persone si sono rivolte alla clinica mobile di MEDU, di cui 82 per ragioni puramente sanitarie, 63 per ragioni puramente legale, e 32 per entrambi i servizi. L’attività di MEDU, in grado di intercettare un ampio campione della popolazione bracciante, consente anche di mappare le provenienze dei lavoratori (Mali, Senegal, Gambia, Ghana, Costa D’Avorio) e le età (si registra un’età media di 33 anni), e di verificare che la quasi la totalità dei braccianti è provvista di permesso di soggiorno. Un dato rilevante: il 34% dei lavoratori intercettati hanno dichiarato l’intenzione di restare in Calabria dopo la stagione agrumicola, un dato che fa riflettere sulla necessità degli enti e dei servizi locali di coordinarsi per organizzare interventi di medio-lungo termine per questi migranti, volti all’inclusione e non a una mera forma di accoglienza “temporanea”.

Nel suo operato, MEDU ha raggiunto con la sua clinica mobile vari centri abitati dai braccianti, in prevalenza tendopoli e baraccopoli.

La Tendopoli di San Ferdinando è stata allestita nel 2019 nell’area di una precedente baraccopoli sgomberata e soggetta anch’essa a ciclici sgomberi e rioccupazioni dovute all’assenza di alternative abitative. Nell’estate del 2021 il Comune non ha rinnovato il contratto con l’ente gestore dell’area, motivo per cui la tendopoli ha subito un drastico peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie (assenza di luce, elettricità insufficiente, assenza di acqua calda e di un servizio di smaltimento rifiuti). C’è però un servizio di Vigili del Fuoco a pochi metri dall’entrata, finalizzato a scongiurare gli eventuali (e tristemente frequenti) incendi di queste soluzioni abitative facilmente infiammabili – il segno di una forma di accoglienza che preferisce tamponare i rischi piuttosto che prevenirli radicalmente. Ci sono poi i casolari nelle campagne di Rizziconi e Taurianova, anch’essi privi di ogni servizio di prima necessità, distante da punti acqua vicini. Per questa ragione, si rendono necessari molti viaggi al giorno dei braccianti, che portano acqua ai casolari per l’igiene e per cucinare.

Infine, vi è il campo container di Rosarno, in cui sono garantiti corrente e elettricità, ma in un luogo molto isolato e mal collegato. L’impianto elettrico presenta problematiche dovute al sovraccarico di corrente, cosa che rende estremamente pericoloso il soggiorno dei braccianti.

La questione abitativa

Queste soluzioni abitative (tendopoli, baraccopoli, campi container) fanno parte della categoria degli “insediamenti informali” cui sono condannati i migranti che, pur con regolare permesso di soggiorno, scendono a lavorare nei campi calabresi.

Negli anni, le istituzioni e gli enti locali hanno tentato di sostituire queste formule abitative con soluzioni più tutelanti, come immobili confiscati alla criminalità o proprietà pubbliche disponibili, o abitazioni private regolarmente concesse in locazione ai lavoratori stranieri. Ad esempio, la Commissione straordinaria di Rosarno ha stilato un piano per la riqualificazione di circa 30 palazzine e appartamenti in disuso da destinare ad alloggio dei braccianti del campo container nel periodo estivo; ancora, per i braccianti che vivono nella campagna di Taurianova, il nuovo Polo Sociale Integrato, tramite l’Agenzia Sociale dell’Abitare, ha offerto servizi di supporto legale e di mediazione interculturale a i braccianti. Nonostante questi slanci e questi sforzi, l’abitare dei braccianti è però ancora fortemente vincolato a questi insediamenti informali. I progetti restano prevalentemente sulla carta, per pigrizia istituzionale o assenza di fondi sufficienti. È il caso del progetto nato con l’obiettivo di installare un villaggio su un terreno confiscato alla criminalità organizzata, a 7 km dal centro cittadino di Taurianova – l’inizio dei lavori, fissato per marzo 2022, è stato rimandato a settembre 2022, e chissà se avverrà effettivamente.

Contrada Russo – Intervento dell’operatore (ph. MEDU)

Condizioni di salute e accesso alle cure

In generale il quadro di salute dei braccianti supportati da MEDU è correlato con le scarse condizioni igienico-sanitarie, lavorative e abitative, con patologie dell’apparato osteo-articolare, dermatologiche e dell’apparato respiratorio. A causa della lentezza delle procedure del SSN, in Italia e in Calabria in modo particolare, spesso i braccianti si sono trovati in estrema difficoltà nell’accesso alle cure. “Complessità delle procedure burocratiche, barriere linguistiche in assenza di mediatori culturali, carenze strutturali dei servizi, dovute alle limitate risorse economiche e di personale, isolamento dei luoghi di dimora dei braccianti, in assenza di trasporti pubblici, condizioni di indigenza diffuse” sono nominate da MEDU come le principali cause di difficoltà per i braccianti in termini sanitari. È bene ricordare che tutto questo è dal collocarsi nel già grave quadro della sanità calabrese, che presenta un rapporto bassissimo tra personale sanitario e popolazione residente (quasi 95 unità ogni 10 mila abitanti, un valore di quasi 5 punti inferiore al dato medio nazionale).

Per quanto riguarda l’ulteriore aggravante degli ultimi anni della pandemia da Covid-19, nonostante MEDU abbia portato avanti una forte sensibilizzazione dei braccianti al rischio del contagio e di promozione della campagna vaccinale, molte difficoltà sono state riscontrate nella possibilità pratica di ottenere tamponi di screening e prevenzione, oltre che molecolari – l’ottenimento di tampone gratuito era vincolato a una prescrizione del medico di base, ma molti dei braccianti, pur provvisti di tessera sanitaria, non possedevano un medico di base per svariate ragioni, dalla lentezza burocratica del sistema sanitario alla mancanza di informazioni. In un tale quadro, i braccianti hanno lavorato con un alto rischio di contagio durante tutta la stagione. Fortunatamente, da gennaio è ripresa la campagna vaccinale presso la tendopoli di San Ferdinando. È rimasto invece irrisolto il problema del Green Pass, dal momento che all’atto della vaccinazione molti dei migranti non hanno effettuato alcuna registrazione – condizione necessaria per poter scaricare il dispositivo.

Condizioni giuridiche

Dal punto di vista giuridico, il 99% delle persone prese in carico da MEDU risultava regolarmente soggiornante, il 33% dei quali con un permesso di soggiorno per richiesta asilo (i restanti per protezione sussidiaria o con un permesso di soggiorno per motivi di lavoro).

Condizioni lavorative e accesso ai diritti

Dei 125 braccianti che hanno fornito informazioni sulla propria situazione lavorativa, 19 hanno dichiarato di non lavorare. Dei 106 braccianti con un impiego, il 62% era in possesso del contratto di lavoro (pari a 66 persone), solo nel 17% dei casi della durata di 1 anno, nei restanti casi di una durata compresa tra 1 e 5 mesi. Sebbene alcuni dei braccianti avessero un regolare contratto, spesso le condizioni di lavoro effettive ignoravano i vincoli contrattuali, con buste paga in cui le giornate lavorative registrate in un mese non erano mai superiori alle 15, a fronte di un impiego effettivo dai 5 ai 7 giorni settimanali, con una media di 8 ore di lavoro giornaliere. La paga giornaliera media ammonta a 35-45 euro, un aumento rispetto al passato (30 euro), in quanto la diminuzione della manodopera agricola disponibile ha costretto i datori di lavoro ad adeguarsi alle richieste dei lavoratori. La retribuzione, tuttavia, è nettamente inferiore a quella prevista dalla Confederazione Nazionale del Lavoro, che ammonta a circa 11 euro all’ora.

Conclusioni

Dal momento che la situazione nella Piana è “desolante” dal punto di vista medico-sanitario, socio-legale e umano, i medici del team MEDU che qui ha operato chiede a gran voce:

  1. Al Governo che si attuino le dieci azioni prioritarie previste dal “Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato”2, in modo da favorire l’accesso ad alloggi dignitosi e da garantire il trasporto dei lavoratori, la tutela degli stessi da sfruttamento e tratta, e da favorire l’accoglienza sul medio-lungo periodo per quel cospicuo numero di braccianti che intendono restare in Calabria al termine del lavoro stagionale;
  2. Alla Regione Calabria di promuovere soluzioni abitative dignitose e di potenziare il trasporto pubblico nella Piana di Gioia Tauro e nell’intera Regione e i servizi sanitari pubblici territoriale;
  3. Ai Comuni della Piana di promuovere pratiche di “abitare diffuso” e di coabitazione;
  4. Alla Questura di Reggio Calabria di ridurre i tempi di attesa per il rilascio o il rinnovo di tutti i permessi di soggiorno.

Scarica il rapporto completo in pdf

  1. Il testo integrale del report di MEDU: https://mediciperidirittiumani.org/report_terragiusta/
  2. Per approfondire il Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato, leggi qui: https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/immigrazione/focus-on/Tavolo-caporalato/Pagine/Piano-triennale-2020-2022.aspx

Rossella Marvulli

6/6/2022 https://www.meltingpot.org

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