Fora u G7. Prove di movimento verso Taormina

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Sabato e domenica scorsa si è tenuta a Palermo, nella Facoltà di Lettere appena occupata, una bella e partecipata assemblea con centinaia di militanti provenienti da diverse parti d’Italia e del mondo, oltre che dalle tante realtà di movimento siciliane: dalla Catalogna a Roma, da Napoli alla Valle di Susa, da Bologna ai Paesi Baschi. L’obiettivo comune è quello di lanciare la mobilitazione contro il G7 che si terrà a Taormina il 26 e 27 maggio, alla presenza dei rappresentanti di Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Germania, Francia, Italia e Canada. La parola d’ordine è per tutte e tutti è in dialetto siciliano: “Fora u G7″. Ma il carattere di questo movimento è tutt’altro che locale.

Arroccati sulla perla dello Ionio, i potenti della terra discuteranno in quei giorni di cyber controllo, smart cities e sicurezza delle città contro il terrorismo, ma anche di economia e politica su scala mondiale, come sempre con ripercussioni pesanti sulle condizioni di vita e anche di lavoro di tutte e tutti noi.

Il fatto che il G7 discuta di controllo e terrorismo è emblematico: una società sotto controllo e che ha paura è una società docile e mansueta che non osa ribellarsi. Allo stesso modo, nei posti di lavoro il controllo costante del padrone serve a reprimere il conflitto, prima che esso abbia modo di prodursi. Anche a questo servono il video-controllo, la precarietà e la cancellazione dell’art.18. Chi ha paura di essere licenziato, chi teme di non veder rinnovato il proprio contratto di lavoro, chi ha costantemente la preoccupazione di essere demansionato, mobbizzato e punito, non si ribella.

Parafrasando Foucault, precarietà, disoccupazione, Jobs act sono prigioni che servono a disciplinare.

Anche per questo, c’è uno stretto rapporto tra i temi discussi al G7 e le condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori, in Italia e nel resto d’Europa.

Che si chiami Jobs act o Loi travail la ricetta è la stessa: compressione salariale, indebolimento del contratto nazionale, aumento dell’età pensionabile, precarietà, maggiore possibilità di licenziare, privatizzazioni, tagli alla spesa sociale e demolizione della scuola e dell’università pubblica per mettere anche il sapere e la conoscenza nelle mani dei padroni.

A Taormina, i potenti della terra parleranno anche di tecnologia, con la stessa retorica propagandistica dell’industria 4.0. Quella che in Italia, si traduce in aumento dell’orario e dei ritmi, al punto tale che anche nei grandi stabilimenti industriali del paese, l’innovazione passa dallo sfruttamento sempre più pesante di chi lavora. Come alla Sevel, dove pochi giorni fa un lavoratore è stato costretto a urinarsi addosso in catena di montaggio. O alla Fincantieri, dove proprio da pochi giorni, nonostante un fatturato da capogiro, la direzione ha chiesto lo spostamento della mezz’ora di pausa mensa a fine turno, dando corso al pessimo contratto integrativo firmato l’anno scorso anche dalla FIOM.

Nel mondo del lavoro l’innovazione non passa dalla tecnologia ma dallo sfruttamento. Cyber controllo da un lato, condizioni di lavoro ottocentesche dall’altro. Così come smart cities da una parte, sviluppo arretrato e fatiscente del territorio dall’altra (viste anche le condizioni dei servizi pubblici e delle infrastrutture in particolare della regione che ospiterà il G7).

Una ragione in più per esserci nel percorso avviato a Palermo dalla assemblea di Lettere occupata. Il 25 e 26 maggio a Taormina sarà una occasione per dire NO alla politica economica globale dei 7 grandi della terra. In Italia, è una occasione per dire NO anche al Jobs act, alla Buona scuola, alla riforma Fornero e alla cancellazione dell’articolo 18, a tutte le leggi sulla precarietà e ai tagli ai servizi pubblici. Tutte leggi e riforme che sono passate in questi anni senza una vera e propria opposizione sociale nel paese, complici anche sindacati inermi e accondiscendenti.

A proposito di sindacati. I prossimi tre mesi saranno anche quelli dei referendum contro i voucher e gli appalti. Sarà bene partecipare alla campagna elettorale e provare a raggiungere il quorum e a vincerli. Ma i referendum non sono lo strumento con il quale si difendono né si riconquistano i diritti. I diritti si difendono e si riconquistano con le lotte.

Per questo è importante il movimento Fora u G7, compresa la proposta uscita dalla assemblea di costruire lo sciopero generale nei giorni del Summit di Taormina.

Da Palermo Eliana Como

1/3/2016 http://popoffquotidiano.it

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