Sabato #INSORGIAMO! Per questo, per altro, per tutto

Parallelamente alla crisi pandemica e allo scoppio di una nuova guerra in Europa, c’è chi non si è rassegnato al lassismo, o all’arruolamento dell’opinione pubblica in una campagna di distrazione di massa; e preferisce alle guerre fra poveri, o agli scontri d’inciviltà, l’impegno nelle lotte sociali.

Dallo sblocco dei licenziamenti deciso dal governo Draghi nella scorsa estate, infatti diverse multinazionali, soprattutto nel comparto automotive, hanno approfittato dell’assenza di tutele, per perpetrare licenziamenti in massa e la delocalizzazione di molti stabilimenti.

Alla speculazione predatoria di fondi finanziari, come nel caso di Melrose, proprietaria di GKN Driveline, si sono aggiunte criticità strutturali legate a ritardi nella riconversione produttiva, per intercettare la transizione ecologica; e nel breve periodo anche i rincari dei carburanti.

Proprio per la tenacia del Collettivo di Fabbrica exGKN e per la straordinaria solidarietà popolare, questa vertenza contro il licenziamento di oltre quattrocento fra lavoratrici e lavoratori dello stabilimento di Campi Bisenzio a Firenze è diventata un punto di riferimento di altrettante lotte sindacali, come Timken, Giannetti Ruote, Ita, Whirpool, Caterpillar, Ortifrutticola del Mugello e altre ancora, incontrate dagli stessi delegati sindacali nel loro INSORGIAMO!tour negli ultimi mesi, da Bari, a Bologna, passando per Taranto, Jesi, Genova, Cosenza, Lecce, Milano.

Ora, in una fase ancora incerta per il futuro di operaie ed operai dell’ormai ex-GKN, il Collettivo di Fabbrica chiama a raccolta per una mobilitazione nazionale sabato 26 marzo a Firenze, rilanciando lo slogan #INSORGIAMO! “Per questo, per altro e per tutto”.

Dall’appello alla piazza si legge infatti come si tratti di “una scadenza di lotta ‘per noi’, perché la vertenza GKN è tutt’altro che conclusa, la reindustrializzazione è tutta solo sulla carta” e il risultato riguarda “finora solo una vittoria parziale, che va resa irreversibile e generalizzata.

Non a caso infatti, quella che nei mesi scorsi è diventata la vertenza delle vertenze per visibilità e attivismo, oltre che per le vittorie sindacali con il ricorso giudiziario e con il rigetto dei licenziamenti, si pone la questione di mobilitare e rappresentare anche quelle voci frammentate e disorientate, che in varie parti del paese si battono per il riscatto sociale, ambientale, femminista, antifascista.

Il percorso del Collettivo di Fabbrica exGKN infatti ha mostrato capacità di autogestione e un ruolo di catalizzatore della partecipazione di studenti, artisti, lavoratori, reti di competenze, intelligenze collettive, una sorta di “embrione di società diversa”.

Proprio per “aprire un precedente virtuoso” perché “non c’è fabbrica salva in un paese che non lo è. (e) Nessuno si salva da solo” , la mobilitazione parte dal principio della convergenza delle rivendicazioni, per “sconfiggere tutte le delocalizzazioni, rimettere al centro la questione salariale, il carovita e bollette, la riduzione d’orario a parità di salario, l’abolizione del precariato, rivendicare un polo pubblico per la mobilità sostenibile. E rimettere al centro la condizione di lavoratori e lavoratrici incontrate in questi mesi, che siano del settore pubblico o privato, di quello industriale o scolastico, di trasporti, sanità, spettacolo, informazione, fissi, precari, in appalto, autonomi, migranti.

L’urgenza della mobilitazione è sotto gli occhi di tutti e basta riprendere i dati ISTAT nelle stime di crescita al ribasso del PIL italiano, pari al 3,8% nel 2022; con squilibri evidenti anche nell’anno precedente, in cui una crescita del 6,5% ha visto un incremento salariale appena dello 0,6%, a fronte dell’inflazione cresciuta del 1,9%. A questo si aggiunge la tragica fotografia dell’OCSE, che negli ultimi trent’anni registra come una crescita del PIL in Italia è stata accompagnata ad una contrazione degli stipendi del 3%, caso unico in tutta Europa, che invece ha provveduto a diffondere il fenomeno dei ‘lavoratori poveri’, cresciuti anche nella penisola dell’11% con cifre record persino dei precari, che secondo la Fondazione Di Vittorio superano le 3 milioni di persone, al pari dei lavoratori in nero.

Il corollario di questa convergenza è quindi l’ulteriore tentativo di ‘cambiare i rapporti di forza’ per diventare ‘maggioranza sociale’. Perciò, nell’ambito della più ampia congiuntura negativa del settore automotive, in un contesto di crisi climatica, una delle prime mosse è stata la saldatura con il movimento Fridays For Future, ribadendo che la tutela di ambiente e salute – anche sul posto di lavoro – non è in contrasto con le istanze operaie e con la necessaria riconversione ecologica.

La stessa ovvia combinazione di giustizia climatica con quella sociale si ritrova nello slogan dello sciopero di FFF per il prossimo venerdì, che rilancia la priorità sulle “Persone Non Profitti”.

Secondo la piattaforma condivisa da FFF Firenze con il Collettivo, non è possibile portare avanti una vera transizione ecologica, mentre milioni di persone – per povertà salariale o per precarietà – sono concentrate sulla propria sopravvivenza economica, sono sotto ricatto lavorativo o non hanno alcun orizzonte, se non lottare per il proprio contratto in scadenza.

Ad essere profondamente inquinato è dunque l’attuale modo di produzione e consumo, uno sviluppo sociale che tutt’oggi altera e peggiora la vita delle persone, contaminando il loro rapporto con il lavoro, la precarietà, la sanità, la mobilità, con l’ambiente e con la cura dell’altro, perciò è dal suo cambiamento radicale che bisogna ripartire.

La ripresa dello slogan partigiano della Brigata Sinigallia invoca infatti l’indignazione e la rivolta contro un sistema iniquo, un periodo buio che sembra non finire.

L’accaparramento di materie prime in un sistema di capitalismo predatorio combina così lo sfruttamento di risorse e di persone, con nuove mire dell’imperialismo espansionista, tanto da vedere nelle campagne militari in corso da anni un nesso con la geopolitica ‘fossile’ di potenze esportatrici di energia da fonti esauribili, spesso legate a regimi autoritari o di governi instabili – come in Russia, Libia, Siria, Arabia Saudita, solo per fare alcuni esempi.

La data di sabato 26, con ritrovo alle 14.30 al parco delle cascine di Firenze, a differenza delle mobilitazioni precedenti, non nasce in risposta a qualcosa. Sebbene in Italia si viva da anni in perdurante stato d’emergenza, la scelta del giorno è anzi rivendicata come volontaria, proprio per uscire dai calcoli delle iniziative prese sopra le teste delle persone; e viene rilanciata chiaramente dal monito, per cui “non bisogna sentire solo il rumore dell’albero che cade, ma cogliere il suono del sottobosco che cresce”.

Tommaso Chiti

INFO:

https://26marzo.org/?fbclid=IwAR1wJOf4Vn88sjD4-bTKP_XRPodj5ujKnQSFfYGpzM0Qqc94_QnXTynG7pw

23/3/2022 https://transform-italia.it

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