Salute mentale e riabilitazione

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Dal “manicomio” al socio-sanitario, dalla legge “180” alla rete delle leggi e norme e delle strutture nei Dipartimenti di Salute Mentale. Trattandosi di una Legge quadro ogni Regione ha prodotto leggi di applicazione delle norme ed articoli sulla psichiatria in modo diversificato.

La REGIONE PUGLIA nel 1999 aveva elaborato il ” Progetto Regionale per il miglioramento dell’assistenza a favore dei soggetti affetti da malattia mentale”, articolato in 5 sottoprogetti fra cui “Valutazione della qualità delle residenze psichiatriche” strutturato da 2 Coordinatori e Responsabili Scientifici (F. Picoco, D. Semisa) e da un Gruppo Regionale, costituito da un referente per ogni DSM (formati all’uso degli strumenti per la valutazione) e dall’Osservatorio Epidemiologico Regionale. Dai risultati emersi nel progetto di valutazione delle strutture riabilitative del 2002/2003, in cui furono valutate tutte le strutture riabilitative pugliesi (ai sensi della LR 244/97), si è evidenziato una dimissibilità molto bassa, soprattutto dalle strutture a più elevata intensità assistenziale (CRAP). Dalla analisi dei dati del progetto di valutazione qualitativa della attività nelle strutture riabilitative i fattori che intervengono sono molteplici, con le stesse strutture che diventavano case per la vita (ricoveri ultra decennali):

1 dare priorità alle attività interne (gestione di sé, della casa, dei laboratori); difficoltà a realizzare attività esterne;

2 raggiungere abilità relazionali e sociali prevalentemente nel grande gruppo della struttura;

3 scarse possibilità di reinserimento sociale in contesto non protetto e dubbi sul mantenimento delle abilità, anche in famiglia.

4 gli operatori, spesso, non hanno ricevuto una adeguata formazione;

5 una non trascurabile percentuale di pazienti con disturbi mentali gravi non ottiene miglioramenti apprezzabili, nonostante un trattamento ottimale, l’impegno degli operatori e quali che siano stati i programmi riabilitativi;

6 non è possibile valutare se un eventuale miglioramento funzionale sia frutto di capacità e motivazioni autonome o di un intervento di tipo esclusivamente assistenziale, senza il quale non sarebbe possibile mantenere le abilità raggiunte; vi è il rischio dell’abbandono.

I dati ottenuti dimostrano che: le SR ospitano i pazienti che in passato venivano ricoverati negli ospedali psichiatrici

. con maggiori disabilità
. con disturbi psicopatologici gravi
. con patologie e disabilità insorte in giovane età, non coniugati
. che non svolgono alcun lavoro
. che percepiscono pensione di invalidità civile
. con comportamenti aggressivi e disturbanti.

Le famiglie per i loro congiunti desiderano una sistemazione che preveda maggiore supervisione clinica e assistenziale, che porta quasi inevitabilmente a iperprotezione e scarsa autonomizzazione. Nella Regione poi si era diffuso un fenomeno, il così detto “vuoto per pieno”, cioè il pagamento dei gestori delle strutture a convenzione, con una somma che era indipendente dal numero di pazienti presenti; né vi era una determinazione del fabbisogno di posti nelle strutture. Elevato il rischio di neo-istituzionalizzazione, accompagnato da costi elevati della “riabilitazione” psichiatrica.

La Regione ha quindi elaborato altre leggi e regolamenti nell’ambito della Salute Mentale e della Riabilitazione. E’ stato determinato il fabbisogno di posti letto residenziali (Regolamento Regionale 3/2006). Il Regolamento n.11 del 2008, ha introdotto il limite temporale di 18 mesi rinnovabili di altri 18 mesi di permanenza nelle CRAP; veniva deciso il pagamento a retta e venivano stabilite le rette pro capite/die per tipologia di struttura. Con la DGR 45/2015 si istituivano le “Residenze assistite”. Veniva anche approvato il “Regolamento Regionale per assistenza riabilitativa psichiatrica domiciliare e territoriale assicurata dal privato istituzionalmente accreditato”. Sul piano legislativo la “RETE” della riabilitazione si è andata meglio strutturando e definendo, così che sono aumentate le possibilità di intervento, di trattamenti e di aiuto ai pazienti affetti da gravi patologie psichiatriche e alle loro famiglie. Il territorio è stato messo al centro delle azioni per la tutela della salute mentale (LR 23/08), “garantendo un ventaglio di opportunità per raggiungere l’obiettivo di realizzare l’inclusione sociale, l’inserimento lavorativo e la riacquisizione dei diritti di cittadinanza”. Ma non ci sono stati altri progetti di valutazione qualitativa delle strutture psichiatriche, esistono invece dati sui costi, anche su quelli delle strutture socio-sanitarie (2016).

CENTRI DIURNI Funzionanti: 38; utenti inseriti circa 600; fabbisogno da Regolamento Regionale 3/2006: un centro diurno per ogni distretto fino a 50.000 abitanti + un centro diurno oltre i 50.000 di almeno 30.000 abitanti; retta (aggiornata con la DGR n.2325 del 3-12-2013 ) pro capite e pro die:  € 80,67 con mensa e trasporto; senza: € 62,27 (Spesa complessiva max 17.666.730 euro circa/anno)

GRUPPI APPARTAMENTO fabbisogno da RR 3/2006: 1 posto letto ogni 10.000 abitanti. Retta (aggiornata con la DGR n.2325 del 3-12-2013 ) pro capite e pro die: € 60,18. Funzionanti 43; utenti inseriti 125 (Spesa complessiva 2.745.712 euro circa/anno).

CRAP funzionanti 69; utenti inseriti 860. Fabbisogno da RR 3/2006, 3 posti letto ogni 10.000 abitanti; retta (aggiornata con la DGR n.2325 del 3-12-2013) pro capite e pro die: € 162.50 (spesa complessiva 50.310.000 euro circa/anno).

COMUNITA’ ALLOGGIO Funzionanti 32; utenti inseriti 289; fabbisogno da RR 3/2006: 0,75 pl ogni 10.000 abitanti retta (aggiornata con la DGR n.2325 del 3-12-2013) pro capite e pro die: € 99,37 (spesa complessiva 10.482.044 euro circa/anno).

Il costo attuale della riabilitazione psichiatrica residenziale e semiresidenziale nella nostra Regione arriva a circa 81.204.486 euro che si stima pari a circa il 60% di quello totale che la Regione destina alla salute mentale e che fa avvicinare l’impegno di spesa al 5% della spesa sanitaria complessiva. La “RETE” della riabilitazione è articolata e diversificata, ma la spesa risulta ancora sbilanciata a favore delle strutture a più elevata intensità assistenziale: il numero di pazienti nelle strutture riabilitative residenziali psichiatriche è = 1274 (nel 2003 erano 1325), di cui 860 nelle CRAP. Ciò, nonostante gli sforzi dei Dipartimenti di Salute Mentale della ns Regione, impegnati a ridurre il numero di posti letto nelle CRAP, per adeguarsi al fabbisogno determinato dalla Regione, rispettando i limiti temporali di permanenza nelle CRAP, sempre determinato dalla Regione, che è di 18 mesi rinnovabili di altri 18.

Se teniamo conto che altri 600 pazienti sono collocati nelle strutture Semiresidenziali, il n. totale dei pazienti trattati sale a 1874; non si hanno dati certi sul numero di pazienti nelle residenze assistite né dei trattamenti riabilitativi domiciliari; sappiamo poi che il numero di pazienti “psichiatrici” over 65 anni che sono transitati nelle strutture socio-sanitarie è almeno uguale a 471.

Negli ultimi anni in Puglia si sono “sviluppate” le “Case per la Vita”, tipologia di strutture collocate nel socio-sanitario. Sono nate con la Legge Regionale n. 26/2006 art.9 e il loro funzionamento è stato disciplinato con il successivo Regolamento Regionale n. 4/2007 art. 70. Le “Case per la Vita” sono state realizzate per utenti cronici ma con sufficiente capacità di autonomia, senza famiglia o senza concrete possibilità di rientrarci, senza casa propria e con non convenienza a vivere soli: 328 sono i pazienti inseriti nelle “Case per la Vita”, molti i dimessi dalle CRAP, alla scadenza dei 36 mesi, ma senza sapere se hanno realmente raggiunto un sufficiente grado di autonomia (il sospetto è che si rispettino gli aspetti formali: dimissioni dopo i 36 mesi di permanenza in SR).

La retta nelle “Case per la Vita” è: per quelle a bassa intensità (copertura con operatori h12): €69,31; per quelle a media intensità (copertura con operatori h24): €109,47. Queste ultime stanno aumentando sempre più.

Non si hanno dati certi su quanti pazienti riabilitati sono rientrati nelle loro famiglie, né su quanti sono stati re-inseriti nel mondo del lavoro, capaci di vivere autonomamente.

Riflessioni su ruolo-organizzazione-gestione delle SR: che fare per favorire un minor bisogno di strutture riabilitative residenziali h24 e favorire la dimissibilità da queste?

. Ovviamente potenziare le strutture territoriali, forse, equivarrebbe a ridurre i posti letto nelle SR (De Girolamo et al. –PROGRES 2002) attraverso una presa in carico “forte” dei casi gravi, incentivando la semiresidenzialità o forme di residenzialità meno protette, la fattibilità di Progetti Riabilitativi Domiciliari, ecc.;

. selezionare gli utenti secondo criteri di inclusione-esclusione attenti ad evitare ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza, selezionare gruppi omogenei di pazienti, monitorare accuratamente il decorso clinico.

Le SR devono garantire prevalente finalita’ riabilitativa (non assistenziale):

. trattamenti intensivi erogati da personale opportunamente formato

. ad utenti giovani (fino a 50 aa), con disturbi psicotici in fase produttiva; disturbi di personalità

. che hanno indicazione a psicoterapia e terapia riabilitativa (oltre psicofarmacoterapia), che possano essere complianti e con buone possibilità di miglioramento della sintomatologia e buone possibilità di riacquisizione delle abilità sociali e dell’autonomia.

Possibilità di individuare utenti con indicatori predittivi di dimissibilita (“Le SR e i loro ospiti”. Pensiero Scientifico Editore. De Girolamo et al.,2004”):

. nessun ricovero in op (in Puglia chiusi negli anni 1998/2000)

. dotati di valido supporto sociale all’esterno

. punteggio medio SOFAS (scala che misura il funzionamento psico-sociale) elevato

. minor tempo di permanenza in SR (soglia critica: 1 anno; poi le probabilità di dimissione si riducono significativamente)

. utente di SR pubbliche

Individuare d’altro canto i fattori predittivi per avviare gli utenti verso strutture a prevalente finalita’ socio-assistenziale, favorendo la possibilità’ di gestione dal sanitario al socio-sanitario. Utenti in età avanzata con elevati livelli di disabilità e cronicizzazione della patologia, deficitarietà cognitive, bassa autonomia, necessità di assistenza: favorire l’inserimento in comunità protette, RSA. Oppure se si tratta di utenti cronici con sufficiente capacità di autonomia ma, dopo la dimissione dalle strutture riabilitative non hanno possibilità di rientrare in famiglia o casa propria, favorire l’inserimento nelle “CASE per la VITA”.

Per raggiungere l’obiettivo della dimissione e del reinserimento sociale, fondamentale è l’attenzione che nelle strutture va posta alla rete sociale, alla “formazione” degli operatori, alla cultura della “valutazione”.

La “valutazione nelle strutture” richiede:

. disponibilità di documenti scritti (registro di monitoraggio per eventi sentinella positivi e negativi, cartelle personalizzate);

. piano assistenziale riabilitativo scritto;

. strumenti standardizzati per valutare la situazione clinica e le disabilità del paziente attraverso varie scale, tipo WHOQOL (world health organization quality of life), FPS (scala di funzionamento personale e sociale), VADO, ecc..;

. schede per la qualità strutturale e organizzativa delle SR e la qualità dei processi assistenziali;

. il monitoraggio del soddisfacimento degli ospiti; dei loro famigliari; degli operatori;

. la presenza di operatore di riferimento stabile per ogni paziente.

La “valutazione” diventa strumento indispensabile per avviare percorsi di Miglioramento Continuo della Qualità (MCQ), per creare un clima organizzativo terapeutico e per tentare di evitare processi di cronicizzazione.

La “formazione” degli operatori deve essere non solo tecnica-professionale e teorica, ma sul campo, per operatori inseriti come persone in un gruppo e in un setting terapeutico, in una equipe multiprofessionale e in un “sistema” i cui confini non devono essere rigidi, ma sufficientemente permeabili ai sistemi esterni per ri-abituare le persone da riabilitare a corretti rapporti di relazione con sé rispetto agli altri, sapendo di essere parte di una “rete” sociale e interpersonale.

CONCLUSIONI

Una occhiata ai dati del progetto Regione puglia del 2003 “Valutazione della qualità delle residenze psichiatriche”; tempo di permanenza nelle strutture e dimissioni (2003), risultati:

. nel 62% delle SR non esistono limiti predefiniti di permanenza

. il 52,6 % dei pazienti e’ ospite da piu’ di 3 anni e il tasso di dimissione e’ basso, nell’ultimo anno 1/3 delle SR non aveva dimesso pazienti;

. nel 68% delle SR e’ stato dimesso 1 paziente (media progres nazionale: 69,7% delle SR)

. bassa (15,8%) e’ la percentuale di dimissione verso strutture a protezione inferiore (media nazionale: 35,6%)

La dimissione non necessariamente implica una uscita dal sistema assistenziale e infatti, la destinazione dei pazienti dimessi dalle SR pugliesi (%) nel 2003 è:

. Famiglia 32,90%

. Casa propria 18,40%

. SR a minore protezione 15,80%

. SR a uguale protezione 15,80%

. SR a protezione più elevata 4%

. Case di riposo 8,00%

. Altro 5%

I dati del 2003 sembrano indicare che la possibilità di neo-istituzionalizzazione sia rischio reale nelle strutture riabilitative.

Oggi la “RETE” della riabilitazione psichiatrica rende teoricamente il trattamento quanto più possibile flessibile e personalizzato: Territorio (CSM/ SPDC) / Riabilitazione domiciliare / Centro diurno / Gruppo appartamento / Residenza assistita / Comunità alloggio / CRAP.

E’ necessario poter avere informazioni attendibili sulla popolazione ricoverata nelle strutture e sulla qualità dei percorsi riabilitativi.

. Vi sono ancora rischi di ricoveri inappropriati?

. Vi sono chiari criteri di inclusione-esclusione per ospitare gruppi omogenei di pazienti? Vi è la possibilità di un loro adeguato monitoraggio? Quale è l’indice di “turn-over”?

. Quali le problematiche relative alla formazione degli operatori?

Queste sono alcune delle aree critiche su cui avviare una riflessione al fine di favorire processi di miglioramento continuo della qualità assistenziale e della vita all’interno delle SR e favorire le dimissioni. Oggi però, anche quando si riesca a dimettere dalle strutture pesanti, la domanda è: quali dimissioni? La “RETE” della riabilitazione psichiatrica consente di raggiungere realmente l’obiettivo dei trattamenti riabilitativi che (DGR 45/2015) “non è solo la remissione dei sintomi, ma soprattutto l’inclusione sociale, l’inserimento lavorativo e il recupero di una piena cittadinanza dei pazienti e consentire ad ogni persona di avere relazioni sociali ed affettive, l’abitare, il lavorare”? Bisognerebbe avviare e realizzare altri progetti nazionali e/o regionali di valutazione qualitativa delle strutture psichiatriche, che diano attuali informazioni sul complesso sistema della riabilitazione psichiatrica e che ci dicano se è ancora attuale il rischio della neo-istituzionalizzazione nelle strutture! Sembra esserci però un rischio meno chiaro, più sottile e strisciante che è quello di tenere dentro il sistema della “salute mentale” le persone, protette sì, ma in un insieme di “scatole cinesi” che non danno la libertà. Il processo di chiusura dei manicomi non significa la fine di tutti i contenitori della sofferenza e dell’esclusione.

Fulvio Picoco

Psichiatria
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

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