Sanità, il degrado del servizio nazionale nella ricerca del Censis. Cgil: “Il fatto che milioni di italiani rinuncino alle cure per motivi economici, mentre chi può si rivolge al privato, sono la conferma ulteriore di un’emergenza sociale che non può essere ignorata”

Gli italiani bocciano il Ssn. Il 38,5% ritiene che la sanità della propria regione sia peggiorata negli ultimi due anni, nel 2011 la pensava così il 28,5%. Per il 56% è rimasta uguale e solo il 5,5% ritiene la sanità regionale migliorata. Sempre più scontenti, i cittadini sono pronti a partire: 1,2 milioni italiani si sono curati all’estero per un grave problema di salute. E’ quanto emerge dalla ricerca Rbm Salute-Censis sul ruolo della sanità

integrativa, presentata al IV ‘Welfare Day’. Ovviamente, nelle regioni con Piano di rientro i cittadini che ritengono peggiorata la sanità schizzano al 46,8%, rispetto al 29,3% delle altre.

Crollano dal 57,3% del 2011 al 44,4% del 2014 gli italiani che giudicano positivamente la competenza delle Regioni sulla sanità. Nella visione dei cittadini esiste un nesso diretto tra la ristrutturazione della sanità imposta dai vincoli economici e l’abbattimento della qualità dei servizi. Infatti, nelle regioni alle prese con Piano di rientro è solo il 38,9% dei cittadini ad avere un giudizio positivo sul ruolo istituzionale e amministrativo delle

Regioni, rispetto al 50,3% nelle altre.

Gli italiani,poi, sono costretti a scegliere le prestazioni sanitarie da fare subito a pagamento e quelle da rinviare oppure non fare. Ormai il 41,3% dei cittadini paga di tasca propria per intero le visite specialistiche anche in conseguenza dell’aumento della spesa per i ticket che ha sfiorato i 3 miliardi di euro nel 2013, pari al +10% in termini reali nel periodo 2011-2013. Se si vogliono accorciare i tempi di accesso allo specialista

bisogna pagare: con 70 euro in piu’ rispetto a quanto costerebbe il ticket nel sistema pubblico si risparmiano 66 giorni di attesa per l’oculista, 45 giorni per il cardiologo, 28 per l’ortopedico, 22 per il ginecologo.

“Il fatto che milioni di italiani rinuncino alle cure per motivi economici, mentre chi può si rivolge al privato, sono la conferma ulteriore di un’emergenza sociale che non può essere ignorata”, commenta il responsabile Politiche della Salute della Cgil Nazionale, Stefano Cecconi.

Secondo il dirigente sindacale “trenta miliardi di tagli lineari, in 5 anni, e troppi ticket hanno danneggiato il Servizio sanitario nazionale pubblico. Così il diritto alla salute e alle cure non è più assicurato a tutti, soprattutto nelle regioni sottoposte a piani di rientro. L’eccessivo peso dei ticket, oltre a far male ai cittadini, ha ridotto le entrate per il Servizio sanitario e favorito il privato”.

Inoltre, aggiunge Cecconi, “il Patto della Salute, che sembra finalmente in dirittura d’arrivo, deve partire da qui e mettere in sicurezza il nostro Servizio sanitario, come un patrimonio pubblico irrinunciabile: deve ricostruire un finanziamento adeguato, dopo la stagione dei tagli lineari e mantenere i risparmi della spending review nel sistema sanitario, per restituirli ai cittadini con più servizi e meno ticket. Di fronte a milioni di persone che rinunciano a curarsi, non basta rendere il sistema più equo, serve e conviene abolire i ticket, con una vera e propria ‘exit strategy’. Anche così – conclude – salviamo il diritto alla salute”.

Fabrizio Salvatori 

17/06/2014 www.controlacrisi.org

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *