Sanità, lo sciopero di massa dei medici.

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Siete veramente arrabbiati stavolta?
Forse per la prima volta i medici dipendenti e i medici convenzionati, professionisti del servizio sanitario, decidono di mettersi insieme per lanciare un grido di allarme sul presente e sul futuro della sanità pubblica. Mi sembra che questo dica tutto della fase che stiamo attraversando. Oggi non solo la sanità pubblica si trova stretta tra conflitti istituzionali, ma c’è anche un definanziamento progressivo che, nonostante quello che dicono, ci ha confinato all’ultimo posto per spesa pubblica tra i paesi dell’Ocse, e con risultati di gran lunga migliori. Occorre, dall’altro lato far fronte a una sofferenza dei cittadini che hanno a che fare con una diminuzione della qualità e della quantità dei servizi e magari con un aumento delle tasse locali per far fronte al deficit della sanità. Credo che in questa miscela i medici vogliono sviluppare una azione di difesa, che deriva dal loro ruolo di garanzia sia verso lo Stato, della qualità delle prestazioni, che verso i cittadini dell’efficacia delle prestazioni. In fondo si tratta di un elemento di quella passione civile che dal ’73 ci anima.

La sanità oggi è un mero calcolo di costi? 
I medici che si trovano ridotti a macchine banali dentro aziende sanitarie votate al puro controllo dei costi, a fattori anonimi amministrati, controllati e sanzionati come se dovessero lavorare non soltanto secondo scienza su coscienza ma secondo i protocolli di Stato e secondo le norme che decide il Governo o la Regione di turno. Credo che questo è uno di quei momenti in cui i cittadini devono pretendere che si dica chiaramente quale idea hanno le istituzioni della tutela della salute di questo paese, che idea hanno dell’articolo 32 della Costituzione , e di un servizio sanitario pubblico e nazionale che oggi è disarticolato in ventuno servizi diversi, non solo per l’organizzazione ma anche per l’efficacia delle le procedure e per l’efficienza, costringendo ogni anno un milione di cittadini a muoversi dal sud al nord per trovare un risposta alla domanda di salute.

E tuttavia la vostra protesta è davvero inedita…
Quello che noi vogliamo con questa azione che ha del clamoroso è in qualche modo mettere il governo di fronte alle proprie responsabilità che dica chiaramente se la sanità pubblica è un lusso per questo paese che non possiamo permetterci malgrado ripeto la spesa che è la più bassa d’Europa, e malgrado, contemporaneamente compra armi da guerra senza dichiarare guerra a nessuno, o se vuole lasciare il cerino acceso in mano ai medici che mettono la loro faccia davanti alla rabbia dei cittadini che hanno una domanda di salute non soddisfatta. Intanto, le risorse anche quelle umane, pensiamo al mancato turn over o al precariato che dilaga,  vanno in diminuzione.

Sembra di capire che i medici vogliono giocare un ruolo più vicino alla lotta dei cittadini. Lo sciopero è stato proclamato con molto anticipo, però. Sperate in una composizione dello scontro?
Noi siamo convinti che la sorte del servizio sanitario pubblico e quindi della esigibilità del diritto alla salute dei cittadini non è separabile dalla sorte dei medici pubblici. Siamo convinti che le due cose o si tengono insieme o insieme andranno a cadere. Noi chiediamo attenzione e rispetto. Vogliamo un interesse della politica rispetto ai problemi della salute almeno pari a quella che ha manifestato rispetto a quello della scuola. Se prendiamo alla lettera quello che ha detto il presidente del Consiglio sul fatto che il futuro dei nostri figli dipende dagli insegnanti che trovano sulla loro strada, è vero che la loro salute dipende anche di medici che trovano sulla loro strada. Il problema della distanza della proclamazione rispetto alla data dello sciopero è per evitare l’affollamento delle proteste, quindi motivi tecnici. Vogliamo preservare un nostro spazio perché crediamo che la tutela della salute abbia un valore intrinseco anche superiore a quello che riguarda le richieste di alcune categorie.

Renzi dice che non ha tagliato il fondo per la sanità.
Si può giocare con le parole. Ma se questo governo ha previsto non più tardi di un anno fa un finanziamento di 113 miliardi per la sanità pubblica ritenendolo adeguato alle necessità è ovvio che quando questo finanziamento scende a 111 possiamo chiamarlo come ci pare ma è una diminuzione dell’apporto dello Stato alla sanità pubblica di due miliardi. In quello che resta dei 110 miliardi, che è la stessa spesa del 2014, occorre trovare lo spazio per i contratti, le convenzioni, la stabilizzazione dei precari, la nuova occupazione, a causa del blocco del turn over, per far fronte alle liste di attesa.

Un altro dei misteri è quello dell’appropriatezza delle ricette mediche.
L’appropriatezza è fare la cosa giusta per il paziente al momento giusto. E non c’è dubbio che oggi qualcuno può ritenere che il numero delle ricette è eccessivo anche se non precisa rispetto a quale standard. Il fatto grave è che la politica intende di definire i criteri dell’appropriatezza medica e imporle al medico, che quindi si vede in qualche modo limitato e impedito. Il rapporto con il paziente si rompe perché se oggi non prescrivo un esame ad un paziente questo penserà che non lo ritengo necessario mentre domani se non lo prescrivo, quell’esame, il paziente penserà che il medico ha paura di essere sanzionato; per cui compromette la tutela della salute di quel paziente e il rapporto si rompe. Questa vicenda è uno di quegli esempi curiosi di come questo paese intende risolvere tutto ciò che attiene alla erogazione della sanità in un unico modo, sanzionando i medici, intimidendoli. Così non otterranno nessuno risultato. I migliori risultati si otterranno con i medici e non contro di loro, con le loro competenze e con i dati della clinica e non con quelli dell’amministrazione.

Vi sentite tutelati dalle Regioni che trattano con Renzi.
Tutelati assolutamente no. Il conflitto che si è aperto tra Regioni e Governo attiene a una pura questione di finanziamento che lascia ai margini il problema delle risorse umane e dei professionisti e del capitale umano. Le regioni sbagliano a ritenere che con un incremento di finanziamento vada tutto a posto in maniera automatica, come dire ‘dateci più soldi e non ci chiedete come li spendiamo’. Il Governo sbaglia a ritenere che si possa rimanere un livello basso di finanziamento mantenendo senza mettere in crisi i risultati che abbiamo avuto. Questa idea autoreferenziale di vedere nella sanità solo un contenitore di costi da comprimere quanto più è possibile senza valorizzare l’aspetto dell’investimento visto che la filiera dell salute vale 12 miliardi, e il capitale sociale, nei confronti del cittadini è la cosa più allarmante. Si confontano e si scontrano non solo sulla pelle dei cittadini ma anche sulla pelle dei medici. Tutti e due pensano che in questa ottica il medico è un fattore da marginalizzare, un autonoma a cui occorre semplicemente dire cosa devono fare.

Fabio Sebastiani

6/11/2015 www.contr0lacrisi.org

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