Sanità pubblica: BORNOUT (Bruciarsi)

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Con la pandemia sono peggiorate le condizioni di lavoro, lo stress e l’insoddisfazione del personale infermieristico. In Italia il 36% degli infermieri dichiara di voler lasciare il luogo di lavoro entro 12 mesi; di questi il 33% dichiara di voler lasciare la professione.Personale medico e infermieristico che scappa dai pronto soccorso sempre più stracolmi di pazienti.

Le riforme sanitarie orientate al controllo della spesa e al rafforzamento delle cure territoriali hanno avuto come effetto la riduzione dei posti letto per gli ospedali, che devono concentrarsi sul trattamento delle malattie acute, alla riduzione delle giornate di degenza e un sensibile aumento della complessità assistenziale dei pazienti ricoverati.

I tagli alla spesa sanitaria hanno interessato in primo luogo le risorse umane che già da tempo soffrono una carenza cronica. Con l’avvento della pandemia molte risorse economiche sono state impiegate per l’assunzione di personale sanitario in un sistema fortemente provato dalla carenza di organici, ma resta comunque il dato dell’OMS dove si prevede – entro il 2035 – una carenza di operatori sanitari di circa 12.9 milioni dove gli infermieri rappresentano una elevata percentuale. (A. Tavolaro-Nurse24).

Carenza di personale, mancanza di posti letto, difficoltà organizzative hanno fatto aumentare i casi di BURNOUT (bruciarsi) che viene rappresentato tra medici e infermieri nel peggiore dei sintomi “DISINTERESSE VERSO I PAZIENTI” cosi viene definito da Andrea Filippi, segr. Naz. FP CGIL MEDICI.

Le cause sono molteplici, l’individualismo, la gestione manageriale della sanità, il profitto,

Lo scarso riconoscimento professionale ed economico.
Ormai lavoriamo come catene di montaggio, con aumento dei carichi di lavoro, burocrazia e così facendo ci allontaniamo dalla cura verso i pazienti.

La formazione universitaria di medici ed infermieri è molto distante dalla realtà in cui viviamo. La cura non è soltanto per i medici prescrivere farmaci e per gli infermieri somministrare, ma va aldilà e se non capiamo questo, le professioni sanitarie saranno sempre più estranee al lavoro di cura.
Bisogna investire nella prevenzione e nella medicina territoriale dove team di medici, infermieri assistenti sociali operino insieme.

Le risorse del PNRR del governo Draghi che destina alla sanità sono appena una ventina di miliardi dei quali una parte andrà alla medicina territoriale e una piccola parte agli ospedali, se pensiamo invece che questo governo aumenta la spesa per gli armamenti, bisognerebbe investire invece nella riorganizzazione del SSN, abolendo per esempio i tanti servizi sanitari regionali e riportando a livello centrale la gestione della sanità pubblica con persone che capiscano di sanità e non con politici che non capiscono niente.

Ricordiamoci anche che il contratto della sanità pubblica è scaduto da 4 anni e ancora si discute nelle trattative sindacali, senza coinvolgere i lavoratori, di aumenti economici irrisori con scarsa volontà da parte del governo di dare un giusto riconoscimento a quelli che una volta erano eroi e oggi sono manovalanza a basso costo.

Giuseppe Saragnese

Infermiere ASST-PG23 Bergamo

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