Scritto ad Arte col proprio sangue

…Mai come oggi si è parlato tanto di civiltà e di cultura, quando è la vita stessa che ci sfugge. E c’è uno strano parallelismo tra questo franare generalizzato della vita, che è alla base della demoralizzazione attuale, e i problemi di una cultura che non ha mai coinciso con la vita, e che è fatta per dettare legge alla vita.” (Antonin Artaud)

Dopo vernici lavabili e zuppe o sughi di varia natura, a colpire opere museali arriva infine il rosso dell’autentico sangue. Prodotto genuino e naturale come lo era la famosa merda d’artista di Manzoni. DEMILITARIZZARE IL MONDO scritto col sangue sgorgante dalle ferite al petto dell’artivista Alessandro Giannetti è stata la performance che chiudeva lo sconcertante episodio dell’allontanamento dei collettivi DadaBoom e SuperAzione dalla mostra “Giacomo Verde. Liberare Arte da Artisti” inaugurata il 25 giugno 2022 al CAMeC Centro Arte Contemporanea di La Spezia.

Ad andarci di mezzo questa volta non un’opera ma una parete bianca del museo. Se causa delle polemiche e incomprensioni, che hanno portato alla fatidica espulsione dei collettivi, sembra essere stata una precedente performance che ha procurato un buco nel muro (l’azione consisteva nel prendere a pugni con guantoni da box il muro a loro concesso, dove campeggiava la scritta Demilitarizzare La Spezia fatta con semplice tempera lavabile e che aveva il significato di ricordare alcuni episodi verificatesi in città), restaurato e cancellata la scritta, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata il nuovo tipo di danneggiamento, di per se non più grave del precedente, ma di una valenza simbolica che evidentemente, questa sì, eclissava il rimprovero mosso agli artivisti di fare cose scontate e, in definitiva, già viste. Da qui la denuncia con la conseguente condanna del compagno “Alessandrone” a 3 mesi di carcere commutati in una pena pecuniaria di 3.357 euro. (1) E lo stesso Alessandro racconta su FB che a rattristarlo maggiormente è stato “il fatto che questi episodi, di censura e oscurantismo prima, e di repressione poi, sono avvenuti in una mostra riguardante Giacomo Verde, che fino al suo ultimo respiro ha sempre preso le distanze, combattendo, da queste dinamiche di cui le istituzioni sono intrise. Istituzioni che hanno sempre ignorato e escluso Giacomo in vita e che ora che è morto, solo e povero, lavorano per appropriarsi del suo genio o meglio di ciò che riescono a capire del suo genio.”

Un piccolo fatto forse, una lieve condanna. Viene da pensare ad altri tempi in cui il potere non si sognava di scandalizzarsi per un fallo gigante, con tanto di eiaculazione di fuochi d’artificio, dello scultore Jean Tinguely, sul sagrato del Duomo di Milano nei caldi anni Settanta. Sembrerebbe che oggi il potere sia più intimorito e debba perseguire anche la più piccola manifestazione di dissenso. Oppure, al contrario, non teme più di mostrare la propria capacità di prevaricazione e repressione al di là del tanto declamato stato di diritto. Che nessuno possa pretendere di insegnargli illegalità alcuna. Otto mesi da scontare in carcere a Cecca, attivista No Tav che ha avuto il torto di voler mostrare uno striscione in solidarietà con un’altra militante sotto processo. La Pm “punta il dito sul ‘clima festoso’ del presidio a indicare la pretestuosità della presenza del movimento”. C’è poco di che far festa in una situazione che vedeva condannare una donna vittima di abusi sessuali da parte della polizia. (2) È, in effetti, un mondo che gira a rovescio. E poi quella giovane donna, la Marcucci, ma “l’avete vista Marcucci, col suo passo marziale, quell’andatura aggressiva…” (3) tuona un’altra Pm al processo contro Eddy Marcucci partigiana combattente in Rojawa. Unica donna tra il gruppo di inquisiti, unica condannata alle restrizioni della sorveglianza speciale. Il potere è Dada e ce lo ha ben dimostrato inchiodando la ricercatrice dell’Università Ca’ Foscari di Venezia Roberta Chiroli alle proprie responsabilità, sporcando la sua fedina penale con una condanna a due mesi per aver usato la parola “noi” nel descrivere una manifestazione No Tav nella propria Tesi di Antropologia Culturale. (4) Piccoli fatti, piccole angherie si dirà. Ma forse sono questi piccoli fatti, in gran parte misconosciuti, a rendere possibile quel vero e proprio abominio del caso Cospito. Se pensiamo alla strage norvegese di un decennio fa, in cui il responsabile, riconosciuto sano di mente, viene condannato a una pena di 21 anni di carcere, c’è da chiedersi quale condanna avrebbero dato a Cospito se le sue azioni avessero causato feriti o addirittura morti.

Che alla fine si voglia il sangue, quello vero, quello dei tanti che si lasciano, e vengono lasciati, morire di fame? Il sangue che soppesato per la stesura di una singola frase su un muro immacolato vale 3.357 euro?

NOTE

(1): https://ilmanifesto.it/la-spezia-intervento-artistico-antimilitarista-punito-con-un-decreto-penale

(2): https://www.notav.info/post/cecca-condannata-al-carcere-per-aver-appeso-uno-striscione-di-solidarieta/

(3): Maria Edgarda Marcucci, Rabbia proteggimi, Rizzoli Lizard, Milano 2022, p. 230

(4): http://www.labottegadelbarbieri.org/concrete-utopie-in-val-susa/

Giuliano Spagnul

18/2/2023 http://effimera.org/

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