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    Blog, sanità e salute — Marzo 15, 2016 7:05 am

    Uber ha intercettato un bisogno (rivelatosi enorme, su scala planetaria) e c’è voluto poco perché nella Silicon Valley qualcuno non applicasse l’app di Uber anche in sanità. Come per Uber nel campo dei taxi, le innovazioni Uber-like in sanità mettono a nudo l’incapacità e il ritardo del sistema – e soprattutto dei professionisti – nel venire incontro alle legittime esigenze degli utenti. Ciò rappresenta un’opportunità e anche un forte stimolo verso il cambiamento. Ma la medaglia di queste innovazioni ha un’altra faccia, assai meno amichevole e rassicurante.

    Se Uber sbarca in sanità

    Pubblicato da franco.cilenti

    “Uber è il modo più intelligente di andarsene in giro! Basta un click e un’auto viene a prenderti direttamente. L’autista sa esattamente dove andare. E per pagare… niente contanti!”. Questo si legge  nel sito web italiano di Uber.

    “I tassisti italiani tornano sul piede di guerra e promettono di bloccare Roma il prossimo 18 marzo, quando sciopereranno contro il governo e Uber. Lo schema, ormai, si ripete identico in tutta Europa: da Londra a Parigi chi ha una licenza per taxi alza barricate contro i conducenti a noleggio. Nel mirino c’è sempre la multinazionale americana che con la sua applicazione online – tramite smartphone o iPad – mette a disposizione degli utenti un nuovo modo di usare le vetture a noleggio: si paga solo con carta di credito e gli autisti ricevono un voto”. E questa è una notizia – quella dei tassisti che protestano contro la concorrenza, a loro dire, sleale di Uber – che ricorre spesso da quando la questa azienda nata nella Silicon Valley (USA) nel 2009 si è diffusa in tutto il mondo per la praticità della sua offerta ed è presente anche in Italia, finora in 4 città, Roma, Milano, Firenze e Genova.

    È davvero singolare che due tra le più diffuse e autorevoli riviste mediche – BMJ e New England Journal of Medicine – quasi all’unisono (20 febbraio e 3 marzo) abbiano evocato – quasi con lo stesso titolo “Uber for healthcare”[1] e “Uber’s Message for Health Care”[2] – l’irruzione del “metodo Uber” nel mondo della sanità.

    I medici hanno perso l’abitudine di fare visite a domicilio. In Inghilterra solo una visita su 25 avviene a domicilio del paziente, negli USA ancora meno, una su 100. Ed ecco che proprio qui si sono sviluppate delle piccole imprese sanitarie che utilizzando un’app simile a quella di Uber si sono specializzate in visite a domicilio.  Una di queste si chiama “Heal”, opera a Los Angeles ed è diretta da una nefrologa, Renee Dua. L’idea di avviare questa start-up le venne dopo aver cercato invano un pediatra che visitasse il suo bambino e dopo aver trascorso una terribile notte presso un pronto soccorso. Heal è attivo tutti i giorni dalle 8 di mattina alle 8 di sera, il medico arriva entro un’ora dalla chiamata, a un costo di 99 dollari (88 euro), un prezzo decisamente basso per le tariffe americane.

    A  New York e San Francisco opera Pager. Nel suo sito web si legge “Pager connects your employees with on-demand medical care in their home or office.
We help you keep your employees happy and healthy by providing access to efficient
and cost-effective urgent care and wellness services”.  La novità è che l’invito diretto alle imprese, il programma si chiama infatti “Pager for Business”. I medici possono visitare un paziente presso il suo domicilio (50 dollari) o anche presso il suo luogo di lavoro (per appena 25 dollari).

    La rivista New England fornisce anche un elenco di compagnie che hanno investito in prodotti innovativi in campo sanitario (“Venture-Funded Innovative Health Care Companies” vedi Figura 1). Tra queste ci sono laboratori d’analisi a basso costo, agenzie che ricercano i migliori specialisti in riferimento alla patologia del paziente e eseguono la prenotazione, laboratori per test genetici utilizzando la saliva.

    Figura 1.  Venture-Funded Innovative Health Care Companies

    Cliccare sull'immagine per ingrandirla

    In Portogallo, a Lisbona, è nato Knok  (“Toc, toc, è il dottore che bussa alla tua porta”) che usa una app simile a quella di Uber, sia per la ricerca del medico che per la modalità di pagamento (da 60 a 100 euro a visita). Jose Bastos, il fondatore, ha già arruolato 50 medici e altri 70 sono disponibili.

    In Inghilterra invece si stanno diffondendo servizi medici online a pagamento in cui è possibile connettersi con un medico via telefono, via sms, via Skype, via e-mail[3].  Se hai un’eruzione cutanea, manda la foto e ti sarà data un’indicazione diagnostica e terapeutica, avverte Dr. Morton’s – medical helpline, basato a Londra.

    “Il dottore a portata di mano quando ne hai bisogno”, questo è il motto di Babylon, altra compagnia di servizi medici online. “Mi sono svegliata presto sentendomi male – racconta una cliente – . Di solito dovevo darmi da fare per cercare di prendere un appuntamento col mio medico di famiglia all’apertura dell’ambulatorio, invece con Babylon ho fissato una video-consultazione di dieci minuti alle otto di mattina e all’ora di pranzo ho preso i farmaci che mi servivano. Perché non farlo prima?”.

    Retail Clinics

    Torniamo negli USA dove aumenta di giorno in giorno il numero di retail clinics. L’assonanza con retail shop (o store), negozio al dettaglio, vuole significare due aspetti:

    • a) che si tratta di ambulatori (clinics) con prezzi particolarmente convenienti (di qui anche il nome di Convenient Ambulatory Care[4])
    • b) che generalmente si trovano collocati presso supermercati e centri commerciali, aperti anche la notte e nei fine-settimana[5].

    Attualmente sono circa 2000  in tutti gli USA ed erogano più di sei milioni di visite l’anno. L’assistenza si limita a “low-acuity acute conditions”, a malattie acute a bassa gravità, ed è prestata da medici, ma anche da infermieri, nurse practitioners (che negli USA possono prescrivere farmaci).  Health Affairs ha dedicato a questo tema un ampio studio[6] che dimostra che questo tipo di offerta – a buon mercato, in ambienti molto frequentati dal pubblico e accessibile giorno e notte – produce un aumento della domanda, una maggiore utilizzazione dei servizi e, in conclusione, anche un aumento della spesa sanitaria.

    Alcune considerazioni

    Credo che sia capitato a tutti almeno una volta nella vita di trovare insopportabile il tempo infinito speso nell’inutile ricerca di un taxi o in una sala d’attesa di un pronto soccorso, ultima spiaggia in assenza di un pediatra disponibile,  per far visitare un bambino che si lamenta disperatamente (mal d’orecchi? mal di gola? etc).  Uber ha intercettato questo disagio e questa domanda (rivelatasi enorme, su scala planetaria) e c’è voluto poco perché nella Silicon Valley qualcuno non applicasse l’app di Uber anche in sanità: dimmi dov’è il medico più vicino, entro un’ora bussa alla porta, pagamento online.  E perchè, al pari di Uber,  una nuova offerta di servizi sanitari più a portata di mano e senza troppe attese – servizi a domicilio e online, retail clinics – si diffondesse a macchia d’olio.

    Come per Uber nel campo dei taxi, le innovazioni Uber-like in sanità mettono a nudo l’incapacità e il ritardo del sistema – e soprattutto dei professionisti – nel venire incontro alle legittime esigenze degli utenti. Perché è così difficile contattare il proprio medico telefonicamente? Perché non è possibile comunicare con lui via email o via skype? Perché fare una coda e perdere mezza giornata per la banale ripetizione di una ricetta?  Organizzazioni più attente all’innovazione – guarda caso diffuse proprio nei pressi della Silicon Valley, cioè in California – come Kaiser Permanente da anni hanno introdotto modalità di rapporto tra medici e pazienti più dirette e più comode, basate sull’uso delle tecnologie e di internet[7].

    L’insieme delle innovazioni che abbiamo descritto rappresenta un’opportunità e anche un forte stimolo verso il cambiamento, soprattutto verso un nuovo assetto – più moderno, più efficiente, più amichevole –  delle cure primarie e della medicina generale che sono, o dovrebbero essere, la posta di accesso al sistema sanitario.

    Ma la medaglia di queste innovazioni ha l’altra faccia, assai meno amichevole e rassicurante.  Quella della polverizzazione dell’offerta sanitaria in un caotico mercato sanitario, dove il basso prezzo delle prestazioni ha come corrispettivo il basso salario, talora lo sfruttamento, dei professionisti, dove overdiagnosis e overtreatment sono quasi sempre la regola, dove la qualità non è quasi mai controllata, dove si possono facilmente annidare frodi e abusi.

    Bibliografia

    • Hawkes N. Uber for healthcare. BMJ 2016, 352:i771
    • Detsky AS, Garber AM. Uber’s Message for Health Care. N Engl J Med 2016, 374:806-9
    • Torjesen I. The private, online GP will see you now. BMJ 2016, 352:i823
    • Chang JE, Brundage SC, Chokshi DA.  Convenient Ambulatory Care— Promise, Pitfalls, and Policy. N Engl J Med 2015; 373:382-388
    • Ofri D. The ‘Mall-ification’ of Medical Care. Well.blogs.nytimes.com, 29.10.2015 
    • Ashwood JS et al. Retail Clinic Visits For Low-Acuity Conditions Increase Utilization And Spending. Health Affairs 2016; N°3: 449-55.
    • Maciocco G, Salvadori P, Tedeschi P. Le sfide della sanità americana. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2010, p. 139-148.

    Gavino Maciocco

    14/3/2016 www.saluteinternazionale.info

    Tags: beni comuni capitalismo civiltà democrazia diritti disinformazione farmaci franco cilenti giornalismo indipendente governo informazione jobs act lavoratori lavoro lavoroesalute libertà salute sanità sicurezza sul lavoro stato sociale tagli economici tutele sociali welfare
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