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Altra Informazione, Ambiente e salute, Blog, Cronache Politiche, Cronache Sinistra Europea, Cronache Sociali, Culture, Editoria Libera, Politiche di Rifondazione, Storia e Lotte — Febbraio 25, 2022 9:22 am

Analfabetismo. L’Italia è ridiventato uno dei Paesi più ignoranti in Europa

Selezione di classe

Pubblicato da franco.cilenti

In versione interattiva www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute…
PDF www.lavoroesalute.org

Già secondo un’analisi, dal 2014 al 2017 , di Ipsos – la terza più grande compagnia globale attiva nelle ricerche di mercato – l’Italia, tra 12 nazioni analizzate, era tra i Paesi meno acculturati al mondo e uno con più ignoranza in Europa.
In dettaglio, oggi in Italia quasi il 30% della popolazione tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale, cioè senza le abilità necessarie a masticare tutte il mare in tempesta delle informazioni quotidiane che ci sovrastano con la velocità di un
maremoto contro il quale non troviamo più riparo, per riflettere su una domanda reattiva che sorge spontanea: si parla di intelletto ignorante o di mancata consapevolezza che produce apatia che porta a disarmarsi intellettualmente e interiormente, cadendo in un oblio che inibisce personalità e parola autonoma?

I numeri di questo stato di acclarata ignoranza di massa ci vengono dall’indagine Piaac-Ocse del 2019 che informa di una percentuale che si aggira interno al 30% che comprende solo informazioni elementari purchè siano in testi molto brevi e semplici, i più funzionali a produrre apatia e contemporaneamente capaci solo di produrre violenza inconsulta verso chi sta peggio di loro, cadendo in un masochismo sociale che li arruola come servitù dei loro carnefici al potere nelle istituzioni e nell’economia. Lo stato di prostrazione conseguente alle difficoltà in una società guidata, con le politiche economiche diseguali e con le guerre, verso la depressione con l’aumento delle diseguaglianze e delle ingiustizie sociali generano ansia, timori e bisogno di compensazione.

Risposte emotive individuali che, di fatto, determinano indifferenza verso le proprie stesse condizioni materiali, come fosse un destino. Viene meno la rabbia, si tende ad attutire i conflitti, in una logica di conforto predestinato all’offerta del bene a prescindere. Inconfutabile è il risultato della rinuncia allo spirito critico verso lo stato di cose presenti,
all’irriverenza verso i poteri politici, divenuti anch’essi religiosi per la loro lontananza dai problemi reali.

Quanto sia preoccupante lo stato depressivo degli italiani meno abbienti lo appuriamo nel silenzio col quale accolgono lo smantellamento del diritto al bene primario, quella sorgente di vita e fonte di benessere psicofisico. E certamente non possiamo giustificare questo silenzio con l’ignoranza, causa emarginazione dalle difficoltà di capire le decisioni politiche ed economiche sempre più lontane dai cittadini, perché la ribellione è istintiva di fronte al pericolo di salute e della stessa vita.
Tenendo conto che la stragrande maggior parte di noi è spesso incoerente verso gli altri, come verso noi stessi, può capitare, anche in questo caso di riflessione del nostro stato cognitivo e deduttivo, che non ci si renda conto della
proprio stato, e non riusciamo a leggere per definire i comportamenti in merito alle percezioni che comunque viviamo,
spesso archiviandole come attimi insignificanti, mentre rappresentano la finestra su un modo che cambia a prescindere dalla nostra presenza, e cambia ridisegnandoci ruoli e funzioni nella situazione oggettiva nella quale stiamo vivendo ma che ignoriamo, spesso con sudditanza consapevole, ma che subiamo.

Questi nostri “mali” materiali e relazionali, che ci affliggono e tendono a trasformarci in una massa rivalsa sull’esistente, disegnata come gregge da pascolare in una società sempre più anemica e individualista, possono essere curati e contrastati da un ritorno al sentirsi parte di una comunità di lavoro, di quartiere, che lotta per i vecchi e sani diritti al lavoro, alla salute, alla vita, con la testa alta, la schiena dritta ed una attiva presenza sociale. In questa
società brutalizzata dalla competizione contro il più debole, con il liquame che viene offerto come comunicazione di massa si è sempre più sottomessi perchè non crea saperi ma obesità del cervello.

I dati prima citati ci parlano di un Paese in cui emergono tutti i tratti della scuola classista del novecento
pre 68/69, una scuola funzionale a mantenere inalterate le divisioni di classe della società, con le famiglie
benestanti predestinate ad avere filgi che ereditavo, per censo, il loro staus sociale e le famiglie poverecondannate a fare figli condannati dalla nascita ad essere ultimi nella scala sociale, e peggio se nati al sud con uìil suo 40% di abbandono scolastico nella scuola primaria.
E sulle differenze territoriali tra nord e sud c’è il rapporto SVIMEZ 2019 che certifica un’incessante aumento
del flusso migratorio giovanile universitario dal Sud al Nord Italia e quindi una ulteriore fuga di risorse dal sud penalizzato da politiche storiche di debilitazione finanziaria e occupazionale degli istituti meridionali.

In questo quadro sociale s’innesta il percorso del federalismo seccesionista (definito “ Autonomia Differenziata”) portato avanti dalle Regioni del nord e dagli ultimi governi, da Gentiloni in poi, che ridisegna l’Italia con 20
sistemi scolastici – ma anche sanitari e non solo – diversi in base al gettito fiscale erogato in ciascuna
regione, vien da sè che le Regioni già ricche del nord impoveriranno ulteriormente il sud.
Che lo stato di analfabetismo, debiliti anche la condizione sanitaria e lavorativa, in quanto produce facilmente produce
marginalità sociale ce lo ricorda le parole di Don Lorenzo Milani “Siete proprio come vi vogliono i
padroni: servi, chiusi e sottomessi. Se il padrone conosce 1000 parole e tu ne conosci solo 100 sei destinato ad essere sempre servo
”

Che il basso titolo di studio, peggio ancora la mancanza, incide profondamente sull’assenza di salute e realativa mortalità delle persone socialmente fragili è elementare, basta scorrere le indagini sui dat che riguardano le
periferie abbandonate delle grandi città.
Stiamo assistendo alla ricostruzione di una “nuova” ideologia che somiglia molto, al netto delle terminologie moderniste, a quella delle società europee dell’ottocento atta a plasmare una forma di popolo pagante, ignorante e felicemente silente sulla propria vita. Questa “nuova” ideologia, per poter vincere e trasformare le persone in sudditi, deve mistificare la realtà, deve condizionare la massa, convincerla che pur non avendo gli stessi privilegi di chi sta “in alto”, nella scala sociale, né avendo tutela dei propri diritti, sia convinta di essere in una situazione di benessere. Per raggiungere questo scopo una delle armi è l’utilizzo di una martellante propaganda che teorizzi l’ignoranza come chiave della felicità, la diffidenza verso il più povero come causa del nostro disagio, basti come esempio all’idea sempre più preponderante dell’immigrato che porta via il lavoro.

In questo mondo di innumerevoli strumenti di lettura e conoscenza, anche nelle forme più semplici, gli ultimi dovrebbero guardare ai paesi caraibici e sud americani che hanno tratto vitalità dall’esperienza di Cuba con la sua volontà politica di sconfiggere l’analfabetismo, nonché di proseguire con il postalfabetizzazione. Lo Stato cubano,
a differenza dell’Occidente diseguale nelle politiche di governo, ha adottato un metodo di alfabetizzazione premiato dall’UNESCO per la sua efficacia ed adottato da oltre 30 paesi al mondo. I risultati di tale metodo hanno permesso all’Unesco di dichiarare territori liberi dall’analfabetismo paesi come: Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua. E’ l’esempio che gli ultimi possono cambiare la loro condizione di vita.

Franco Cilenti

n versione interattiva www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute…
PDF www.lavoroesalute.org

Tags: Analfabetismo analfabetizzazione autonomia differenziata Cuba don Milani emigrazione indagine Piaac-Ocse povertà privatizzazione servizi pubblici rapporto SVIMEZ 2019 SCUOLA PUBBLICA Selezione di classe studenti sud Italia Unesco
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Autore: franco.cilenti

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