Senegal: il caso Sonko e le speranze di una nazione

Il regista Charles Lèon Ndiaye

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Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-maggio-2021/

Di recente il Senegal è stato investito dal “caso Sonko”; spiego brevemente, per chi non avesse seguito la vicenda, cosa è successo. Ousmane Sonko, 46 anni, è il leader di Pastef, il partito di opposizione all’attuale Presidente in carica Macky Sall. Il 2 febbraio scorso scoppia uno scandalo quando Sonko viene accusato dalla massaggiatrice Adji Sarr di stupro nel centro benessere dove lui stesso più volte si era recato. Qualche giorno dopo Sonko viene bloccato dalla polizia senegalese mentre si sta recando in Tribunale per la deposizione e qui ha inizio una protesta spontanea dei cittadini durata diversi giorni che si trasforma in guerriglia urbana. Riguardo all’accusa di violenza sessuale, la ricostruzione della ragazza appare da subito nebulosa e piena di contraddizioni, ambigua, quasi nessuno le crede, lasciando invece pensare che possa trattarsi di una relazione extraconiugale (Sonko ha due mogli) prontamente usata dai suoi nemici per strumentalizzare a fini politici l’accaduto. Ma in merito a ciò è opportuno attendere la conclusione delle indagini. I sostenitori di Sonko vedrebbero in Sall il regista di questo complotto. Certo va detto che non è il primo attacco che viene rivolto al leader di Pastef da parte dell’attuale Presidente, basti pensare al suo allontanamento forzato dall’agenzia delle entrate, dove aveva già denunciato parecchie irregolarità del governo. Il popolo, esasperato da una situazione che si protrae ormai da troppo tempo, chiede ora giustizia, democrazia e lavoro.

Nel tentativo di fare un po’ di chiarezza ho contattato Charles Léon Ndiaye, giornalista, regista e imprenditore che risiede a Dakar. Durante gli anni trascorsi in Italia, che mi dice di considerare la sua seconda patria, Ndiaye è stato pioniere di trasmissioni televisive multiculturali: ha lavorato per RTB NETWORK come tecnico televisivo, regista e responsabile dei programmi. Da tre anni è produttore, regista e presentatore del programma “Black Emotion” – Menzione Speciale del Premio Mostapha Souhir per la diversità nei media.
A. O.

Buongiorno Charles e grazie per aver accettato il mio invito. Allora, partiamo dall’inizio: tutto è scaturito da una accusa di stupro nei confronti di Ousmane Sonko. Però, da ciò che mi è parso di capire in queste settimane dalla stampa locale, l’ipotesi più accreditata tra l’opinione pubblica senegalese è che si tratterebbe di una messa in scena orchestrata dall’opposizione per fargli perdere consensi. Tu cosa ne pensi?

Buongiorno Agatha. L’affare “Sonko – Adji Sarr”, come viene chiamato in Senegal, si è accaparrato i titoli dei giornali e ha trasformato l’intero Paese nel caos per quasi una settimana. In effetti le speculazioni, come le versioni, sono abbastanza partigiane. Quella che doveva essere una semplice questione di morale, giudicata in tribunale, si è trasformata in un’intifada di strada, con negozi saccheggiati, pneumatici bruciati e, soprattutto, cosa deplorevole, più di una dozzina di morti negli scontri tra giovani e forze dell’ordine.
Si può affermare che Sonko sia illibato come la neve? Personalmente ritengo l’ipotesi dello stupro infondata, sarebbe piuttosto un rapporto extraconiugale. Ma questa relazione sarebbe stata utilizzata dalle autorità per destabilizzarlo ed eliminarlo dalla corsa alla presidenziale del 2024, come hanno fatto del resto con Karim Wade, figlio dell’ex presidente e Khalifa Sall, ex Sindaco della Citta di
Dakar. Entrambi accusati di arricchimento illecito, accuse che non hanno mai trovato alcun riscontro.

I negozi e i distributori che sono stati distrutti nei giorni successivi all’arresto di Sonko sono tutti a marchio francese. La Francia, che pare appoggiare il Presidente in carica, come ha reagito ai disordini?

Il Senegal è un paese sovrano dal 1960. Eppure dopo l’arrivo al potere di Macky Sall, nel 2012, sembra essere tornato ad essere una colonia francese. Le basi francesi, scomparse alla fine del mandato di Wade, sono state ripristinate. E così anche il Gruppo Bolloré, multinazionale francese di trasporti, logistica e comunicazione. Auchan, Carrefour, Utile, nell’industria alimentare; Total nelle riserve di petrolio e gas; Alstrom per il TER (che costa più di 1000 miliardi di franchi CFA per meno di 50 km di ferrovie), Sen’Eau per la distribuzione dell’acqua; senza dimenticare Orange, che detiene il monopolio della comunicazione.
L’economia senegalese è guidata dalle aziende francesi, motivo per cui i giovani hanno attaccato i marchi francesi. La Francia però non ha reagito direttamente. Alcuni dicono di aver fatto pressione su Macky Sall per disinnescare la situazione esplosiva e proteggere così i loro interessi pur
rimanendo nell’ombra.

Mi confermi che il bilancio è stato di 10 morti e 590 feriti? La situazione ora è rientrata?

Sì, questo è il bilancio ufficiale delle vittime, altri dicono sia più alto. Al momento la situazione è tornata alla normalità grazie ad una serie di misure forti prese dal presidente dopo alcuni giorni di violenti disordini. Il più significativo è senza dubbio il ritiro dell’ora del coprifuoco che prima è passato dalle ventuno a mezzanotte per poi essere eliminato definitivamente. Poi è stato rafforzato il Fondo per l’imprenditorialità rapida per donne e giovani (DER / FJ) che sale a 450 miliardi di franchi CFA in 3 anni, e soprattutto la promessa di creare posti di lavoro per ridurre la disoccupazione. Insomma, tutta una serie di misure per calmare le tensioni sociali e placare i giovani che sono i principali manifestanti, quindi la prima opposizione ai suoi progetti futuri.

Credo però, correggimi se sbaglio, che l’insoddisfazione in Senegal abbia radici profonde, che sia una rabbia che viene da lontano. Ho avuto l’impressione, da osservatrice esterna, che la gente non aspettasse altro che una scintilla per scendere in strada a protestare…

É così, questo caso in realtà è servito da pretesto per smascherare tutta la frustrazione e la rabbia dei senegalesi,
soprattutto dei giovani, che vedono in queste azioni del potere in atto un complotto, una forma di dittatura, un tentativo di imbavagliare ed eliminare tutti gli avversari in vista di un terzo mandato, che tra l’altro andrebbe ad alterare la costituzione che dà diritto solo a due mandati consecutivi.
Inoltre il disagio profondo è dovuto ai numerosi scandali da miliardi di dollari perpetrati dalla “dinastia Faye -Sall” (dal nome della first lady e del marito) e dai loro slogan come “la famiglia prima della patria”, tutti punti che evidenziano gli eccessi della famiglia presidenziale. A questo si aggiungono gli altri mali imputati al vecchio regime: appropriazione indebita, insolenza, mancanza di rispetto e imbrogli di ogni tipo.

In Occidente ha colpito molto il silenzio di Sall nei giorni successivi ai disordini, mentre la dichiarazione che ha delegato al ministro dell’interno è apparsa poco convincente. In un primo momento c’è stato perfino chi ha ipotizzato che Sall fosse scappato dal Paese. Perchè
questo comportamento?

É stato un comportamento irresponsabile che ha contribuito a scatenare ulteriormente la rabbia dei giovani, che lo hanno interpretato come un totale disprezzo e una mancanza di rispetto da parte del Presidente della Repubblica nei loro confronti. Non è la prima volta che Macky Sall ha mostrato
immaturità nella sua comunicazione: già a fine anno aveva dichiarato di non vedere le fasce rosse che indossano i manifestanti, come per far capire loro che non era un problema suo. In ogni caso, è sempre stato criticato per il suo silenzio di fronte a situazioni che piuttosto richiedono dialogo.

A questa regressione politica e alla mancanza di lavoro si sono aggiunte le restrizioni a causa della pandemia. Com’è la situazione sanitaria in Senegal, che pare sia riuscita abbastanza bene a contenere il virus?

La pandemia di Covid-19 ha gravemente colpito l’economia. La principale fonte di sostentamento del Senegal si concentra sull’economia informale. Il tessuto economico è in gran parte basato da aziende che lavorano nel settore informale non agricolo, il contributo al PIL è stato stimato al 44,6%. L’economia informale copre una molteplicità di situazioni che tuttavia hanno in comune un deficit di lavoro dignitoso e una bassa capacità di resilienza in caso di crisi. Turismo, trasporti e cultura sono i settori di attività più colpiti. Ad oggi il totale dei decessi legati al COVID-19 è di 1.085, con 39.606 casi e 177 in cura. La campagna di vaccinazione si svolge con calma, senza clamore, senza molta copertura mediatica. Come dicevo prima, dopo la rabbia scaturita nelle strade, si è abolito il coprifuoco e si è riaperto tutto.

Nel 2024 si voterà in Senegal, qualche previsione?

Macky Sall non dovrebbe far parte della lista dei candidati alle elezioni del 2024 ma regna ancora l’incertezza perché, sebbene la nuova costituzione senegalese – peraltro voluta e avviata da Macky Sall – non conceda il diritto a tre mandati consecutivi, l’interpretazione non è ancora chiara. I suoi sostenitori dicono che il suo primo mandato di sette anni non ne fa parte e quindi dovrebbe essere conteggiato solo un mandato di cinque anni, mentre l’opposizione e la società civile affermano il contrario.
Il buon senso vorrebbe che Sall, se mai avesse considerato di arruolare nuovamente un terzo mandato, ascoltasse l’allarme di strada, perché tutto fa presagire la calma prima della tempesta.
L’eredità di presidenti che hanno avuto successo dall’indipendenza e che hanno portato stabilità e democrazia al Paese sarebbe in pericolo. Ma evidentemente il potere fa impazzire. Speriamo che la ragione prenda il sopravvento per preservare lo spirito della “Teranga senegalese”.

Intanto si riapre nuovamente il dibattito sull’emigrazione. Nell’anno appena trascorso le partenze dal Senegal hanno avuto un incremento, 20.000 persone sbarcate con mezzi di fortuna nella rotta verso le coste spagnole e si contano oltre 400 morti solo in quella tratta.
Credi che la criticità degli ultimi eventi spingerà altri senegalesi ad abbandonare il Paese nel tentativo di raggiungere l’Europa? E soprattutto, cosa fa il governo per dissuadere i giovani a partire?

Lo scorso 24 ottobre sono morti in mare 414 senegalesi, contro i 210 dell’intero 2019. E sei giorni dopo la tragedia di M’bour, una canoa proveniente dal Senegal è naufragata nelle acque della Mauritania: 36 persone hanno perso la vita e 24 sono stati salvati. Dopo il tweet del Presidente della Repubblica le reazioni in rete sono state violente e le polemiche non hanno cessato di gonfiarsi. Per farti capire il clima ecco alcuni esempi di commenti al suo tweet:

“Questo non è un semplice incidente di una piroga che trasporta senegalesi, ma una piroga che cerca di raggiungere l’Europa clandestinamente dopo il fallimento della tua politica occupazionale. L’ignoranza e la dilagante disoccupazione hanno esposto gli indifesi a questo suicidio”.

Quindi puoi capire che l’affare Sonko è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso già troppo pieno. Tutte le frustrazioni accumulate hanno generato la rabbia nelle strade.

L’immigrazione irregolare è certamente diminuita in seguito alle forti misure di controllo che sia l’Unione Europea che il governo senegalese hanno messo in atto per prevenire e frenare i migranti e reprimere i trafficanti, ma non è finita qui. Dovremo mettere in atto politiche per creare posti di lavoro per i giovani e sostenere le fasce sociali svantaggiate, rianimare la speranza che il successo nel territorio sia possibile per pensare di sradicare questo fenomeno dell’immigrazione irregolare.

“I naufragi si susseguono e si ripetono, e con questi i morti in mare. È un peccato per il nostro Paese. L’Unione Europea ha iniettato 180 milioni di euro (118 miliardi di franchi CFA) contro l’emigrazione illegale. Ma questi fondi non sono stati utilizzati dai titolari dei diritti e sono condivisi dal governo” è per queste dichiarazioni che Boubacar Sèye è stato arrestato al suo arrivo all’aeroporto Blaise Diagne. Questo grande attivista per i diritti dei migranti lo ha detto in un momento di shock, quando una panchina che trasportava migranti ha preso fuoco uccidendo più di 140 persone, sottolineando la recrudescenza dell’emigrazione irregolare, in particolare delle imbarcazioni di fortuna che salpano dalle coste senegalesi. Uscito di prigione 15 giorni dopo il suo arresto, le ultime violenze che hanno scosso il Paese in seguito all’arresto del leader Sonko, lo hanno spinto a reagire. Il 12 marzo, di fronte alla stampa presso la sede di Amnesty International Senegal, per la prima volta dopo il suo rilascio dalla prigione, ha ribadito che ogni cittadino debba lottare per evitare che il caos si insinui nel Paese. Il signor Sèye ha suggerito ai suoi concittadini di pensare ad alternative, diversamente i giovani, che hanno diritto al rispetto e al lavoro, rischiano di diventare una bomba sociale.

Concludo con la domanda che probabilmente tutti si aspettano che ti faccia: quando si libererà il Senegal (e non solo) del predominio economico francese, uscendo dalla così detta Francafrique?

Dal mio punto di vista la Francafrique è una continuazione della colonizzazione. La sovranità non può essere acquisita finché non si è economicamente e politicamente indipendenti. La nostra dipendenza economica e la mancanza di leadership della maggioranza dei Presidenti africani che contano sulla Francia per rimanere al potere proteggendo gli interessi economici francesi va a scapito di quelli dei loro paesi. Macky Sall non fa eccezione alla regola, il suo governo sobrio e virtuoso, così annunciato durante la sua proclamazione, si è trasformato in un governo nebuloso e
tortuoso con continui scandali finanziari che colpiscono molti dei suoi stretti collaboratori.
L’insolenza è una forma di dittatura nascosta. Da buon allievo di Machiavelli – dall’eliminazione sistematica di tutti i suoi avversari politici alla manomissione della costituzione, tutto con la silenziosa approvazione del governo francese – ha fatto sì che i giovani senegalesi rifiutino sempre più i paradigmi politici in vigore dall’indipendenza a oggi. Sta emergendo una nuova élite politica senegalese più aperta al mondo esterno che non vuole più essere necessariamente legata alla Francia. Temo ci vorrà ancora del tempo per mettere in atto quei meccanismi economici e politici che consentano di uscire dal giogo della Francia e liberarsene. Mi auguro si possa arrivare finalmente ad un partenariato bilaterale giusto ed equo che possa avvantaggiare le popolazioni africane.

E io naturalmente mi associo a questo augurio.

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Sulla stessa lunghezza d’onda si trova anche Mbaye Cisse, che ho interpellato in quanto rappresentante di spicco della diaspora senegalese in Italia, che conta oltre 100.000 residenti.

Ecco cosa mi ha detto.

La vicenda che ha coinvolto il leader del partito Pastef Ousmane Sonko, accusato di stupro, con lo scatenarsi di proteste violentissime, va analizzata tenendo presente il momento economico, sociale e politico senegalese. É innegabile che la pandemia abbia cagionato rallentamenti e fallimenti di parecchie attività, e il coprifuoco è stata una tegola per le famiglia che campano del commercio ambulante nelle fasce serali. Il contesto politico poi è stata la chiave di volta perché, a prescindere dallo schiaramento, ci sono fatti che hanno coinvolto l’attuale Presidente Macky Sall che parlano da sè, come è già stato spiegato. Al netto delle questioni sopracitate, se si aggiungono le velleità conclamate di Sall di “ridurre l’opposizione alla più semplice espressione”, la sensazione diffusa è ormai che il potere giudiziario altro non sia se non un braccio armato per attuare il despotismo.

Oltre ai voltafaccia sulla candidatura per un terzo mandato, per il quale Sall si è giocato la credibilità, i pasticci in termini di comunicazione hanno fatto il resto:
“Sono io a impedire che alcuni dossiers (leggasi scandali finanziari) vengano trasmessi ai magistrati”.

E ancora: “Alcune persone non possono essere indagate o imprigionate, altrimenti il paese verràmesso a ferro e fuoco”.

Quindi, con l’affaire Sonko, i senegalesi si sono visti buttare alle ortiche anni di lotta e conquiste attraverso il disegno di far fuori un avversario tosto e scomodo. Ousmane Sonko viene da una carriera di 15 anni all’Agenzia delle entrate e del catasto, una vera e propria mangiatoia dove tutti si riempiono le tasche. Ha sfidato il regime, ha sporto denuncia sullo scandalo del petrolio scrivendo anche un libro a riguardo e facendo i nomi del Presidente in carica e di suo fratello, collusi con il tenebroso affarista Frank Gomis. Ha puntato il dito sull’attribuzione indebita di pozzi di petrolio a Total, ha denunciato un altro caso confermato dalle dimissioni nel 2017 del ministro dell’energia, Thieep Alassane Sall, anche lui autore di un libro bomba: “Le protocole de l’Élysée, Confidences d’un ancien ministre sénégalais du petrole”.

Oltre a tutte le prevaricazioni dei pezzi grossi dell’establishment, Sonko è il primo politico ad aver attaccato lo schiavismo monetario del franco CFA. Tutto questo in un periodo dove germogliano i movimento antifrancesi, tipo il FRAP del celeberrimo attivista Guy Marius Sagna.

Le violenze di marzo raccontano un paese che si sente preso in giro e vanno ben oltre la persona di Ousmane Sonko.

Veramente in pochi, né tantomeno il sottoscritto, credono alla colpevolezza di Sonko e l’evolversi delle indagini sta confermando la mano presidenziale in tutta la vicenda. Tutti si aspettavano prima o poi un assalto finale contro il leader di Pastef, ecco perché la tesi del complotto è sposata da una
larga parte di popolazione.
Basti pensare alla protezione di cui gode la vittima, ai suoi racconti incoerenti e fumosi, alle frettolose dimissioni del Capitato di gendarmerie Oumar Toute che aveva condotto le prime indagini e che ha subìto minacce di morte, al silenzio delle reti femministe come Siggil Jigeen, sempre molto puntuali. E non ultima, la precipitosa rimozione dell’immunità parlementare a Sonko.
Questa storia di stupro si è trasformata per il regime di Sall in una patata bollente. E abbiamo assistito al trascendere dei suoi ministri in una cacofonia burlesca: dal ministro dell’Interno che ha tacciato di terrorismo chi è sceso in piazza, alla ministra degli esteri che, ai microfoni della stampa francese ha parlato di forze occulte. Staremo a vedere, ma soprattutto a vigilare!

di Agatha Orrico

Giornalista freelancer, si occupa di femminismo e temi sociali
Official Web Site: www.stayrockforever.it

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

PDf http://www.lavoroesalute.org

Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-maggio-2021/

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