Servizio Sanitario Nazionale “in ritirata”

Il Servizio Sanitario Nazionale “sembra in ritirata”. I cittadini sono stati spinti verso il privato per le prestazioni sanitarie più semplici, come ecografie e analisi del sangue, mentre il SSN rimane fondamentale per gli interventi e gli esami complessi: sconta però una serie di problemi che lo fanno sembrare appunto in ritirata. Così Cittadinanzattiva fotografa lo stato della sanità in Italia nel XIX Rapporto Pit Salute. Le principali criticità lamentate dai cittadini sono ancora una volta la difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie, i costi eccessivi, le lunghe liste di attesa per visite specialistiche e interventi chirurgici.

Sono tutte segnalazioni in aumento, insieme a quelle che denunciano i costi dei ticket, le cattive condizioni delle strutture, il rapporto che si sta facendo più difficile con medici di base e pediatri. Ci sono poi le denunce sulle limitazioni e sulla indisponibilità dei farmaci, sulla documentazione sanitaria considerata incompleta, sulla lentezza nel riconoscimento dell’invalidità, insieme alle criticità che i cittadini vivono al pronto soccorso. Ecco la fotografia della sanità italiana restituita dal Rapporto Pit Salute del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, che si basa su oltre 21 mila segnalazioni giunte nel corso del 2015. Uno dei temi trasversali a tutte le denunce è quello dei costi privati per curarsi, che si fanno sempre più pesanti per i cittadini: più di uno su dieci (10,8%) segnala l’insostenibilità economica delle cure, dai ticket per esami diagnostici e specialistici al costo dei farmaci, dai costi dell’intramoenia ai costi della degenza in residenze sanitarie assistite, dalla mobilità sanitaria alla mancata esenzione per alcune patologie rare.

Uno dei temi che sempre viene denunciato dai cittadini sono le lunghe liste di attesa. Qualche esempio? Servono due anni per la rimozione di una protesi, 15 mesi per una mammografia, un anno per una risonanza magnetica o per una visita neurologica, 10 mesi per una Tac. Quasi una segnalazione su tre arrivata al Tribunale per i diritti del malato (30,5%, rispetto al 25% del 2014) nel 2015 ha, infatti, riguardato le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie pubbliche, per liste di attesa (54,5%), ticket (30,5%), intramoenia (8,4%). Se diminuiscono le segnalazioni di liste di attesa per esami diagnostici semplici, dal 36,7% del 2014 al 25,5% del 2015, crescono invece decisamente per gli interventi chirurgici (35,3% nel 2015 vs il 28,8% del 2014) e per le visite specialistiche (34,3% vs 26,3%). Lunghi tempi di attesa si segnalano per gli interventi di ortopedia, per le visite oculistiche, per le ecografie.

Di fatto i cittadini sono stati spinti verso il privato per tutti gli esami più semplici; per quelli complessi, il Servizio Sanitario Nazionale è fondamentale ma arranca. Spiega Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva: “Se lo scorso anno abbiamo denunciato che si stavano abituando i cittadini a considerare il privato e l’intramoenia come prima scelta, ora ne abbiamo la prova: le persone sono state abituate a farlo per le prestazioni a più basso costo (ecografie, esami del sangue, etc.). Non perché non vogliano usufruire del SSN, ma perché vivono ogni giorno un assurdo: per tempi e peso dei ticket, a conti fatti, si fa prima ad andare in intramoenia o nel privato. E il SSN, in particolare sulle prestazioni meno complesse, e forse anche più “redditizie”, ha di fatto scelto di non essere la prima scelta per i cittadini. Secondo assurdo: si tratta di prestazioni previste nei Livelli Essenziali di Assistenza, quindi un diritto. E’ questa la revisione dei LEA “in pratica” che i cittadini già sperimentano ogni giorno”.

Quando bisogna fare un intervento, però, bisogna rivolgersi alle strutture pubbliche. “Il SSN – prosegue Aceti – rimane invece quasi insostituibile per la maggior parte delle persone, per le prestazioni a più alto costo, o particolare impiego di alte tecnologie e professionalità sulle quali però esistono crescenti difficoltà di accesso, oltre che discriminazioni tra cittadini. Ma alle prese con obsolescenza, fatiscenza, igiene, ritardi nella manutenzione e riparazione dei macchinari: tutti fattori che incidono su qualità e sicurezza delle cure e dei luoghi di cura. Insomma l’impatto sui cittadini delle scelte politico-amministrative è di un Servizio Sanitario Nazionale che sembra ‘in ritirata’”.

Fra le altre segnalazioni dei cittadini, spiccano quelle sulle carenze delle strutture, una situazione che sembra peggiorata rispetto allo scorso anno e legata soprattutto al malfunzionamento dei macchinari , alle precarie condizioni igieniche e agli ambienti fatiscenti (28,1% vs 26,5%). Sono in aumento anche i problemi con medici e pediatri di famiglia. Sebbene l’area generale dell’assistenza territoriale raccolga meno segnalazioni rispetto al passato (11,5% nel 2015, 15,3% nel 2014), al suo interno emergono dati contrastanti che danno idea di diverse problematiche. Aumentano infatti i problemi con medici di famiglia e pediatri, che raccolgono più di un terzo delle segnalazioni dell’area: le principali questioni riguardano il rifiuto di prescrizioni da parte del medico (28,4%, +4% rispetto al 2014), gli orari inadeguati di ricevimento (25,4%, +12%), la sottostima del problema di salute (17,9%, +6%).

I cittadini denunciano ancora informazioni scarse e documentazione carente: più di un cittadino su dieci (11,4%) segnala carenze di informazioni in ambito sanitario e di accesso alla documentazione sanitaria. Le informazioni scarseggiano soprattutto sulle prestazioni assistenziali (30%), sull’assistenza sanitaria di base (25%), in materia di consenso informato (22%). Una segnalazione su dieci riguarda il tema dell’invalidità: la lentezza dell’iter burocratico per il riconoscimento rappresenta la problematica principale, con il 58,2% delle segnalazioni, lentezza che si riscontra in gran parte (65%) nella fase di presentazione della domanda. Dalla convocazione a prima visita, per la quale si aspettano in media 8 mesi, alla ricezione del verbale che ne necessita di ulteriori 10, fino all’erogazione dei benefici economici che avviene in media 12 mesi dopo, al cittadino che si imbarca in questo iter tocca aspettare insomma in media 30 mesi, ulteriori due in più rispetto ai tempi che erano stati segnalati nel 2014.

Continuano poi a essere segnalate lunghe attese al pronto soccorso e assegnazione del triage considerata non trasparentie. Ai cittadini che ricorrono al pronto soccorso sembra spesso di aspettare troppo, anche perché ben poche strutture spiegano come viene assegnato il codice e ancora meno quelle dotate di monitor per indicare i tempi di attesa per codice di priorità.
Come fronteggiare tutto questo? Per il Tribunale per i diritti del malato, fra le priorità sui cui intervenire c’è prima di tutto il contrasto delle liste di attesa, con un nuovo Piano nazionale di Governo e l’inserimento del rispetto dei tempi massimi tra i criteri di valutazione dei Direttori generali; la definizione di tempi massimi certi per tutte le prestazioni; garantire la gestione informatizzata completa delle liste di attesa sia per la diagnostica che per gli interventi chirurgici e i ricoveri in piena trasparenza, così che i cittadini possano avere pieno accesso alle informazioni e si evitino distorsioni. In secondo luogo vanno garantiti trasparenza e controllo sull’intramoenia per evitare abusi, anche introducendo il blocco immediato delle prestazioni in intramoenia quando non si è in grado di garantire il rispetto dei tempi massimi nel canale pubblico o quando i volumi delle prestazioni in intramoenia o i tempi sono sbilanciati eccessivamente rispetto al canale pubblico. L’associazione chiede inoltre di abolire il superticket da 10 euro.

15/12/2016 www.helpconsumatori.it

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