SI FINIRA’ PER LAVORARE CON LA BARA ACCANTO?

In Italia si è stabilizzato, dal punto di vista politico, un dogma: la morte prematura degli ultimi come eventi normali, sia quando si assiste alle stragi dei migranti sia di fronte alla media di tre morti al giorno sul lavoro. Un dogma fondato sul verbo dettato all’inizio di questo secolo dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) “I poveri devono morire prima”. E ne muoiono tantissimi se venisse alla luce la strage silenziosa delle malattie da lavoro, chiamate “professionali” che mostrano una ben più elevata mortalità annuale rispetto agli infortuni, difficili da quantificare perchè il loro riconoscimento segue un iter lungo e tortuoso, poi ci sono tanti casi che sfuggono alla attenzione mediatica ma continuano, dopo decenni e per tanti altri lustri ancora, a mietere vittime. Per parlarne occorre istruire grandi processi con decine di imputati, decine o centinaia di morti, ma trattandosi di eventi passati, non vengono più considerati attuali, come se, oggi, contaminazioni da sostanze tossiche e cancerogene, da organizzazione del lavoro stressante e debilitante, non esistessero più.
Invece esiste la realtà dello sttao di cose presenti a dimostrare la contraddizione fra capitale e lavoro si manifesta in tutta la sua brutalità nello sfruttamento, nell’aumento continuo dei morti sul lavoro e nell’indifferenza delle istituzioni governative che hanno contribuito attivamente legiferando senza sosta.
Credo utile, ricostruire questi passaggi istituzionali:

Nel 1997 vennero istituiti gli uffici di collocamento e successivamente si trasferì le funzioni di collocamento dal pubblico al privato. Il lavoratore divenne ostaggio delle imprese e privato di qualunque possibilità di difesa.

Con il pacchetto Treu del primo Governo Prodi, si intervenne pesantemente per la prima volta a destrutturare il mercato del lavoro con l’introduzione della “flessibilità”, della “precarietà”, e con nuove forme di contratti precari: interinale, co.co.co., contratto a progetto.

Nel 2003, il Governo Berlusconi continuò l’attacco ancor più pesantemente con nuove forme di contratti precari: i contratti di somministrazione lavoro, lavoro accessorio, lavoro occasionale, ecc. ecc.

Nel 2012 il Governo Monti e il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Fornero diedero il primo colpo all’art. 18 della legge 300, lo Statuto dei Lavoratori, provocando il dramma degli esodati e l’aumento dell’età pensionabile.

Nel 2015, il governo Renzi completò l’opera con il contratto a tutela crescente o “Jobs Act”, che abrogava completamente l’art. 18, che garantiva il reintegro del lavoratore in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo.

Il governo gialloverde di Lega e 5stelle ha confermato la cancellazione dell’art. 18 dimostrando che anche questo governo è suddito dell’imprenditoria che si abbuffa di richezza con lo schiavismo e le morti sul lavoro, con il contorno dell’evasione fiscale.
Le morti quotidiane sul lavoro sono considerate un’italica fatalità endemica come la mafia, la corruzione e l’evasione fiscale dei ricchi. L’assuefazione agli infortuni sul lavoro è una vera e propria malattia sociale dei nostri giorni che aggredisce come un virus Il nostro Paese che ha il suo fondamento nella Costituzione Repubblicana, l’art. 32 della Costituzione che recita “La Repubblica Italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e della collettività”, arrivando a dichiarare che la stessa iniziativa privata – pur essendo libera – “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art. 41 II comma).

Si dovrebbe lavorare per vivere e non per morire ma gli infortuni mortali sul lavoro sono aumentati nonostante sia diminuito il lavoro. Lo conferma il numero di morti dal 2009 sono oltre 19 mila. Sono dati allucinanti, inconcepibili. Non stiamo parlando di soldati in guerra, bensì di uomini e donne che semplicemente lavorano per tirare a campare in un paese, dove vivere dignitosamente earrivare alla fine del mese è cosa assai ardua. Il lavoro è un diritto inalienabile, così come lo è tornarvi a casa, sani e salvi. Fabbriche, cantieri, magazzini, ovunque si dovrebbe mettere chi produce nelle migliori condizioni, tutelandoli da possibili incidenti, ma finanche preservandoli dal contatto e la respirazione dai varigas e sostanze tossiche, nocive ecc., ma assistiamo ogni giorno solo all’indignazione di chi dovrebbe far rispettare le leggi, per costringere gli imprenditori a non badare solo al proprio tornaconto ma garantire la sicurezza dei loro dipendenti, compresi gli esterni (cioè quei lavoratori non assunti direttamente) e inchiodarli alle loro la responsabilità. I lavoratori hanno il diritto di ricevere tutte le dotazioni necessarie per lavorare in piena sicurezza: mascherine, scarpe ed elmetti antinfortunistici, guanti, estintori non scaduti, vie di fuga costantementelibere ecc.., ma su questi obblighi è venuto meno il controllo degli organi preposti anche perché cisono sempre meno Ispettori della Sicurezza che si occupano dei controlli e delle opportune verifichecirca la correttezza e l’effettivo rispetto delle norme e delle misure di prevenzione. Anche questo dato ci parla della non volontà dello Stato e delle Regioni di imporre agli imprenditoriil rispetto delle condizioni di lavoro e della stessa vita dei lavoratori. Senza il conflitto contro questo sistema produttivo, per il controllo sindacale dell’organizzazione sul lavoro, non basterebbero neanche 10mila ispettori in più. Sta ai sindacati, non limitarsi all’indignazione ma stare vicini ai lavoratori con azioni di sostegno, perché senza questo sostegno anche gli Ispettori sono isolati nella loro azione esubiscono pressioni e boicottaggi, da imprenditori e istituzioni.
La questione è complessa e presenta molteplici aspetti da considerare.

  1. La vigilanza nei luoghi di lavoro: organici Asl sottodimensionati ( per non dire degli ispettori del lavoro per i cantieri); formazione degli u.p.g. non sistematica; mancanza di linee guide da regione per regione in grado di rendere omogenea e adeguata l’attività di vigilanza; mancata attivazione del SINP Sistema Informativo Nazionale di Prevenzione che consentirebbe una azione di vigilanza mirata sulle aziende a più alto indice infortunistico;
  2. Mancata emanazione di decreti attuativi, tra cui quello importantissimo dell’articolo 27, e quello dell’articolo 26 del D.Lgs. n. 81/2008 sulla definizione dei requisiti della idoneità tecnico professionale di imprese e lavoratori autonomi ai fini della sicurezza sul lavoro, mancata emanazione del nuovo decreto sulla sicurezza antincendio, e di altri decreti attuativi previsti dal d.lgs. 81/2008;
  3. Carenza di linee guida aggiornate, autorevoli e istituzionali che indirizzino le imprese a fare in modo corretto la valutazione di tutti i rischi lavorativi, la formazione-informazione-addestramento dei lavoratori, la gestione degli appalti, la vigilanza, gli audit e la gestione di mese miss e incidenti mancati;
  4. Mancanza di linee guida direttive delle procure per gli organi di vigilanza nei luoghi di lavoro in quasi tutte le regioni e procure, con poche lodevoli eccezioni;
  5. Sottovalutazione delle malattie professionali, i cui procedimenti penali finiscono nella maggior parte dei casi archiviati;
  6. Sicurezza sul lavoro e istruzione pubblica: edifici spesso pericolosi e assenza della materia tra quelle insegnate, oltre alla frequente mancata istruzione sul piano di evacuazione;
  7. Mancata imposizione dell’obbligo del modello 231 a tutte le aziende che abbiano avuto almeno un infortunio sul lavoro la cui responsabilità sia attribuita al datore di lavoro o ad un suo collaboratore o una malattia professionale riconosciuta dall’Inail;
  8. Rafforzamento degli incentivi per le aziende che attuano le misure di sicurezza al di là degli obblighi di legge e che ottengono effettivamente una riduzione di incidenti e infortuni;
  9. Definizione urgente di nuovi accordi interconfederali su ruolo e funzioni degli RLS, che quelli esistenti risalgono a venti anni fa!!
    Ma come cambiare prospettiva e strategia di contenimento migliorando i livelli di sicurezza?
    Considerando che il tema della sicurezza sul lavoro non prescinde dall’attuale quadro sociale, politico e sindacale, e dei rapporti di forza che lo determina, sono molteplici gli obbiettivi da porsi:
    1- Ripristino dell’Art. 18
    2- Abolizione del Jobs Act
    3- Revisione del Decreto Dignità sui contratti a termine.
    4- Ripristino dei fondi per la sicurezza sul lavoro a iniziareda quelli tagliati dal precedente governo.
    5- Indagine ministeriale sullo stato di applicazione della normativa sulla sicurezza con il D.Lgs. 81/08, funzionale a un suo sviluppo e applicazione senza proroghe e ritardi nei decreti attuativi.
    6- Assunzione di nuovi tecnici della prevenzione inrapporto alle realtà produttive dei territori per stabilirne il fabbisogno.
    7- Revisione delle modalità di formazione dei responsabilidel servizio di prevenzione e protezione (RSPP) esterni ointerni.
    8- Titolarità dei RLS come figura istituzionale,indipendente dalle aziende e sgravato da altri incarichielettivi (RSU, etc).
    9- Autonomia collaborativa degli organismi di prevenzione (Spresal, etc) dalle Giunte regionali.
    10- Richiesta di Parte Civile dei ministeri della salute dellavoro in tutti i processi per morti sul lavoro.
    Senza questa strategia rimane il silenzio che uccide in questo criminale sistema produttivo.
    Quela silenzio imposto che porta a punire gli infermieri che hanno raccontano la realtà nel lavoro durante i mesi del picco pandemico.
    Il caso di Marco Lenzoni, accusato di infedeltà aziendale, la dice lunga sul debellato stato della libertà costituzionale, alla base di ogni civiltà democratica. Quello che ha fatto Marco dovrebbero farlo tutte e tutti i dipendenti di qualsiasi pubblica amministrazione. Avere il coraggio di esprimere critichein merito alle gestioni delle dirigenze dovrebbe diventare un principio, una regola comportamentale per salvaguardare il diritto alla sicurezza sul lavoro, e chi viene sottoposto al giudizio del consiglio di disciplina, dovrebbe farne un vanto per aver difeso un pilastro della democrazia sui postidi lavoro. La legge che impone l’obbligo del silenzio di fronte ai rischi sul lavoro è infame e anticostituzionale.
    Altro dirimente aspetto delle problematiche che insite nell’affrontare concretamente il tema della sicurezza del lavoro eè rappresentato dal lavoro dei medici competenti.
    Il sistema sicurezza nel Servizio Pubbblico prevede sopra al medico competente (e al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza – RLS) una scala gerarchica propedeutica alla prevenzione ed alla sicurezza? Difficile, perchè spesso è accaduto, e accade, che le ingerenze di singoli dirigenti, ha reso permeabile e orientabile il lavoro dei medici competenti verso il disinteresse alla salute del lavoratore. Inoltre, l’organismo aziendale del Servizio di Prevenzione e Protezione
    Su questo e gli aspetti determinanti, per sintetizzare, mi avvalgo dei punti dell’associazione Medicina Democratica – movimento di lotta per la salute, nella quale sono impegnato e di cui il mensile Lavoro e Salute che dirigo è supplemento. Punti per rendere il D.Lgs. 81/08 applicabile dal punto di vista sindacale e giuridico.
    1- Lotta a ogni forma di precariato sul lavoro e garanzia dell’ autoorganizzazione in fabbrica da parte dei lavoratori quali condizione preliminare per l’affermazione del diritto alla salute nei luoghi di lavoro (attuazione concreta dell’art. 9 dello Statuto dei lavoratori e delle lavoratrici).
    2- Piena competenza dei compiti di vigilanza nei luoghi di lavoro (in tutti iluoghi di lavoro) da parte dei servizi di prevenzione delle USL/ASL con relativo piano di assunzione di un numero di tecnici idoneo per estenderei controlli in tutte le aziende.
    3- Responsabilità e autonomia decisionale dei tecnici della prevenzione della ASL/USL nella attuazione dei controlli programmati, in emergenza e su richiesta de ilavoratori e delle loro rappresentanze. Predominanza di interventi mirati e di qualità rispetto a criteri basati esclusivamente sul numero dei controlli.
    4- Inasprimento delle sanzioni a carico del datore di lavoro e dei dirigenti dalla normativa cogente per il mancato adempimento degli obblighi relativi a diritto del lavoro e a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
    5- Ripristino del testo originale delD.Lgs. 81/08, eliminando le modifiche peggiorative per la salute e la sicurezza dei lavoratori introdotte dalle successive modifiche (D.Lgs.106/09, Decreto del fare, Decreto semplificazioni, Decreti attuativi del Jobs Act). Contrasto ad ogni ulteriore modifica peggiorativa del D.Lgs. 81/08, come quella prospettata dal Disegno di Legge Sacconi già presentato in Senato checomporterebbe una drasticaderesponsabilizzazione del datore dilavoro e la trasformazione della valutazione dei rischi e la definizione conseguente delle misure di prevenzione e protezione in una semplice “certificazione” da parte di un profes-sionista pagato dall’azienda.
    6- Sostenere la ripresa della conoscenzae coscienza dei lavoratori con lapromozione di sportelli salute esicurezza autorganizzati e gestiti dalle realtà locali, in una rete di associazioni, anche a sostegno dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, che spessooperano senza validi sostegniformativi.
    7- Creazione di una rete di assistenza tecnico/legale per i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza quando, aseguito della loro attività, subisconodiscriminazioni da parte delle aziende.
    8- Previsione di pool di magistrati chesi occupano di salute e sicurezza sullavoro in ogni Procura, con relativa formazione specifica, creazione di una Procura nazionale per la sicurezza sullavoro.
    9- Ripresa e sviluppo del rapporto tra lavoratori e tecnici sia per quanto riguarda i rischi lavorativi che quelli ambientali, anche al fine della programmazione degli interventi per filiera produttiva o rischio e della formazione e sensibilizzazione dei lavoratori sulla conoscenza dei loro diritti rispetto a salute e sicurezza sul lavoro.
    10- Introduzione nel codice penale deireati di omicidio sul lavoro (revisione dell’apparato sanzionatorio del Dlgs81/2008) e di vessazioni sul lavoro (mobbing, discriminazione sul lavoro, violenza e stalking sul lavoro) anche creando osservatori su tali temi e sostenendo quelli già esistenti.
    11- Introduzione in maniera esplicita nel Dlgs 81/2008 dell’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di definire le relative misure di prevenzione e protezione, anchetenendo conto dei dati epidemiologici della coorte di riferimento responsabilizzando i Medici competenti.
    12- Passaggio delle competenze sul riconoscimento delle malattie professionali dall’INAIL alle USL/ASL, revisione delle tabelle sulle malattie professionali (introducendo le neoplasie mancanti, patologie come MCS e sindrome da elettrosensibilità, patologie psichiche e psicosomatichelavoro correlate) e della tabella sulla quantificazione del danno biologico. Contrasto con l’atteggiamento dichiusura di enti (INAIL in primis) che non riconoscono o rendono impervio il riconoscimento di malattie professionali.
    13- Promozione della ricerca attiva dei tumori professionali da parte dei servizi di prevenzione delle USL/ASL (utilizzo delle indagini epidemiologiche per ricerche sui comparti a rischio) sull’esempio del modello OCCAM.
    14- Piena attuazione ed estensione delregolamento europeo REACH per lesostanze di maggiore pericolosità (cancerogeni, mutageni e teratogeni) per arrivare al divieto di produzione e di introduzione nei paesi aderenti alla Unione Europea.
    Nota finale.
    Il tema della sicurezza sul lavoro nella sua articolazione dello stress correlato nella dimensione del lavoro smart-working e un mirato intervento sindacale sarebbe l’ovvia continuazione di questo lungo intervento.

Franco Cilenti
Direttore editoriale del mensile cartaceo Lavoro e Salute.

Edizione web www.lavoroesalute.org

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