Sostegno: non vi è nulla di “medico” nel ruolo che vogliamo

Aula scolastica

Al di là del titolo ad effetto (SCUOLA – Sostegno agli alunni disabili, il Governo vuole introdurre il docente-medico: no del sindacato, sarebbe un grave errore), è assolutamente fuorviante anche il contenuto di quel comunicato recentemente diffuso dall’Associazione ANIEF, del quale ha già scritto su queste stesse pagine Salvatore Nocera. E lo è quando afferma che si vuole un “insegnante medico”.

Nelle proposte della nostra Federazione, infatti [FAND – Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità, N.d.R.], riprese dalla Proposta di Legge AC 2444, concordate con la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), e presentate al Governo per farne il contenuto del previsto Decreto Delegato sull’inclusione scolastica, noi parliamo di istituire il ruolo dei docenti di sostegno e disegnamo percorsi formativi che li portino a una maggiore specializzazione: è questa, infatti, la pressante richiesta che ci arriva dalle famiglie dei nostri ragazzi e anche dai Dirigenti Scolastici, quando si trovano di fronte a docenti di sostegno disorientati e impreparati al compito.

Non c’è quindi alcun nesso tra il nostro sostenere la necessità di una maggiore specializzazione e di maggiori competenze e l’affermare che si vogliano “medicalizzare” gli insegnanti. Qualsiasi docente sa che per rendere efficace il proprio insegnamento, deve avere un’approfondita conoscenza della disciplina e buone competenze metodologico-didattiche: non basta, infatti, sapere una cosa per poterla insegnare. Nel rapporto educativo con il disabile, l’esperto della disciplina è – e deve rimanere – il docente titolare: a lui spetta la responsabilità dell’insegnamento e della valutazione dell’alunno, anche se con disabilità, mentre il docente di sostegno dovrebbe – affiancandosi al titolare nel progettare le diverse unità didattiche – suggerire le modalità di comunicazione, le metodologie, la didattica e gli strumenti necessari a rendere efficace l’insegnamento in presenza di alunni con determinate disabilità, diventando in tal modo un reale sostegno per il Consiglio di Classe e uscendo una volta per tutte dalla “gabbia” che lo isola come “l’insegnante dell’alunno disabile”. Non ci sembra vi sia nulla di “medico” in questo ruolo, né che per prepararsi si debbano frequentare i corsi di medicina; le competenze sopraindicate devono essere acquisite nelle aule di Scienze della Formazione e di Scienze dell’Educazione.

Allo stesso modo l’insegnante che sappia comunicare e interagire positivamente con un cieco, con un sordo, con un ragazzo autistico o con uno con sindrome di Down, che ne conosca gli stili di apprendimento e le tecniche di insegnamento, sarà un professionista specializzato preparato a svolgere il compito per il quale è assegnato alla scuola, senza però avere nulla a che fare con un medico, né con un riabilitatore, a meno che si ammetta che le uniche “specializzazioni” possibili si acquisiscono solo nel settore sanitario. Il comunicato diffuso dall’ANIEF affronta poi un altro tema, quello cioè della continua mancanza di docenti di sostegno, nonostante le ripetute ammissioni in ruolo.

E qui si arriva a un vero proprio paradosso, accusando il Governo di essere l’unico responsabile di tale situazione. L’ANIEF viceversa sa che dopo cinque anni, ai docenti di sostegno entrati in ruolo, è data la possibilità di “transitare” nei ruoli ordinari delle varie discipline, ciò che ogni anno – in corrispondenza del termine delle operazioni di mobilità del personale – crea una continua emorragia di insegnanti lasciando – e in modo non preventivabile – moltissimi posti vacanti nell’organico di diritto per il sostegno. In questa situazione, pretendere di poter coprire con nomine di ruolo tutti i posti resisi vacanti, è come pretendere di riempire un secchio bucato. Il paradosso, poi, e le contraddizioni diventano evidenti, quando, nel medesimo comunicato dell’ANIEF, quel diritto (che tra l’altro, a parere di chi scrive, è una delle cause di perdita di continuità didattica), viene difeso (senza alcuna motivazione didattica) e diventa motivo per contestare la proposta sostenuta da FAND e FISH, dove con l’istituzione del ruolo di sostegno, esso potrebbe venire meno.

Noi proponiamo il ruolo di sostegno perché, dando maggiore specializzazione al docente, ne fa il riferimento per l’intera istituzione scolastica, quale “sensibilizzatore” del contesto alle tematiche dell’inclusione, esperto al quale il Consiglio di Classe può rivolgersi al momento della programmazione, oltreché partner del docente titolare nella progettazione ed erogazione dell’attività didattica alla classe. In conclusione, garantendo maggiore stabilità al docente di sostegno, si favorisce la continuità didattica del suo lavoro, correggendo due punti di debolezza dell’attuale modello di inclusione, evidenziati con forza dalle famiglie: la bassa specializzazione e l’eccessiva mobilità dello stesso docente di sostegno.

Luciano Paschetta

Referente nazionale per l’Istruzione della FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità).

22/10 2015 www.superando.it

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