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    Messico, Stati Uniti e Canada hanno trovato l’accordo per le modifiche al nuovo trattato di libero commercio. Un percorso nefasto – cominciato il primo gennaio del 1994, giorno dell’insurrezione zapatista – che, tra le altre rovinose conseguenze, ha prodotto l’espulsione di venti milioni di contadini messicani dalle loro terre con l’emigrazione in altri paesi o nelle maquiladoras della zona di confine, in condizioni miserabili. Ora, di nuovo per favorire l’incremento degli investimenti privati, l’espropriazione e il saccheggio saranno ancora più gravi. Intanto a Madrid, malgrado il fallimento del vertice sul clima, si tenta di rilanciare il mito meccanicistico del governo o della gestione della natura, su scala globale, intorno alla nuova metafora della terra come totalità cibernetica. In una guerra, come quella degli Stati contro tutti i popoli, bisogna saper distinguere gli alleati dai nemici.

    Sottrarsi all’orrore

    Pubblicato da franco.cilenti
    La desertificazione in Messico. Foto imparcialoaxaca.mx

    E’ stata una settimana pesante… cominciata molto tempo fa. Per Carlos Salinas (il presidente in carica al momento dell’entrata in vigore dell’Accordo per il libero commercio e dell’insurrezione zapatista del gennaio 1994, ndt), il Messico non aveva altra scelta che agganciarsi alla locomotiva nordamericana, sebbene fosse soltanto un vagone. Per vendere il paese senza troppa turbolenza, ha sperperato beni pubblici e ha distribuito risorse da tutte le parti. Ai poveri ha riservato i programmi sociali, ideati dalla Banca Mondiale, che li educano al consumo. Ormai ridotto il settore pubblico, rimaneva un’anomalia sconveniente per una società capitalista: la terra era fuori dal mercato. Con il sostegno delle organizzazioni contadine, ha riformato la Costituzione, in modo che gli uomini d’affari moderni potessero liberare i poveri ejidatarios[1] dal loro vincolo con i terreni.

    Una volta soddisfatte queste due condizioni, è stato possibile firmare il trattato di libero commercio, grazie al quale è stato in gran parte smantellato l’apparato produttivo messicano, si è creata la peggiore dipendenza – quella dello stomaco – e si è generata una profonda disuguaglianza: ci sono dei messicani sia tra i più poveri che tra i più ricchi del mondo. I nostri salari sono risultati inferiori a quelli della Cina. Venti milioni di contadini sono stati espulsi dalle loro terre e sono emigrati in altri paesi o nelle maquiladoras[2] della zona di confine, in condizioni miserabili.

    È stato brutalmente intensificato l’attacco alla sussistenza autonoma, tipico del capitalismo. “Il mio compito come ministro dell’agricoltura – ha dichiarato Carlos Hank nel 1991 – è quello di espellere dalla campagna 10 milioni di contadini”. Che facciano i giardinieri in Texas o aprano un negozietto, ha dichiarato Fox nel 2001, quando il suo ministro dell’agricoltura ha portato l’obiettivo a 20 milioni. La distribuzione di denaro non è stata sufficiente a mantenere una certa stabilità. Quindi si è fatto ricorso alla violenza che ci sta sempre più travolgendo.

    La signora Pelosi e Trump hanno buoni motivi per festeggiare la loro vittoria. Con la sua solita moderazione, il presidente degli Stati Uniti ha celebrato il miglior accordo commerciale firmato dal suo paese. Non si capisce bene che cosa festeggino i partiti e i funzionari messicani. Saranno stimolati gli investimenti privati. Il clima favorevole agli affari rilancerà un’economia in difficoltà. Ma il prezzo è altissimo. L’espropriazione e il saccheggio saranno ancora più gravi.

    Il mais olotón[3] della Sierra Norte di Oaxaca è un prodigio della scienza contadina. Le sue radici catturano l’azoto atmosferico e la pianta cresce fino a quattro o cinque metri in terreni montuosi e poveri. L’impresa transnazionale Mars Inc cerca di brevettarlo. Lo difendono contadini indigeni, i loro legittimi proprietari, e una serie di organizzazioni riunite nell’Espacio Estatal de Defensa del Maíz Nativo. Il nuovo trattato sarà un modo per facilitare e generalizzare tale espropriazione. Questa è solo una delle componenti di un accordo che perpetua le atrocità compiute per decenni dalla mafia al potere. Molte altre componenti verranno alla luce quando saranno resi noti i particolari del documento.

    A Madrid, in questa stessa settimana, gli attivisti sono stati espulsi dalla COP25, nei cui saloni i principali inquinatori del pianeta disponevano di spazi di esposizione. Il Vertice sul Clima è stato una pallida copia del Summit della Terra, che nel 1992, a Rio de Janeiro, ha celebrato le nozze dell’ecologia con lo sviluppo, in modo che il rivestimento verde servisse come promozione commerciale.

    Il trucco è noto: globalizzare l’ecologia. L’accento posto sui problemi globali, come l’effetto serra, ha rilanciato il mito meccanicistico del governo o della gestione della natura, su scala globale, intorno alla nuova metafora della terra come totalità cibernetica. Questa prospettiva ha richiesto, quindi, soluzioni globali, affidate a politici, imprese e tecnici capaci di concepirle e di attuarle.

    Si riproporrà la brillante immagine concepita nel 1992 da Juan José Consejo: una volta raggiunto il culmine, tutte le strade sono in discesa. I governi di 196 paesi hanno riconosciuto spudoratamente l’inefficacia di ciò che dicono e concordano. Ad esempio, le emissioni con effetto serra, che continuano a configurarsi come il nemico da sconfiggere, raggiungeranno nel 2019 il loro livello più alto. Non c’è stata nessuna riduzione, nonostante accordi e impegni universali… che di nuovo sono stati ripetuti a Madrid, con la recita degli stessi discorsi di trent’anni fa.

    Quelli che allora avevano cominciato a perdere la fiducia nelle autorità, ma speravano ancora in qualcosa da loro, sono andati incontro alla delusione finale, senza cadere nella disperazione. Sono passati all’azione, all’iniziativa, a prendere in mano la situazione. Sono scesi infine da un treno che non li portava da nessuna parte.

    La manifestazione per il clima del 19 aprile 2019, a Roma con Greta Thunberg. Foto Massimo Tennenini

    L’evoluzione di Greta Thunberg illustra bene il processo. Ha cominciato guardando in alto, verso il Parlamento svedese. Ha continuato con gli occhi fissi sulle autorità. In settembre, a New York, già manifestava la sua impazienza. Come osate!, ha detto alle Nazioni Unite. Ora ha ribadito: I leader ci stanno tradendo e non permetteremo che questo continui ad accadere. E ha precisato: la speranza non viene da governi e imprese, ma dalla società e dalle persone che cominciano a risvegliarsi.

    In una guerra è indispensabile sapere chiaramente chi sono gli alleati e chi sono i nemici.

    Gustavo Esteva

    gustavoesteva@gmail.com

    Fonte: “Escapar del horror”, in La Jornada, 16/12/2019.

    Traduzione a cura di Camminardomandando

    21/12/2019 comune-info.net


    [1] Ndt – Persone che lavorano in comunità rurali di uso collettivo, diffuse soprattutto nelle comunità indigene.

    [2] Ndt – Fabbriche, presenti soprattutto nel nord del Messico e controllate da capitali stranieri, dove si assemblano pezzi costruiti altrove (Usa, Giappone, Europa), producendo prodotti finiti da vendere sul mercato estero.

    [3] Ndt – Una varietà di mais nativo.

    Tags: Accordo per il libero commercio ambiente Banca Mondiale Cambiamenti climatici Cop25 desertificazione Donald Trump Escapar del horro Greta Thunberg Gustavo Esteva La Jornada mais olotón Messico
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