Sovraffollamento, violenze, suicidi: la nuova relazione sulle carceri italiane

Dall’affollamento delle carceri al notevole numero di suicidi, passando per l’incompiutezza del percorso normativo avviato con l’istituzione delle Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza), sono diverse le criticità emerse dalla “Relazione al Parlamento 2022” del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, presentata al Senato lo scorso 20 giugno dal Presidente Mauro Palma. In tal senso, innanzitutto non si può non porre la lente d’ingrandimento sulla “analisi numerica del carcere”, in merito alla quale non solo si parla delle problematiche note “dell’affollamento delle strutture“, della “inaccettabilità di molte di esse sia per chi vi è ristretto, sia per chi vi lavora ogni giorno” e della loro “inadeguatezza sul piano spaziale per una esecuzione penale costituzionalmente orientata”, ma altresì della “accentuazione della presenza di minorità sociale in carcere”.

Infatti, nel documento di presentazione si legge che delle 54786 persone registrate (a cui corrispondono 53793 persone effettivamente presenti) e delle 38897 che sono in esecuzione penale, “ben 1319 sono in carcere per esecuzione di una sentenza di condanna a meno di un anno e altre 2473 per una condanna da uno a due anni”. Tralasciando “quale possa essere stato il reato commesso che il giudice ha ritenuto meritevole di una pena detentiva di durata così contenuta”, risulta appunto “importante riscontrare che la sua esecuzione in carcere, pur in un ordinamento quale il nostro che prevede forme alternative per le pene brevi e medie, è sintomo di una minorità sociale che si riflette anche nell’assenza di strumenti di comprensione di tali possibilità, di un sostegno legale effettivo, di una rete di supporto”. Detenzioni alquanto discutibili dunque, concretizzandosi “soltanto in tempo vitale sottratto alla normalità” e trattandosi di “interruzioni di vita destinate probabilmente a ripetersi in una inaccettabile sequenzialità”.

Il documento, inoltre, si concentra su “un disagio molto presente nel sistema di detenzione adulta”, ovverosia i gesti autolesionistici e, soprattutto, i suicidi: 29 ad oggi a cui si aggiungono 17 decessi per cause da accertare. In tal senso, viene sottolineato che l’età e la fragilità, spesso già nota, degli autori di questi gesti definitivi rappresentano “un monito” e “ci interrogano non per attribuire colpe, ma per la doverosa riflessione su cosa apprendere per il futuro da queste imperscrutabili decisioni soggettive, cosa imparare per diminuire il rischio del loro ripetersi”.

Dopodiché, particolare attenzione viene dedicata alle Rems, le strutture sanitarie di accoglienza per gli autori di reato affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi (tema al quale su l’Indipendente abbiamo dedicato una inchiesta, ndr). “Il Garante nazionale è ben consapevole dell’incompiutezza del percorso normativo e attuativo avviato con la legge che ha previsto tali Residenze“, si legge nel documento, che parla di “un percorso segnato innanzitutto dall’errore concettuale di chi le configura come mere strutture di sostituzione dei dismessi Ospedali psichiatrici giudiziari e non come misura estrema all’interno di un progetto complessivo di presa in carico della persona autrice di reato e dichiarata non penalmente responsabile”. Infatti, “la recente sentenza che ha previsto per un autore di duplice omicidio l’internamento in Rems per trenta anni non può trovare alcuna giustificazione dal punto di vista sanitario perché nessun intervento di cura e recupero può essere attuato in tali termini e sembra richiamare soltanto la logica prognostica della pericolosità sociale”. Ad ogni modo, però, da un lato bisognerebbe “ridefinire” la presenza delle Rems nel territorio, essendo “insufficiente in alcune specifiche aree”, e dall’altro “valutare l’eccesso di ricorso a tale misura”.

Infine, si parla della questione migranti e dei “sovraffollati hotspot”, rispetto ai quali “il dato delle registrazioni è tornato simile a quello del 2017, ma con una prevalenza di presenze a Lampedusa pari a quattro volte quella raggiunta in quell’anno”. Inoltre, “non è cambiata la percentuale dei rimpatri relativamente alla permanenza nei Centri per il rimpatrio (Cpr)”, che “attualmente nei 10 Centri, con una complessiva capienza di 711 posti, si è mantenuta attorno al 49% delle persone che vi sono state ristrette, in media per trentasei giorni”, il che “apre la questione della legittimità di tale trattenimento quando sia già a priori chiaro che il rimpatrio verso quel determinato Paese non sarà possibile”. Ovviamente da sottolineare il fatto che “ai Centri sono stati recentemente aggiunte le cosiddette ‘strutture idonee’”, dove “le persone da rimpatriare possono essere trattenute in assenza di una facile disponibilità dei Centri”. Tuttavia, le criticità per il Presidente stanno alla base, con il tema migratorio che “continua ad essere affrontato, nei suoi miglioramenti e nelle persistenti problematicità, in termini emergenziali e non strutturali: quasi sia ancora un problema nuovo, rispetto al quale deve invece essere sviluppata una politica solida e non congiunturale, a livello italiano ed europeo”.

Raffaele De Luca

23/6/2022 https://www.lindipendente.online

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