SS-Polizeiregiment Bozen e l’arrogante stupidità dei senza memoria

La banda musicale di ‘poveri pensionati Bozen’ citati dal presidente del Senato a diffamare la Resistenza antifascista nella ricostruzione della storia. Ieri un assaggio grazie allo scrittore Toni Sirena. «Il 20 agosto del 1944 una banda musicale di poveri pensionati arrivò a suonare la sua musica in valle del Biois, in provincia di Belluno, dopo aver percorso sentieri di montagna al suono dei violini. Qui arrivata, sfoderò pure i tromboni e allegramente trucidò 44 civili, dando poi alle fiamme i paesi. La banda aveva un nome stravagante, che, come si capisce bene, era un nome folcloristico». (https://www.remocontro.it/2023/04/01/il-post-fascista-che-forse-non-e-abbastanza-post/)
Dall’ironia micidiale alla storia persino più severa, con Giovanni Punzo. A scoprire che quelle SS feroci come tutte, alle fine erano pure conseguenza delle precedenti persecuzioni fasciste contro la popolazione di lingua tedesca. Nazisti stragisti figli del fascismo nazionalista italiano altrettanto feroce. E.R.

Schiacciati tra fascismo e nazismo

Nel novembre 1918 il regno d’Italia, alla conclusione della Prima guerra mondiale, portava il proprio confine al Brennero inglobando una provincia a maggioranza di lingua tedesca. Gli sconfitti furono trattati all’inizio con una certa diffidenza: si trattava in ogni caso dell’ex nemico e qualche perplessità era abbastanza comprensibile, ma le cose peggiorarono durante il fascismo che attuò una vera e propria italianizzazione forzata reprimendo qualsiasi tentativo di uso della lingua tedesca e imponendo lingua e cultura italiana. Sorsero per questo le cosiddette ‘scuole delle catacombe’, in cui –nonostante il pericolo di essere arrestati– molti maestri continuarono di nascosto l’insegnamento in tedesco. La piccola repubblica austriaca, nata all’indomani della guerra, ma dilaniata da lotte interne, ad un certo punto ebbe la necessità di appoggiarsi all’Italia di Mussolini che ottenne in cambio che la questione tirolese fosse silenziata. Tra il 1934 e il 1937 in effetti l’Italia esercitò una sorta di protettorato non ufficialmente dichiarato sull’Austria, ma – a partire dalla conquista dell’effimero impero – l’Italia si appoggiò progressivamente alla Germania fino a non muovere un dito quando il piccolo stato fu occupato dai nazisti nel marzo 1938. Anche in questo caso la condizione posta fu che non fossero messa in discussione la posizione dominante italiana e la frontiera al Brennero. Qualche mese dopo fu escogitata la soluzione delle opzioni permettendo a chi ne avesse fatto richiesta di trasferirsi in Germania, ma non bisogna dimenticare che si trattava della Germania hitleriana.

Il dramma degli optanti

La scelta fu tutt’altro che semplice: due dittature imposero in pratica alla popolazione di decidere tra l’abbandono della propria terra o restarvi a condizioni inaccettabili. In protocolli dettagliati fu stabilito quanti e quali animali si sarebbero potuti trasferire, quante collezioni, quante carte di famiglia e perfino quali pietre tombali. Secondo le stime ufficiali gli optanti furono circa centottanta mila, ma non bisogna dimenticare che la propaganda nazista fece serpeggiare la voce che i sudtirolesi rimasti sarebbero stati poi ‘trasferiti’ nelle colonie dell’Africa italiana. Inoltre, negli accordi del 1939, era stato previsto un termine di tre anni per consentire i trasferimenti e molti rimasero semplicemente in attesa, mentre altri – avendo ottenuto la cittadinanza del Reich – rimasero comunque o per indecisione o per svolgere propaganda antitaliana. A sconvolgere la situazione arrivò il tragico 1943, quando al crollo del regime fascista il 25 luglio seguì la conseguente occupazione nazista. La situazione si rovesciò e, nonostante i patti, cominciò a manifestarsi anche tutta la slealtà nazista sulla questione: il Sudtirolo sarebbe stato semplicemente annesso al Reich e la popolazione maschile arruolata nelle forze armate naziste. Si esasperò così in piena guerra una situazione già dolorosa e complessa che trasformò vittime in carnefici e viceversa.

I battaglione SS Bozen si allontana dal villaggio in fiamme di Gornji Turki, in Croazia, 5 aprile 1944

SS-Polizeiregiment Bozen

Nell’ottobre 1943 fu costituito un reggimento di polizia che prese il nome dalla zona in cui era stato effettuato il reclutamento, ossia Bolzano (Bozen, in tedesco) e dintorni. Il reggimento era articolato su tre battaglioni dei quali uno fu inviato in Istria, il secondo nel Bellunese e il terzo a Roma.

I primi due furono impiegati nella repressione delle bande partigiane; rispettivamente il primo nelle stragi di Lipa nei pressi di Fiume (30 aprile 1944, duecento sessanta civili uccisi) e il secondo nella valle del Biois in provincia di Belluno (20-21 agosto 1944, quarantaquattro civili uccisi e la devastazione di vari centri abitati); a subire l’attentato fu invece il terzo che in seguito peregrinò in diversi settori del fronte.

Giovanni Punzo

2/4/2023 https://www.remocontro.it/

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