Stessa mafia, stesso mare

Mentre Matteo Salvini vaga di spiaggia in spiaggia tra foto in costume e mojito in mano, c’è chi grazie proprio a villaggi turistici e stabilimenti balneari ha messo su un business milionario, a suon di estorsioni e teste di legno. Durante il beach tour del ministro dell’Interno – proprio quell’autorità che avrebbe il compito di combattere la criminalità organizzata – molto meglio dire che grazie al pugno duro leghista sotto gli ombrelloni «non ci sono vu cumprà che rompono». Fa nulla per l’efferata e spesso sottovalutata presenza malavitosa che minaccia, corrompe, incendia.

Secondo dati ricavati da relazioni della Direzione investigativa antimafia e ricostruiti dai Verdi, dal 2013 al 2017 sono stati 110 gli stabilimenti balneari sequestrati direttamente alle cosche. L’interesse dei boss per le spiagge e i litorali è dovuto al ricchissimo business che queste generano, senza dimenticare che è facilissimo riciclare denaro di provenienza illecita sul bagnasciuga grazie agli irrisori costi delle concessioni demaniali, che – secondo dati del ministero dell’Economia – incidono su meno del cinque per cento del fatturato degli stabilimenti balneari stessi. Un giro d’affari certificato dall’Agenzia delle entrate intorno ai 2 miliardi di euro.

«Il tema – commenta non a caso il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, che in passato è stato vittima anche di pesanti atti intimidatori (nel 2000 gli venne incendiata casa a Ostia, nel 2006 gli venne fatto trovare un fegato di animale sul pianerottolo) – è pesantemente sottovalutato dalle istituzioni. Eppure la gestione del demanio marittimo è sempre stato oggetto dell’attenzione della criminalità organizzata, proprio perché i canoni annui sono così bassi che ovviamente determinano utili molto elevati».
Luigi Bonaventura, oggi collaboratore di giustizia, è stato a lungo boss della cosca Vrenna-Bonaventura e per anni ha avuto nelle sue mani il controllo di gran parte della movida crotonese, tra stabilimenti balneari, discoteche e ristoranti. «In Calabria e in Sicilia – spiega – questo business è molto florido per due motivi…

L’inchiesta di Carmine Gazzanni prosegue su Left in edicola dal 23 agosto 2019

25/8/2019 https://left.it

 

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