Sulla sicurezza non si gioca. I morti sul lavoro e di lavoro non sono mai una fatalità

 non sicurezza sul lavoro

Gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, e le stragi del profitto  sono sempre il risultato della mancanza di adeguate misure di sicurezza, che provocano condizioni di vita e di lavoro insicure in ambienti insalubri, a contatto con sostanze nocive e cancerogene, senza adeguate protezioni per i lavoratori che coinvolgono sempre più spesso anche la popolazione.

Secondo l’ILO (l’International Labour Office), ogni giorno muoiono nel mondo più di seimila persone per infortuni e malattie professionali, mentre le stragi provocati da disastri ambientali a tutt’oggi non sono conteggiate.

Le stragi di lavoratori morti per infortuni sul lavoro e malattie professionali sono sempre da bollettino di guerra, nonostante la diminuzione dei posti di lavoro dovuti alla crisi economica che dura dal 2008.

Le malattie professionali diluiscono semplicemente le morti nel tempo: per esposizione o contatto con sostanze nocive e cancerogene nel processo di produzione, l’ILO stima che ogni anno perdano la vita circa 438.000 lavoratori, cifra senz’altro in difetto rispetto alla realtà.

L’amianto, in particolare, è responsabile della morte di 100.000 persone l’anno (più di 4.000 nella sola Italia, 11 al giorno, uno ogni due ore), mentre la silicosi continua a colpire milioni di lavoratori e pensionati nel mondo.

Così scriveva G. Berlinguer in Medicina del lavoro in La salute nella fabbrica (edizioni Italia – URSS, Roma 1972, pag. 32):

Nel ventennio1946–1966 si sono verificati in Italia 22.860.964 casi di infortunio e di malattia professionale, con 82.557 morti e con 966.880 invalidi. Quasi un milione di invalidi, il doppio di quelli causati in Italia dalle due guerre mondiali, che furono circa mezzo milione. Mentre la media degli infortuni e malattie professionali nel ventennio 1946–1966 è stata lievemente superiore ad 1 milione di casi annui, negli anni dal 1967 al 1969 la cifra è salita ad oltre 1,5 milioni di casi e nel 1970 ad 1.650.000 casi”.

Sono passati molti anni da quello studio ma la condizione dei lavoratori italiani è in continuo peggioramento.

Nella crisi si sono ridotti i posti di lavoro, ci sono meno lavoratori occupati, ma aumentano i morti sul lavoro. Nel 2015 gli infortuni mortali sul lavoro sono aumentati del 16% rispetto al 2014 (1.172 a fronte degli 1.009 del 2014.)

Anche nel 2017 i morti sul lavoro sono in aumento.

I morti per infortuni sul lavoro dal 1°gennaio al 20 giugno 2017, secondo l’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro “sono di 315 lavoratori. Con i morti sulle strade e in itinere, che sono considerati a tutti gli effetti morti sul lavoro, si superano i 640 morti complessivi. Erano il 4 giugno di quest’anno 276. Erano 262 sui luoghi di lavoro al 4 giugno del 2016 +5,1% Erano 236 il 4 giugno del 2008 +14,5%. Come vedete nessun calo delle morti per infortuni sui LUOGHI DI LAVORO, anzi, un aumento costante in questi dieci anni nonostante vogliono farci credere il contrario, e questo per giustificare l’incredibile massa di denaro speso per la Sicurezza in questi anni”. 

Gli incidenti sul lavoro in Italia hanno fatto più morti fra i lavoratori che fra i soldati della coalizione occidentale della 2° guerra del Golfo. L’Eurispes ha calcolato che dall’aprile 2003 all’aprile 2007 i militari che hanno perso la vita sono stati 3.520, mentre dal 2003 al 2006 in Italia i morti sul lavoro sono stati ben 5.252 e l’età media di chi perde la vita è intorno ai 37 anni.

Secondo dati Eurostat (del 2005) ogni anno 5.700 persone muoiono a causa di incidenti sul lavoro.

L’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) stima che altri 159.500 lavoratori perdano la vita a causa di malattie professionali. Sommando i dati, si stima che ogni 3 minuti e mezzo nell’Unione Europea ci sia un decesso per cause legate all’attività lavorativa.

Anche le malattie professionali non tabellate dall’INAIL sono in aumento: nel 2002 erano il 71%, nel 2006 sono arrivate all’83%, mentre si calcolano in 200mila gli incidenti sommersi e non denunciati. 

Di lavoro si continua a morire.

Questi dati ci dicono che avremmo estremo bisogno di prevenire gli “incidenti” e le malattie professionali, e le stragi ambientali, mettendo in sicurezza i luoghi di lavoro ed eliminando le sostanze cancerogene dai processi e dagli ambienti di lavoro.

Serve una medicina preventiva in grado di rintracciare le cause che producono malattie e morte e di eliminarle, ma questo non è nell’interesse di chi ha trasformato la salute e la morte in una fonte di profitto.

In questa società gli esseri umani sono trattati come merce, come cose e la natura è ridotta a qualcosa da saccheggiare selvaggiamente. Da qui la causa delle “catastrofi naturali” che di naturale non hanno niente.

Tocca quindi ai lavoratori, ai RLS ricordare – anche entrando in conflitto con padroni e istituzioni – che i lavoratori sono esseri umani e non numeri.

Il nostro paese ha il suo fondamento nella Costituzione Repubblicana, che all’art. 32 recita “La Repubblica Italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e della collettività”, arrivando a dichiarare che la stessa iniziativa privata – pur essendo libera – “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art. 41 II comma cost.).

Il ruolo dei RLS consiste proprio nel fare applicare questa norma. Non basta intervenire dopo che il danno c’è stato, bisogna intervenire per prevenirlo.

L’amianto come tutte le sostanze cancerogene provocano danni che sono all’origine di numerosi tumori. Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti chenon esistono soglie di sicurezza o di tolleranza alle sostanze cancerogene.

Sebbene sia necessario, non basta predisporre dispositivi di protezione individuali o collettivi per la riduzione del rischio, ma bisogna adoperarsi affinché il rischio sia ridotto a zero. L’esposizione alle fibre di amianto riduce l’attesa di vita di chi è stato esposto, facendo inoltre vivere lui e la sua famiglia nel terrore di ammalarsi, e questa situazione è già una malattia.

Gli RLS, insieme ai lavoratori (che non devono delegare solo agli RLS il problema della sicurezza e della difesa della salute ma essere protagonisti mobilitandosi in prima persona), si devono battere per il rischio zero, anche se questo può generare contrasti con i padroni e manager, come dimostra il licenziamento del compagno ferroviere Riccardo Antonini a cui va tutta la nostra stima e solidarietà. Sulla sicurezza e la salute non si scherza! Non si può accettare, sotto il ricatto del posto di lavoro, di venire meno al principio di solidarietà di classe e umana.

Spesso, nel nostro paese, i diritti sanciti nella Costituzione sono subordinati ai poteri forti e applicati solo se compatibili con essi.

La sicurezza sui posti di lavoro e la salute dei lavoratori e dei cittadini, viene prima di tutto, anche se questo comporta il rischio di scontrarsi con i datori di lavoro e le istituzioni che spesso sono in conflitto di interesse.

Le nomine dei direttori dei vari Enti – INAIL, INPS, ATS (ex ASL) – e delle aziende pubbliche sono decisi dalla politica cui rispondono, cosi come i manager delle aziende private rispondono agli azionisti, ai quali interessa realizzare il massimo profitto risparmiando anche i pochi euro sulla sicurezza, anche se questo va a scapito della salute dei lavoratori. Basti qui ricordare solo alcune delle innumerevoli stragi, da quelle della ThyssenKrupp, a quelle di ILVA di Taranto, da quelle dell’amianto fino alla strage ferroviaria di Viareggio con 32 cittadini morti, bruciati vivi nelle loro case.

Ruolo dell’INAIL

 

L’INAIL è l’Ente che deve accertare e nello stesso tempo indennizzare le malattie professionali è in palese conflitto d’interessi. Generalmente in prima richiesta respinge di solito le domande di malattia professionale, anche per casi di mesotelioma.

Non si può subordinare la salute e la vita umana alla logica del profitto, ai costi economici aziendali o ai bilanci dello stato. Senza rispetto per la sicurezza sul lavoro, gli operai, i lavoratori continueranno a subire infortuni, ad ammalarsi e morire sul lavoro e di lavoro e l’amianto e altre sostanze cancerogene presenti sul territorio, se non si eliminano, continueranno ad uccidere gli esseri umani e la natura.

I limiti legali imposti per legge alle sostanze cancerogene non danno alcuna garanzia alla tutela della salute. In presenza di cancerogeni la salute è continuamente esposta a rischi.

Lottare per ambienti di lavoro salubri e per un mondo pulito significa lottare contro chi – pur di fare soldi sulla pelle dei lavoratori e cittadini – condanna a morte ogni anno migliaia di esseri umani, anteponendo i suoi interessi privati a quelli collettivi della società su cui, tra l’altro, ricadono i costi di tutte queste malattie e queste morti.

Michele Michelino 

Presidente del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

26/6/2017 www.comitatodifesasalutessg.com

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