Se tali progetti di autonomia dovessero andare in porto la legislazione certificherebbe, per la prima volta in Italia, che i diritti di cittadinanza possono essere diversi fra cittadini italiani, ovvero maggiori laddove il reddito pro-capite è più alto e inferiori in contesti più poveri. A questi elementi politici si affiancano anche valutazioni sull’ordinamento dello Stato, caratterizzato da istituzioni come le città metropolitane e le provincie che – anche a causa degli effetti nefasti delle riforme renziane – non hanno un quadro preciso delle risorse con cui gestire funzioni importanti per la vita delle comunità, e che sono per altro caratterizzate dall’assenza di una piena legittimità democratica in quanto frutto di elezioni di secondo livello. In questo contesto i comuni rischiano di essere gli enti più penalizzati, stretti tra continui tagli ai trasferimenti, blocco delle assunzioni e riforme istituzionali che accentrano sempre più potere lontano da chi è il soggetto istituzionale più vicino ai cittadini.
Autonomia differenziata: il sud nella trappola dell’austerità
Si discute molto, in questi giorni, della cosiddetta autonomia differenziata. Quest’ultima dovrebbe rappresentare il fiore all’occhiello dell’avventura leghista al governo con il Movimento 5 Stelle. Al momento (e questa dovrebbe essere una buona notizia, come vedremo a breve), il governo giallo-verde sembra non riuscire a trovare la quadra sull’argomento. Ciò avviene, questo è certo, non per le preoccupazioni del Movimento 5 Stelle sulla […]