Il (tardivo) intervento della Cassazione. Ci sono voluti otto anni, ma finalmente, con sentenza del 20 agosto scorso, la Corte di cassazione ha messo la parola fine al tentativo posto in essere tra il 2010 e il 2012 dall’allora Gruppo FIAT di estromettere dai propri stabilimenti la FIOM e la FILCTEM-CGIL (quando non addirittura i lavoratori a esse aderenti) sancendo l’illegittimità e il carattere antisindacale delle condotte dell’azienda. L’ultima decisione della Cassazione giunge con gravissimo ritardo, anche per l’acquiescenza prestata dalle altre organizzazioni sindacali alle illegittime pretese aziendali e per l’adesione alle posizioni della società da parte dei giudici di merito. Tuttavia essa è comunque preziosa e contribuisce a ristabilire la vigenza dei principi che debbono regolare le relazioni con i datori di lavoro e i comportamenti di questi ultimi, anche a salvaguardia del rispetto del ruolo di rappresentanza dei lavoratori attribuito alle loro organizzazioni sindacali e della libera facoltà dei lavoratori stessi di scegliere le organizzazioni cui affidare la loro tutela.
Le attività antisindacali della FIAT di Marchionne: la Cassazione scrive la parola fine.
Per capire l’importanza della sentenza della Cassazione, vale la pena ripercorrere le tappe principali della vicenda di violento conflitto sindacale che, dalla vertenza relativa allo stabilimento di Pomigliano ha portato alla firma separata del contratto collettivo specifico destinato, nell’interesse esclusivo della FIAT, a sostituire nell’intero gruppo e per tutti i dipendenti la normativa del contratto collettivo nazionale del settore metalmeccanico […]