Continua a essere dominante in Italia un approccio «biomedico» che, si dice, viene accompagnato a volte da «una psicoterapia». Il Centro di Trieste ha un approccio radicalmente diverso perché guarda ai bisogni delle persone, alla necessità di reti sociali, di inserimento lavorativo, di poter essere aiutati a casa propria (e di avercela una casa), di difesa legale, di solidarietà sociali, di sostegno alle famiglie, di rispetto delle diversità, di non rinchiudere dentro il cemento di una diagnosi le persone, di tenere sempre le porte aperte, di rispettare libertà e diritti, di moderare l’uso dei farmaci, di promuovere accompagnamenti, partecipazione a iniziative sociali. Un modo senza camici e, tanto più, senza camicie di forza di alcun genere.
Un centro di salute mentale a cinque stelle
«Un episodio vi raccontiamo successo a Barcola in via Miramarescritto persino sul quotidiano:qui non si può più circolare.Mamme impaurite, bambini piangentistrade deserte, solo degenti:voi del centro cosa ne dite?Ma li curate? Ci proteggete? Li custodite?»[dal Cantastorie composto dagli operatori e dagli utenti del Centro di salute mentale di Barcola, insieme a Giuliano Scabia, nel 1977 in occasione del Reseau internazionale […]