Testimonianza nella sanità del Lazio

Chi scrive, non è un segreto visto che lo abbiamo raccontato quasi in tempo reale ieri nella nostra diretta facebook, ha scoperto l’8 settembre, di essere positivo al Covid. Un tampone, fatto per scrupolo lunedì 7 settembre, ha datto l’inequivocabile esito: positivo.

Sintomi pochi: qualche linea di febbre, un dolore di testa e di ossa, ma poco altro per fortuna. Inutile dire che da subito (dal tampone) inizia l’autoisolamento e immediatamente dopo l’esito, il giro di telefonate a chi è stato in contatto con me negli utlimi giorni.

Più interessante per i nostri lettori, invece, raccontare quello che è successo con il Sistema di sorveglianza sanitaria. In una parola: nulla. Da martedì alle 13 – pochi minuti dopo aver scaricato gli esiti del referto – il medico di base che ci aveva in cura ha fatto la segnalazione obbligatoria al Servizio di igiene e sanità pubblica della Asl, il Sisp. Va ricordato che il Sisp ha un ruolo fondamentale: contattare il paziente positivo, ricostruire i suoi contatti e stabilire le misure per evitare il diffondersi del contagio. È il cosiddetto tracciamento, l’unica misura utile per contenere il virus.

Al momento in cui scriviamo, a circa 24 ore di distanza dalla prima comunicazione alla rete di sorveglianza, di questa telefonata non abbiamo saputo nulla. Il tracciamento è stato del tutto volontario: tutti coloro che ho avvertito e che avevano avuto contatti con me, seppure con le precauzioni comuni in questi giorni si sono messi in auto-isolamento precauzionale. Ma dell’intervento del Sisp, neppure l’ombra.

A oltre sei mesi dal primo caso di Covid italiano, insomma, la situazione è che una Asl come quella romana che ieri aveva da gestire 90 casi (non centinaia, non migliaia) non riesce ad attivarsi nei tempi rapidi che potrebbero essere esiziali per evitare un focolaio. Ed è solo la buona volontà di chi viene avvertito autonomamente dal malato a fare la differenza.

E a poco è servito che chi scrive abbia contattato il numero verde Covid 19 della Regione Lazio, l’800118800, se non per sentirsi rispondere: “proceda lei a informare le persone con cui è venuto a contatto, l’attesa di una chiamata purtroppo è normale”.

Sarebbe oltretutto molto lungo raccontarvi la sfilza di risposte diverse dei medici a chi – nella cerchia di chi era venuto a contatto con me – ha chiesto se doveva fare il tampone: una testa un parere, verrebbe da dire osservando le differenze tra chi ha prescritto il tampone, chi lo ha negato (“deve contattarvi il Sisp”), chi non ha saputo cosa rispondere.

Ci congediamo con questa cronaca delle falle di un sistema che avrebbe dovuto essere oramai rodato, con l’osservazione fatta proprio ieri notte da una delle persone che ho avvisato e che come tutte le altre ha cercato per un’intera giornata di capire cosa doveva fare: “Se penso che siamo a 6 mesi dal lockdown, nessuno di noi sta male e abbiamo chiamato una ventina di medici, ASL ecc ecc e ancora non é del tutto chiarissimo cosa si deve fare… non voglio neanche immaginare cosa é successo 6 mesi fa ad un poveraccio che stava soffocando dentro casa. Meglio non immaginarlo!”

Riccardo Quintilli

9/9/2020 https://ilsalvagente.it

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