Torino-Lione, a che punto sono i lavori e le proteste NoTAV che non si sono mai fermate

“Sono 30 anni che si parla di Tav”, “Il tunnel è già stato scavato?”, “Chissà quando verrà costruito il Tav?”. Sono solo alcune delle domande che si sentono dentro e fuori la Val di Susa sulla linea ferroviaria Torino – Lione. Rispondere non è così semplice per diverse ragioni, ma con un po’ di calma ci si può provare.

Il progetto divide la linea ferroviaria Torino-Lione in diverse parti. In primis abbiamo la sezione transfrontaliera, che copre il tratto tra Susa/Bussoleno (in Italia) e il comune francese di Saint-Jean de Maurienne. Questa è la sezione dove è previsto il tunnel di base a due canne di circa 57 km. Al di fuori di ciò, il progetto è stato diviso in una sezione “francese” (i lavori sono in capo alla compagnia ferroviaria Sncf) e in una italiana, in capo a Rfi, che congiunge Susa a Torino.

Leggi anche >> TAV Torino-Lione: a che punto sono i lavori, i costi-benefici, il dibattito pro e contro

Il tunnel di base e la sezione transfrontaliera

I lavori per la sezione transfrontaliera sono quelli a uno stadio più avanzato rispetto al resto, visto che si parla di un cantiere aperto e di lavori già iniziati. Il cantiere in questo caso si trova a Chiomonte, in alta Val di Susa, e i lavori sono gestiti da Telt, azienda partecipata italo-francese: è controllata al 50% dal Gruppo Ferrovie dello Stato e al 50% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze francese. Di fatto i lavori per lo scavo del tunnel di base non sono iniziati, mentre sono in stadio avanzato quelli dei cosiddetti tunnel geognostici, ossia le gallerie esplorative utili per conoscere le caratteristiche e gli eventuali problemi di meccanica del terreno.

Chiomonte

In particolare è terminato lo scavo del tunnel italiano della Maddalena, a Chiomonte, mentre risultano ancora in corso gli scavi geognostici e le discenderie sul versante francese. A luglio dell’anno scorso Telt aveva annunciato l’affidamento dei lavori per lo scavo dell’80% del tunnel di base, per un totale di oltre 3 miliardi di euro, cofinanziati da Europa, Italia e Francia. Questo appalto riguarda tre lotti. Il primo concerne un tratto di 22 km compreso tra Modane (Francia) e l’Italia, con una tempistica prevista da Telt di circa 72 mesi (6 anni). Il lotto 2 invece comprende 23 km di tunnel tra Saint-Martin-la-Porte/La Praz e Modane, mentre il terzo lotto riguarda 3 km di tunnel tra Saint-Julien-Montdenis e Saint-Martin-la-Porte. Rispettivamente i tempi di realizzazione previsti dai promotori sono di 65 e 70 mesi, 5 anni e mezzo nel primo caso e poco meno di 6 nel secondo. Per quanto riguarda i cantieri francesi il 26 novembre 2021 è stato aperto quello di La Praz. Quanto ai costi dell’opera, una delibera del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) del 2017 ha stabilito un costo totale per la sezione transfrontaliera di circa 9,6 miliardi di euro, di cui 5,5 circa in carico all’Italia e circa 4 a carico della Francia. Tuttavia Telt durante l’ultima Conferenza intergovernativa ha annunciato un aumento del costo totale dell’opera di 624 milioni di euro.

Il tunnel sotto alla collina

Se per il tunnel di base siamo già all’affidamento dei lavori per lo scavo, diversa è la situazione per la tratta nazionale che va da Susa a Torino. La progettazione infatti è ancora in uno stadio preliminare, quindi i cantieri non sono stati ancora aperti. Il progetto prevede un primo tratto da Susa/Bussoleno fino ad Avigliana, comune della bassa Val di Susa, lungo la cosiddetta linea storica, ossia la linea ferroviaria attualmente esistente. La linea poi proseguirebbe con un tunnel di 14 km al di sotto della Collina Morenica di Avigliana-Rivoli per poi agganciarsi di nuovo alla linea esistente di accesso al nodo di Torino, nel comune di Orbassano, nella prima cintura di Torino. Bisogna considerare che l’anfiteatro morenico di Avigliana-Rivoli tocca diversi Comuni, in particolare Rivoli, Rivalta di Torino, Rosta, Villarbasse, Buttigliera Alta, Avigliana, Trana, Reano e (seppur in minima parte) Sangano per una superficie di circa 52 km2, anche se i Comuni coinvolti maggiormente dal progetto sono quelli di Rivoli, Rivalta di Torino, Buttigliera e Avigliana. Sul fronte dei costi la stima è di 1,9 miliardi di euro. Da parte sua l’Europa dovrebbe finanziare il 50% delle tratte d’accesso.

Proprio il tunnel della Collina Morenica sta suscitando diverse voci contrarie, dai No Tav agli amministratori locali (anche alcuni favorevoli all’opera) che preferirebbero che si usasse la linea ferroviaria attuale nel tratto tra Avigliana e Orbassano. Tra queste voci c’è anche quella di Rivalta di Torino, dove da diversi anni c’è un comitato No Tav che cerca di sensibilizzare la cittadinanza sui possibili rischi ambientali per la Collina Morenica. Di recente, anche il neo sindaco Sergio Muro ha assunto posizioni critiche nei confronti del progetto.

Muro, eletto con il Partito Democratico e lontano dagli ambienti No Tav, ha definito il progetto “fortemente impattante” per il territorio, per il paesaggio e per i beni storici che rischia di lambire.“Non credo possa essere definito, come auspica il Governo, un progetto ambientalmente sostenibile”, aveva dichiarato inoltre nei mesi scorsi per poi rilanciare l’utilizzo della linea storica.

Il ruolo dell’Osservatorio per l’asse Ferroviaro Torino-Lione

Negli anni l’Osservatorio ha sempre attirato critiche da parte del movimento No Tav e diviso le posizioni degli amministratori locali, come dimostra l’accordo di Pra Catinat, siglato nel 2008 tra i sindaci e i tecnici dell’Osservatorio, ma osteggiato da altri amministratori locali. Ufficialmente è nato nel 2006 per creare uno spazio di confronto dopo le forti proteste No Tav della fine del 2005. Però il fatto che l’opzione zero (non fare l’opera) non fosse un’opzione praticabile aveva causato negli anni diversi screzi con gli amministratori locali e i comitati No Tav.

A oggi la questione è più complessa e lo scacchiere politico è leggermente cambiato. A metà 2021 è stato nominato il commissario straordinario per la tratta nazionale Calogero Mauceri, che nei mesi scorsi ha iniziato a incontrare le amministrazioni locali per discutere della tratta nazionale e delle compensazioni (ammontano a 32 milioni di euro). Da parte sua, l’Unione Montana Valle Susa, ente che rappresenta i Comuni della valle, ha tenuto una linea più dialogante nei confronti di Mauceri e dell’Osservatorio. Tuttavia la sua linea politica è stata criticata dal coordinamento dei comitati locali del movimento No Tav (una sorta di riunione dei rappresentanti dei comitati locali), dopo l’incontro del 20 dicembre con il commissario. Secondo il coordinamento, “passerà alla storia come uno dei momenti meno attenti alla memoria della nostra lotta trentennale contro la costruzione del Tav Torino-Lione”.

Leggi anche >> «NoTav, hanno criminalizzato la partecipazione dei cittadini»

Sull’Osservatorio non va meglio. L’Unione Montana ha manifestato da tempo la volontà di tornare a partecipare alle riunioni dell’organismo. Dello stesso tenore anche il Comune di Torino. Il sindaco del capoluogo piemontese, Stefano Lo Russo, nei mesi scorsi aveva infatti annunciato la volontà di rientrare nell’Osservatorio, posizione ufficializzata durante la Conferenza intergovernativa di metà dicembre. In quell’occasione aveva rimarcato la funzione dell’Osservatorio, ribadendo il suo ruolo rispetto all’opzione zero: “Deve servire a migliorare l’opera, non a metterla in dubbio. Il suo compito, che è anche il compito della politica, deve essere quello di accompagnare la costruzione dell’opera”. Il concetto lo avevo ribadito anche a margine del primo consiglio metropolitano della sua legislatura. “La Tav non è in discussione. Noi dobbiamo stare dentro le istituzioni che stanno discutendo di Tav, a partire dall’Osservatorio, come peraltro sta facendo l’unione dei Comuni montani della Valsusa”, aveva dichiarato a margine. Allo stesso tempo nel corso della seduta si era insediato come vicesindaco della Città Metropolitana di Torino il valsusino Jacopo Suppo, sindaco No Tav di Condove, Comune della bassa Val di Susa. La scelta, com’era prevedibile, è stata criticata in modo aspro dal movimento No Tav, che l’ha giudicata ambigua.

Il dissenso No Tav

Le proteste del movimento No Tav nell’ultimo periodo si sono concentrate nella zona dell’autoporto di San Didero, dove ad aprile è stato aperto un nuovo cantiere. Si tratta di una delle opere connesse al Tav. I lavori di realizzazione sono gestiti da Sitaf (concessionaria dell’autostrada A32 Torino-Bardonecchia) per conto di Telt e valgono oltre 47 milioni di euro su un’area di circa 68.000 mq. Di fatto un autoporto in Val di Susa c’è già: è a Susa, dove però sorgerà la futura stazione ferroviaria internazionale. Di conseguenza l’autoporto di Susa verrà ricollocato a San Didero, dove si trovano ancora oggi le rovine di un vecchio autoporto degli anni ‘70, mai entrato in funzione. Il movimento No Tav già da tempo aveva dato vita a un presidio permanente, sapendo che lì sarebbe stato aperto il cantiere.

San Didero

Ciò che forse non si aspettava il movimento è che il cantiere venisse aperto durante di notte all’insaputa dell’amministrazione locale di San Didero. Nella notte tra il 12 e il 13 aprile, poco dopo l’arrivo di ruspe e camion, diversi No Tav avevano iniziato a radunarsi nei pressi dell’autoporto per protestare contro l’apertura del cantiere e alcuni attivisti avevano occupato le rovine del vecchio autoporto e si erano incatenati per alcuni giorni, fino alla sera del 19 aprile. Il dissenso in quei primi giorni di protesta aveva assunto forme dure: dopo alcuni momenti di scontri con le forze dell’ordine, il movimento No Tav e gli amministratori locali il 17 aprile avevano indetto un’assemblea pubblica e un corteo pacifico da San Didero a San Giorio di Susa. Gli scontri con le forze dell’ordine però erano proseguiti anche nella notte del 17 aprile e avevano portato al ferimento di un’attivista No Tav, Giovanna Saraceno, colpita a un’occhio da un lacrimogeno. Anche nei mesi successivi la maggior parte delle iniziative si è concentrata in questa zona, sia con un presidio permanente nel piazzale di fronte all’ingresso del cantiere sia con i cortei. In questi casi i numeri della partecipazione sono stati simili (intorno alle 3-5 mila persone), molto diversi dai livelli di alcuni anni fa, come nel caso della Libera Repubblica della Maddalena e della “presa” di Venaus. Tuttavia non è una novità che questo tipo di movimenti abbia un andamento altalenante nel mobilitare le persone.

Leggi anche >> La storia di Dana Lauriola, l’attivista No Tav “punita col carcere per aver espresso pacificamente il suo dissenso”

Leggi anche >> La storia di Emilio Scalzo, l’attivista No Tav e per i migranti in galera in Francia

Tra i fronti al momento un po’ fuori dai radar del dissenso più radicale c’è la zona dell’anfiteatro morenico di Rivoli-Avigliana, di cui si parla molto tra i comitati No Tav, ma che finora non è stata oggetto di grosse azioni di protesta, a parte una passeggiata informativa organizzata a metà gennaio di quest’anno  da movimento No Tav e Fridays For Future Valsusa. Tuttavia è possibile che nei prossimi mesi il dissenso No Tav arrivi sempre di più a occuparsi di queste zone.

Il movimento No green pass

Quella dell’adesione al movimento No green pass è una questione di cui si è discusso molto dentro ai comitati e tra gli attivisti. Di fatto non è mai diventata una questione così centrale nell’ampio spettro della lotta No Tav, soprattutto perché il movimento No Tav non ha mai aderito ufficialmente alle rivendicazioni contro il green pass. Al di fuori dello storico attivista Luca Abbà, molto attivo nella rete No green pass Valsusa, il movimento e i suoi attivisti più importanti non hanno mai appoggiato questa battaglia, nonostante gli appelli del giurista Ugo Mattei, che però sono sempre caduti nel vuoto. Di fatto non c’è mai stata una presa di posizione ufficiale da parte del movimento No Tav né per sostenere le proteste contro il green pass né per prenderne le distanze.

Manifestazione 8 dicembre

Tuttavia qualche segnale dai vertici è arrivato a fine 2021 durante la manifestazione annuale dell’8 dicembre. A parlare è stato il leader storico Alberto Perino che, pur non nominando mai il movimento no green pass, si è lasciato andare a una presa di posizione piuttosto netta, che lasciava pensare a una presa di distanza: “Questa è una manifestazione No Tav, punto e basta. Non c’è spazio per altro. Ognuno può avere tutte le opinioni su tutto lo scibile umano, ma tale deve rimanere”. La stessa posizione era stata ribadita negli stessi giorni dai sindaci dell’Unione Montana Valle Susa che avevano preso parte alla marcia. “Si preannuncia una marcia No Tav molto partecipata quella di mercoledì 8 dicembre, da Borgone a San Didero. Un evento a cui prenderanno parte anche molti amministratori dei comuni della Val di Susa, con l’intento di rinnovare il loro dissenso riguardo all’alta velocità Torino-Lione, opera considerata non prioritaria, con costi elevatissimi e dannosa per l’ambiente, e ritenendo che i soldi pubblici possano essere meglio spesi per opere utili al territorio. Questo è l’unico fine per cui parteciperanno, nessun altro. Niente appoggio o legami con altri movimenti, come No Vax e No green pass. Anzi, gli amministratori partecipanti, visto anche l’aumento dei contagi, invitano tutti i cittadini che interverranno alla marcia a farlo nel pieno rispetto delle normative anti-Covid vigenti”, aveva fatto sapere l’Unione Montana in una nota. Alla fine durante la manifestazione dell’8 dicembre le bandiere No green pass erano poche e in fondo al corteo. È stato un segno chiaro che questa battaglia non è riuscita a permeare la lotta No Tav, ad eccezione di pochi militanti, e difficilmente lo farà nel prossimo futuro.

Stefano Toniolo

8/2/2022 https://www.valigiablu.it

foto di Stefano Toniolo

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *