Torino-Lione senza fondo, il costo sale a 12 miliardi. La lotta contro la mostruosità dell’inutile, per i cittadini e le merci, TAV mette sempre più in evidenza il criminale utile che l’imprenditoria parassitaria e la finanza speculativa vogliono testardamente accaparrarsi fidando della copertura politica di questo governo amico. Come quello di Letta, come quello di Monti, come quello di Berlusconi

euro

Il mar­chio «low-cost» avrebbe sal­vato capre e cavoli. O almeno così la pen­savo gli spon­sor dell’opera. Cor­reva il giu­gno del 2011 e man­ca­vano poche ore alla più calda estate vis­suta in Val di Susa. In cima alla Mad­da­lena, i No Tav difen­de­vano il loro pre­si­dio.

Spuntò sui quo­ti­diani un pro­getto leg­gero per la Torino-Lione con l’imprimatur del pre­si­dente dell’Osservatorio, Mario Virano, e il bene­pla­cito dell’ex mini­stro dell’Economia, Giu­lio Tre­monti: 8,3 miliardi di euro invece dei 23–24 pre­vi­sti. In realtà, era solo una grande ope­ra­zione di comu­ni­ca­zione prima dello sgom­bero del quar­tier gene­rale No Tav; il costo non sarebbe stato modi­fi­cato, ma si pre­fe­riva pub­bli­ciz­zare solo quello rela­tivo alla tratta inter­na­zio­nale (non quello com­ples­sivo della linea). In pra­tica, il tun­nel di base tra Susa e Saint-Jean de Mau­rienne (57 chi­lo­me­tri). Cam­biava l’approccio, la forma: l’opera sarebbe stata costruita per fasi. Il 30 gen­naio del 2012, l’accordo tra Ita­lia e Fran­cia san­civa la ripar­ti­zione della spesa per i lavori della sola parte tran­sfron­ta­liera. Il 57,9% a carico dell’Italia e il 42,1% della Fran­cia. Con la spe­ranza di un finan­zia­mento Ue del 40% – recen­te­mente molto meno sicuro –, Roma avrebbe dovuto spen­dere 2,9 miliardi. Bene, non sarà più così. Infatti, il costo del Tav con­ti­nua a salire, com’era forse pre­ve­di­bile. E l’appellativo «low-cost», impro­prio fin dall’inizio, è diven­tato un vero e pro­prio tabù. Le nuove pre­vi­sioni, aggior­nate ai valori cor­renti (ovvero ai prezzi attuali), sti­mano il costo della tratta inter­na­zio­nale a 12 miliardi di euro, anzi­ché 8,3 (aggior­nati suc­ces­si­va­mente a 8,5).

Lo si deduce dal Con­tratto di pro­gramma Rfi 2012–2016, che sarà appro­vato insieme al decreto Sblocca Ita­lia, ed era stato fir­mato l’8 ago­sto scorso dal mini­stro delle Infra­strut­ture, Mau­ri­zio Lupi, e dall’amministratore dele­gato di Fs, Michele Elia. Senza il finan­zia­mento euro­peo, secondo i cal­coli effet­tuati nel 2012 ai tempi dell’accordo, l’Italia avrebbe dovuto pagare 4,8 miliardi, ora ne dovrebbe sbor­sare 6,9 e la Fran­cia 5,1. Nel caso in cui arri­vasse il finan­zia­mento dell’Unione Euro­pea (il 40%, valore mas­simo per le reti Ten-T, tran­seu­ro­pee di tra­sporti), invece, dei 2,9 miliardi pre­vi­sti nel 2012, Roma ne spen­de­rebbe 4,16; la Fran­cia circa 3 e l’Ue 4,8. Ma ai 12 miliardi totali devono essere som­mate le spese per pro­get­ta­zioni e studi (anche quelli rela­tivi ai cuni­coli esplo­ra­tivi, come quello di Chio­monte), che ammon­tano a 1,6 miliardi: il 53% a carico dell’Italia, 855 milioni di euro. In assenza di finan­zia­mento Ue, l’Italia dovrebbe spen­dere – tra opera e pro­get­ta­zioni – 7,7 miliardi. Secondo il Con­tratto di pro­gramma Rfi, que­sta cifra sarebbe coperta solo per 3.3 miliardi. Il resto? Si aspetta Bru­xel­les come manna dal cielo.

Nono­stante solo pochi giorni fa il pre­si­dente della Com­mis­sione tra­sporti del Par­la­mento Euro­peo, Michael Cra­mer, abbia mosso seri dubbi sulla coper­tura del 40% dei costi, il governo Renzi va dritto. Riba­di­sce la prio­rità per la Torino-Lione, che a dif­fe­renza di altri can­tieri, magari più utili (rico­stru­zione dell’Aquila), rimane ferma nello Sblocca Ita­lia con 2,9 miliardi. Intanto, in Fran­cia il favore nei con­fronti dell’opera cala. Se il primo mini­stro Manuel Valls con­ti­nua a rite­nerla indi­spen­sa­bile, la Corte dei conti fran­cese, gio­vedì, ha asse­stato un altro colpo al pro­getto. Con­si­dera la scelta del col­le­ga­mento fer­ro­via­rio tra Torino-Lione troppo debole dal punto di vista della red­di­ti­vità socio-economica, poco coe­rente e troppo costoso. Soprat­tutto, ritiene fat­tori nega­tivi: il forte aumento dei costi, la ridu­zione dei traf­fici sulla tratta (otti­mi­sti­che le pre­vi­sioni) e il finan­zia­mento non ben defi­nito. La Corte rivolge cri­ti­che alla classe poli­tica, che ha perso di vista la razio­na­lità eco­no­mica dell’intera opera. L’invito è, invece, quello di valo­riz­zare e ammo­der­nare la rete esistente.

25/10/2014 www.ilmanifessto.i

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La redazione di LeS invita anche a leggere l’articolo di Maria Chiara Voci sullo storico giornale dei poteri forti Il Sole 24 Ore

Il costo della Tav sale a 12 miliardi

La tratta internazionale della Torino-Lione, il cui costo per i lavori era calcolato in 8.329 milioni di euro a inizio 2012, richiederà in realtà un esborso – a valori correnti, aggiornati a oggi – di 12 miliardi (precisamente, 11.977 milioni).

Ciò significa che l’Italia, su cui grava secondo il trattato Italia-Francia di due anni fa il 57,9% della spesa per i lavori, dovrà garantire la copertura non di 4,8 miliardi di euro, ma di 6,9 miliardi. Se dall’Europa arriverà l’auspicato 40% di finanziamento (il massimo possibile per le reti Ten-T transfrontaliere), la quota da garantire con il bilancio italiano sarà di 4,16 miliardi di euro. E non i 2,9 miliardi che venivano finora calcolati in base ai dati Ltf (la società mista italo-francese incaricata di gestire la progettazione e realizzazione dell’opera).

Le previsioni di costo aggiornate emergono dal Contratto di programma Rfi 2012-2016, firmato l’8 agosto scorso dal ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi e dall’amministratore delegato di Fs, Michele Elia e di cui il Dl Sblocca Italia accelera l’iter di approvazione.

Di conseguenza, in base a questi dati “freschi”, con gli attuali finanziamenti disponibili (2.420 milioni per l’opera), restano da reperire per lo Stato italiano almeno 1,7/1,8 miliardi di euro. E questa è un’altra novità, perché l’opera veniva data per interamente finanziata (con i fondi Ue al 40%).

Ai circa 12 miliardi di euro di costo aggiornato vanno poi aggiunti studi e progettazioni (sono compresi anche i cunicoli esplorativi e le discenderie), il cui costo è di 1.612 milioni (di cui 855, il 53%, a carico dell’Italia), interamente dotati di copertura finanziaria.

Il costo totale aggiornato della Torino-Lione (tratta internazionale) è dunque di 13.589 milioni di euro (11.977 milioni per l’opera e 1.612 per studi e progettazioni), di cui 7.789 a carico dell’Italia.

Al momento, secondo il contratto Rfi, questa cifra è coperta solo per 3.275 milioni (gli 855 per studi e progettazioni e una quota di 2.420 milioni per i lavori), mentre restano da reperire 4.514 milioni. L’obiettivo come si diceva è ottenere dall’Unione europea (rispondendo al bando aperto fino a febbraio per il supporto alle grandi reti di trasporto) finanziamenti per il 40% del costo dell’infrastruttura, cosa teoricamente possibile, ma non scontata. Se così avvenisse, comunque, resterebbero da trovare da parte del nostro Paese almeno 1,7/1,8 miliardi di euro, di cui però solo 1,2 miliardi dal 2015 al 2020 (in base alle previsioni sull’avanzamento della spesa).

Fatta chiarezza sulle cifre riportate da Rfi, ora resta da capire perché – in tutti i documenti ufficiali e nelle dichiarazioni rese fino ad oggi – la cifra universalmente riportata sia sempre e solo stata quella di 8,3 miliardi (aggiornata di recente a 8,5 miliardi).

Non si tratta in realtà nè di un giallo nè una guerra di numeri tra Ltf e Rfi. Ma solo di una differenza di “punti di vista”. A seconda che alla Tav si guardi dal versante transalpino o dalla Valle di Susa. Francia e Italia usano, infatti, criteri contabili diversi per comporre il preventivo di spesa delle grandi opere. In Francia i costi si calcolano in euro costanti, al valore di approvazione del progetto, senza poi tenere conto degli aumenti che incideranno nel tempo per via della crescita dell’inflazione, del costo dei materiali e via dicendo, e che verranno poi calcolati solo al momento di finanziare l’opera. Al contrario, in Italia, la tendenza è portarsi avanti: i valori sono espressi in euro correnti, aggiornati a prezzi attuali e (in teoria) in grado di assorbire eventuali integrazioni e varianti in corso d’opera.

La scelta, poi, di comunicare sempre e solo la “versione” francese del budget dipende dal fatto che Ltf è una società di diritto francese, pur essendo partecipata anche da Rfi. La sede legale è a Chambery. Per questo le cifre le ha sempre diffuse in euro costanti. Che significa 8,3 miliardi (8,5 nei documenti più recenti) per la tratta internazionale, che comprende la galleria di base più le stazioni internazionali di Susa e St.Jean de Maurienne e i raccordi con le linee storiche. La cifra sale a 9,9 miliardi se si aggiungono anche i fondi già coperti per studi e progettazioni.

A risolvere ogni dubbio sulle cifre dovrà comunque intervenire l’approvazione del progetto definitivo della tratta internazionale da parte del Cipe: un passaggio atteso entro la fine dell’anno e che dovrebbe consentire a Italia e Francia di definire insieme quale sarà il costo dell’opera da indicare nella documentazione da inviare a Bruxelles e su cui verranno richiesti i finanziamenti Ten-T 2014-2020.

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