E’ (ormai) da lungo tempo che l’Italia non offre più (solo) santi, poeti e navigatori.
O, per meglio dire, ha ampliato le “specializzazioni” disponibili.
Ha esportato milioni di “braccia” in ogni parte del globo, realizzato e diffuso il fascismo, offerto asilo, sostegno e “linfa vitale” a tutte le mafie del mondo, creato un vero e proprio “sistema” di corruttela della vita pubblica e – ritenendo di non doversi privare di nulla – “sfornato” un considerevole numero di “imbonitori” politici dalle alterne fortune.
Cito, solo per dovere di cronaca, il “venditore di tappeti” per eccellenza – quello, per intenderci, degli sciagurati “otto milioni di baionette” – che tanti lutti, lacrime e offese arrecò al nostro Paese.
Così come ritengo opportuno “stendere un velo pietoso” sulle (poliedriche) “performance” del protagonista del secondo (altrettanto sventurato) “ventennio” della nostra storia.
Di quegli anni – tanto per non dimenticare – nel corso dei quali siamo stati in tanti a indignarci e vergognarci di una classe politica capace (finanche) di sostenere, a grande maggioranza, che Ruby “rubacuori” fosse veramente nipote di Mubarak!
Alludo, piuttosto, a quello che considero l’ultimo – solo in ordine di tempo – “venditore di fumo” apparso sulla scena politica italiana.
Quel giovane fiorentino che secondo alcuni si è materializzato all’improvviso; quasi a confermare l’anatema di Nanni Moretti: <Con questi dirigenti non vinceremo mai> e, contemporaneamente, affermare che anche “a sinistra” era ormai ora di rivolgersi al “nuovo”. Si sarebbe realizzata, in sostanza, una sorta di “rivincita” dell’ultima generazione Pd nei confronti dei c.d. “trentenni/quarantenni” (falliti) dell’era berlingueriana (Bersani, Fassino, Veltroni, Bassolino, D’Alema, ecc).
Personalmente, sono invece convinto che il “fenomeno” Renzi non rappresenti tanto la conferma della previsione di Moretti, quanto – piuttosto – la plateale smentita della profezia di Luigi Pintor (febbraio 1983): <Non moriremo democristiani>!
Senza, tra l’altro, dimenticare che se allora essere democristiani significava fare riferimento a soggetti quali Andreotti, Moro, Fanfani, Zaccagnini e Martinazzoli, oggi siamo alla “Balena bianca” di terza e quarta serie.
Naturalmente, un venditore di fumo che si rispetti, non può fare a meno – nel nostro Paese – di (s)parlare di Patria, Chiesa e Famiglia.
Di conseguenza, con ancora in corso l’eco dei pressanti appelli a salvaguardare la “sacralità” e l’univocità delle famiglie italiane – lanciati, in particolare, da soggetti che hanno inteso, però, costituirne più di una (Berlusconi, Calderoli, Casini, ecc) – oggi ci tocca assistere alla riproposizione (da parte di Renzi) dell’esigenza di “Interventi a sostegno delle famiglie con maggiori carichi familiari”.
Orbene, che in Italia, il vigente sistema fiscale necessiti di una riforma è a tutti noto; che in questo, si realizzino interventi sulle aliquote Irpef – non le due più alte, ma quelle più basse (troppo elevate) che incidono negativamente sui redditi bassi – appare una sconvolgente (lapalissiana) esigenza.
Il problema, piuttosto, è rappresentato dalle proposte operative. Personalmente, ho la sensazione che la soluzione avanzata da Renzi – la riproposizione del c.d. “quoziente familiare” – rappresenti un dèjà vu di berlusconiana memoria.
Non tanto perché elemento presente in tutte le precedenti campagne elettorali del centrodestra, senza (peraltro) mai realmente approdare a un progetto definito, quanto per la sua struttura; ben distante, in termini d’imparzialità, dalla versione francese.
Infatti, se con l’introduzione del suddetto quoziente s’intendesse (anche) rimediare agli effetti discorsivi, in termini di equità, prodotti dai fantomatici 80 € – corrisposti a un single (con un reddito complessivo “sotto la soglia”), ma non a un genitore con figli (con un reddito appena/appena superiore al limite di legge) – ben venga un’articolata e diffusa discussione di merito.
Se invece, come personalmente temo, attraverso la formulazione prevista dall’Esecutivo dovessero (ancora) imporsi i criteri (già) previsti all’epoca dal governo Berlusconi – così come trapela attraverso le solite fonti “ben informate” – ci troveremmo di fronte a un provvedimento sostanzialmente teso a diminuire il carico dell’Irpef per coloro che hanno figli minori ma redditi medio/alti e coniuge non occupato!
Poiché già in altra occasione – in qualificata e prestigiosa compagnia – rilevai una serie d’iniquità contenute nell’ipotesi di quoziente familiare proposta dal governo Berlusconi; in questa sede mi limiterò a evidenziarne gli aspetti più negativi.
In definitiva, con buona pace del Casini “di turno” – tutto compresso nel ruolo di fedele e strenuo difensore degli interessi della famiglia e dei figli – l’introduzione del quoziente familiare di berlusconiana memoria, senza alcuna delle clausole “di salvaguardia” adottate in Francia, finirebbe, nel nostro Paese, con il produrre un triplo effetto discorsivo:
1) attenuare il principio di progressività delle imposte;
2) non produrre alcun (sostanziale) beneficio ai nuclei familiari (con figli) a basso reddito e con entrambi i genitori lavoratori;
3) offrire vantaggi a coppie senza figli ma con redditi alti; in particolare se è uno solo dei due coniugi a produrre reddito.
Senza trascurare un altro (non irrilevante) aspetto.
Infatti, considerato:
a) il costo della “mancia” degli 80 euro – pari a circa 7 Mld – per i quali, tra l’altro, si è (letteralmente) “raschiato il fondo”;
b) l’esborso complessivo – per la “messa a regime” – dell’eventuale quoziente familiare; valutato (da alcuni stimati economisti) in circa 15 Mld di euro;
saremmo (inevitabilmente) condannati a una nuova stagione di pantomime rispetto al “Vorrei, ma non posso”!
Per concludere: se realmente il fine fosse di aiutare le famiglie – nella formula più ampia possibile del termine, però – con maggiori carichi familiari, perché non cercare soluzioni (più semplici e immediate) attraverso l’aumento degli assegni familiari, l’introduzione di bonus, l’aumento degli oneri detraibili a favore dei figli studenti, ecc, ecc?
Renato Fioretti
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TORNA IL QUOZIENTE FAMILIARE
Caro Franco,
come alcuni di noi temevano, il giovin fiorentino non ha perso tempo a seguire le orme del suo più noto pigmalione “puttaniere” e ci ripresenta il famigerato “quoziente familiare”.
E’ (ormai) da lungo tempo che l’Italia non offre più (solo) santi, poeti e navigatori.
O, per meglio dire, ha ampliato le “specializzazioni” disponibili.
Ha esportato milioni di “braccia” in ogni parte del globo, realizzato e diffuso il fascismo, offerto asilo, sostegno e “linfa vitale” a tutte le mafie del mondo, creato un vero e proprio “sistema” di corruttela della vita pubblica e – ritenendo di non doversi privare di nulla – “sfornato” un considerevole numero di “imbonitori” politici dalle alterne fortune.
Cito, solo per dovere di cronaca, il “venditore di tappeti” per eccellenza – quello, per intenderci, degli sciagurati “otto milioni di baionette” – che tanti lutti, lacrime e offese arrecò al nostro Paese.
Così come ritengo opportuno “stendere un velo pietoso” sulle (poliedriche) “performance” del protagonista del secondo (altrettanto sventurato) “ventennio” della nostra storia.
Di quegli anni – tanto per non dimenticare – nel corso dei quali siamo stati in tanti a indignarci e vergognarci di una classe politica capace (finanche) di sostenere, a grande maggioranza, che Ruby “rubacuori” fosse veramente nipote di Mubarak!
Alludo, piuttosto, a quello che considero l’ultimo – solo in ordine di tempo – “venditore di fumo” apparso sulla scena politica italiana.
Quel giovane fiorentino che secondo alcuni si è materializzato all’improvviso; quasi a confermare l’anatema di Nanni Moretti: <Con questi dirigenti non vinceremo mai> e, contemporaneamente, affermare che anche “a sinistra” era ormai ora di rivolgersi al “nuovo”. Si sarebbe realizzata, in sostanza, una sorta di “rivincita” dell’ultima generazione Pd nei confronti dei c.d. “trentenni/quarantenni” (falliti) dell’era berlingueriana (Bersani, Fassino, Veltroni, Bassolino, D’Alema, ecc).
Personalmente, sono invece convinto che il “fenomeno” Renzi non rappresenti tanto la conferma della previsione di Moretti, quanto – piuttosto – la plateale smentita della profezia di Luigi Pintor (febbraio 1983): <Non moriremo democristiani>!
Senza, tra l’altro, dimenticare che se allora essere democristiani significava fare riferimento a soggetti quali Andreotti, Moro, Fanfani, Zaccagnini e Martinazzoli, oggi siamo alla “Balena bianca” di terza e quarta serie.
Naturalmente, un venditore di fumo che si rispetti, non può fare a meno – nel nostro Paese – di (s)parlare di Patria, Chiesa e Famiglia.
Di conseguenza, con ancora in corso l’eco dei pressanti appelli a salvaguardare la “sacralità” e l’univocità delle famiglie italiane – lanciati, in particolare, da soggetti che hanno inteso, però, costituirne più di una (Berlusconi, Calderoli, Casini, ecc) – oggi ci tocca assistere alla riproposizione (da parte di Renzi) dell’esigenza di “Interventi a sostegno delle famiglie con maggiori carichi familiari”.
Orbene, che in Italia, il vigente sistema fiscale necessiti di una riforma è a tutti noto; che in questo, si realizzino interventi sulle aliquote Irpef – non le due più alte, ma quelle più basse (troppo elevate) che incidono negativamente sui redditi bassi – appare una sconvolgente (lapalissiana) esigenza.
Il problema, piuttosto, è rappresentato dalle proposte operative. Personalmente, ho la sensazione che la soluzione avanzata da Renzi – la riproposizione del c.d. “quoziente familiare” – rappresenti un dèjà vu di berlusconiana memoria.
Non tanto perché elemento presente in tutte le precedenti campagne elettorali del centrodestra, senza (peraltro) mai realmente approdare a un progetto definito, quanto per la sua struttura; ben distante, in termini d’imparzialità, dalla versione francese.
Infatti, se con l’introduzione del suddetto quoziente s’intendesse (anche) rimediare agli effetti discorsivi, in termini di equità, prodotti dai fantomatici 80 € – corrisposti a un single (con un reddito complessivo “sotto la soglia”), ma non a un genitore con figli (con un reddito appena/appena superiore al limite di legge) – ben venga un’articolata e diffusa discussione di merito.
Se invece, come personalmente temo, attraverso la formulazione prevista dall’Esecutivo dovessero (ancora) imporsi i criteri (già) previsti all’epoca dal governo Berlusconi – così come trapela attraverso le solite fonti “ben informate” – ci troveremmo di fronte a un provvedimento sostanzialmente teso a diminuire il carico dell’Irpef per coloro che hanno figli minori ma redditi medio/alti e coniuge non occupato!
Poiché già in altra occasione – in qualificata e prestigiosa compagnia – rilevai una serie d’iniquità contenute nell’ipotesi di quoziente familiare proposta dal governo Berlusconi; in questa sede mi limiterò a evidenziarne gli aspetti più negativi.
In definitiva, con buona pace del Casini “di turno” – tutto compresso nel ruolo di fedele e strenuo difensore degli interessi della famiglia e dei figli – l’introduzione del quoziente familiare di berlusconiana memoria, senza alcuna delle clausole “di salvaguardia” adottate in Francia, finirebbe, nel nostro Paese, con il produrre un triplo effetto discorsivo:
1) attenuare il principio di progressività delle imposte;
2) non produrre alcun (sostanziale) beneficio ai nuclei familiari (con figli) a basso reddito e con entrambi i genitori lavoratori;
3) offrire vantaggi a coppie senza figli ma con redditi alti; in particolare se è uno solo dei due coniugi a produrre reddito.
Senza trascurare un altro (non irrilevante) aspetto.
Infatti, considerato:
a) il costo della “mancia” degli 80 euro – pari a circa 7 Mld – per i quali, tra l’altro, si è (letteralmente) “raschiato il fondo”;
b) l’esborso complessivo – per la “messa a regime” – dell’eventuale quoziente familiare; valutato (da alcuni stimati economisti) in circa 15 Mld di euro;
saremmo (inevitabilmente) condannati a una nuova stagione di pantomime rispetto al “Vorrei, ma non posso”!
Per concludere: se realmente il fine fosse di aiutare le famiglie – nella formula più ampia possibile del termine, però – con maggiori carichi familiari, perché non cercare soluzioni (più semplici e immediate) attraverso l’aumento degli assegni familiari, l’introduzione di bonus, l’aumento degli oneri detraibili a favore dei figli studenti, ecc, ecc?
Renato Fioretti
Collaboratore redazionale del periodico Lavoro e Salute