Tutti i numeri delle donne migranti

Foto: Unsplash/ Luke Porter

Le donne rappresentano il 51,7% del totale degli stranieri residenti in Italia: sono 2.718.716 (su oltre 5 milioni di stranieri) al 1 gennaio 2019 secondo l’ultimo bilancio demografico dell’Istat. Il 33% di queste risiede nel Nord ovest, il 26% al Centro, il 24% nel Nord est, il 12% al Sud e il 5% nelle Isole. Le dieci nazionalità più rappresentate sono, in ordine decrescente: Romania, Albania, Marocco, Ucraina, Cina, Filippine, Moldova, Polonia, India e Perù. Il 66% di tutte le straniere proviene da paesi non Ue, nello specifico: 621.525 dall’Europa centro orientale (+5178 rispetto al 2017), 447.898 dall’Africa (+25382 rispetto al 2017), 484.264 dall’Asia (+13657 rispetto al 2017), 238.885 dall’America (+10319 rispetto al 2017), 1453 dall’Oceania (+174 rispetto al 2017).

Sole o accompagnate

Le donne arrivano in Italia soprattutto per motivi di ricongiungimento familiare (60% contro il 29% degli uomini), mentre tra gli uomini la motivazione lavorativa è quella prevalente (39% contro il 27% delle donne). La condizione di asilo politico riguarda il 27% degli uomini e il 5% delle donne. Rispetto allo stato civile, le straniere residenti sono per il 46% coniugate, per il 39% nubili, per il 12% vedove e per il 3% divorziate. Seguono le unite civilmente. La stessa graduatoria si ripete anche per gli uomini, ma è netta la prevalenza femminile nelle condizioni di stato civile più fragile: sono l’83% di tutti coloro che hanno perso il coniuge e il 59% di tutti i divorziati.

Giovani e giovanissime

Nel 2018 i nuovi ingressi di donne sono stati 102.892 (contro i 159.878 ingressi di uomini), di cui le quote più consistenti provenienti da Marocco (10.214), Albania (10.120), Nigeria (8.871), Cina (6.777) e Ucraina (4.995). La fascia di età prevalente è quella under 18 per tutte le nazionalità, a eccezione della Russia (2.261) e del Brasile (2.794) dove sono equamente distribuite nelle classi di età centrali, della Nigeria e della Cina, in cui la quasi metà degli ingressi si concentra tra i 18-24 anni. A eccezione della Nigeria, in cui il 77% degli ingressi (6.868) è riconducibile alle richieste di asilo, per tutte le altre nazionalità la motivazione prevalente degli ingressi femminili si riconferma quella familiare (64% del totale). Rispetto alla motivazione familiare, c’è da considerare che sul totale degli ingressi femminili, 27.646 riguardano minori sino ai 17 anni e 21.759 donne tra i 18 e i 24 anni.

Tabella 1. Popolazione straniera residente per paese di cittadinanza e sesso al 31 dicembre 2018  

Fonte: Istat, 2019

Discriminate due volte

La situazione delle donne straniere nel mercato del lavoro italiano può essere letta sia rispetto alla componente maschile straniera, sia rispetto alla componente femminile italiana.

Al 31 dicembre 2018, i tassi di occupazione delle donne straniere confermano il dato dell’anno precedente: l’occupazione è al 50,2% (con un gap del 17,6 % rispetto agli uomini), ma con quasi un punto percentuale in più rispetto alle italiane. Il tasso di disoccupazione delle donne straniere è del 16,4% (+5 % rispetto agli uomini e +4 % rispetto alle italiane). Il tasso di inattività è del 39,8% (+23% rispetto agli uomini –5% rispetto alle italiane).

Particolare rilevanza ha il tema dell’inattività tra i giovani: la quota di Neet stranieri (persone che non studiano e non lavorano) supera del 20% quella dei giovani italiani e presenta una forte connotazione di genere: tra i 15-24 anni le ragazze straniere Neet sono il 32,7% contro il 23,9% dei maschi e il 18,2% delle coetanee italiane. Tra i 18 e 29 anni sono il 48,6% contro il 25% dei maschi e il 27,6 % delle italiane.

Nel complesso, le donne straniere occupate (d’età superiore ai 15 anni) sono 1.086.000 (il 44,2% degli occupati stranieri) di cui 990.000 con rapporto di lavoro dipendente. Le disoccupate sono 213.000 e le inattive 727.000 (pari al 75,6% del totale). Le occupate sono prevalentemente collocate nella fascia anagrafica tra i 35-44 anni, a seguire tra i 45 e i 54 anni e poi tra i 25 e i 34. Le disoccupate hanno prevalentemente tra i 35-44 anni, seguite dalla fascia di età 25-34. Le inattive risiedono nelle fasce di età 25-34 anni, quella in cui si concentra la presenza di madri.

Figura 1. Indicatori del mercato del lavoro per genere e cittadinanza –(%) 2018

Fonte: Istat, 2019

La presenza delle straniere nel mercato del lavoro al 2019, pertanto, conferma una “doppia discriminazione”. Da un lato la condizione di straniera colloca le donne in un mercato del lavoro di bassa qualifica, scarsa tutela e bassa retribuzione e dall’altro il fatto di essere donne riproduce e amplifica le criticità strutturali della partecipazione femminile al mercato del lavoro italiano: differenziali con i tassi maschili, precarietà contrattuale, prevalenza del part-time (soprattutto involontario), segregazione professionale in settori a bassa remuneratività, condizionamento dello status familiare alla partecipazione. Le donne straniere, non a caso, presentano quote di sottoccupazione e sovraistruzione nettamente superiori alle italiane, il che significa che il 9,5% vorrebbe lavorare più ore e ben il 43,6% sta svolgendo un’occupazione con mansioni inferiori ai propri titoli di studio. Il riflesso sulle retribuzioni di questa condizione è un gender gap rafforzato: la retribuzione netta mensile delle donne straniere è 894 euro contro i 1.230 delle italiane e i 1.202 degli uomini stranieri.

L’inasprimento delle criticità strutturali della partecipazione femminile al mercato del lavoro si riscontra a diversi livelli.

Rispetto alla precarietà. Dei 131.927 contratti attivati nel 2019 con donne straniere (di cui 3.210 grazie ad agevolazioni contributive), l’80% è in forma atipica (il 39% a tempo determinato, il 16% in somministrazione, l’11%intermittente e il 9% stagionale).

Rispetto al regime orario. Il 40% delle straniere occupate lavora part-time (contro il 13% degli uomini) senza differenze territoriali. Ma si tratta di una soluzione involontaria per ben il 60% di queste, che non l’hanno scelta, ed è stata invece imposta dal datore di lavoro, tendenza in costante crescita dall’anno precedente (+4%).

Rispetto ai settori di impiego. Si riproduce la segregazione settoriale tipica delle italiane: in primis, nel settore dei servizi (dove sono occupate l’88% delle straniere e l’84% delle italiane), nel commercio e nella ristorazione (18% straniere e 22% italiane), poi nell’industria (9% straniere e 14% italiane) e nell’agricoltura (3% straniere e 2% italiane). Segregazione che si traduce in flessibilità contrattuale e oraria e bassa retribuzione. Ma la vera forma di segregazione professionale almeno da venti anni continua a essere rispetto al lavoro domestico e di cura, ambito in cui la presenza delle italiane è totalmente residuale: è straniera il 76% delle badanti e il 65% delle colf.

Rispetto alla relazione tra condizione occupazionale e familiare. Le straniere che lavorano sono per il 47% madri, per il 30% single e per il 15% in coppia senza figli. Nella fascia di età 25-44 le straniere con figli hanno tassi di occupazione molto più bassi delle italiane (41,6% contro il 58%). Tra le disoccupate il 58% ha figli e il 32% non ne ha (siano single o conviventi). Di quelle con figli il tasso di disoccupazione è molto più elevato delle italiane (19,6% contro 11,3%). Delle inattive il 73% è madre e solo il 39% padre (contro il 61% delle italiane e il 36% degli italiani). Il modello familiare straniero continua a essere mediamente male breadwinner: delle 1.730.000 famiglie composte di soli stranieri, 1.102.000 hanno solo un componente che lavora e nel 62% dei casi questo è maschio. In sostanza, la condizione di maternità tra le straniere è un fattore di incremento della vulnerabilità sul mercato del lavoro e nell’ambito sociale, aggravata anche dal fatto che molto spesso le donne straniere non dispongono di reti familiari di supporto. Lo dimostrano anche le 5.309 dimissioni in periodo di maternità rese da lavoratrici extracomunitarie e convalidate dall’Ispettorato del lavoro (+1.389 casi rispetto al 2017).

L’unico dato positivo nel mercato del lavoro è quello dell’imprenditoria femminile straniera, che presuppone tuttavia un background e un network di cui non tutte le straniere residenti dispongono. Delle 1.337.000 imprese iscritte al Registro delle Camere di commercio a fine 2018, 145.000 sono guidate da straniere (+4.000 rispetto all’anno precedente, pari al 24% dell’imprenditoria straniera). Queste imprese si trovano soprattutto in Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna, e afferiscono prevalentemente ai settori del commercio e del turismo.

Note

Per un approfondimento si rimanda al Dossier Statistico Immigrazione 2019 curato da Idos

Riferimenti

Istat, Bilancio demografico, 2019

Istat, Rilevazione continua forza lavoro, 2019

Istat, su dati Ministero dell’Interno 2019

Inps, Osservatorio sul precariato, 2019

Unioncamere, Osservatorio per l’imprenditorialità femminile, 2019

Inapp, Gender policies report, 2018

Valentina Cardinali

3/12/2019 www.ingenere.it

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