UN CANCRO DA ESTIRPARE DI NOME CAPITALISMO

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Soggiogare il popolo italiano non è mai stato difficile, abbiamo nel dna la venerazione verso i potenti e “più saranno sanguinari, tanto più gli agevolati e faccendieri del sistema troveranno spazio e i bastardi si consegneranno alla storia come autorevoli statisti”.

Quel che si prospetta non è una rivoluzione, ma una guerra dove i poveri cadranno nelle piazze sepolti dalla miseria e dalla carità, non siate ottimisti perché il risveglio potrebbe rivelarsi ancor più amaro, non abbiate timore di rivendicare i vostri diritti purchè partano dal basso, non dagli affiliati e ruffiani del potere, dalle finte opposizioni, il popolo è l’unica resistenza possibile.

I cenni storici da annoverare in questa realtà plastificata procurano essenze alquanto cagionevoli per i protagonisti colonizzatori, così come la manipolazione appare come fulcro essenziale per incanalare ragioni e sentimenti sul versante della falsità. Il ventesimo secolo passa attraverso le due guerre mondiali e i geniali riflessi riassuntivi portano gli studiosi a revisionare misfatti e tragedie, tanto che nessuno osa dire che la prima guerra mondiale, per certi versi fu cruenta e apocalittica come la seconda; diventa un gioco da ragazzi dimenticare i 4000 morti al giorno nelle battaglie, senza aggiungere che ogni guerra proveniva da una crisi.

In realtà la shoa ha cancellato e ha concesso il beneficio di non revisionare i secoli dedicati alla santa inquisizione o l’annientamento sistematico degli indios in america o le guerre segrete nei paesi dove non esiste civiltà e sviluppo, così come è stato facile riproporre maggior visibilità alla bomba di Hiroshima e tralasciare quella sganciata, dopo pochi giorni, a Nagasaki.

Tutto parte da quella strana mania di etichettare, classificare al fine di porsi limiti mentali rinchiusi in uno spazio striminzito, difeso da una potenza millenaria prototipo del Sacro Romano Impero, un po’ Vaticano, indissolubile e indistruttibile e un po’ Nato, poteri pubblicizzati sia dalle credenze popolari che dall’autorità di poteri occulti internazionali o, meglio, multinazionali.

Se alla prima bomba atomica la giustificazione dell’inconsapevolezza non ha suscitato perplessità, sulla seconda la riproduzione storica ha insabbiato il carattere vigliacco di un popolo guerrafondaio come gli States. Ancora oggi è impossibile farfugliare il numero dei morti, come nessuno ha il coraggio di ammettere che quelle due bombe e la strage conseguente sono l’equivalente netto di due campi di sterminio e se, da un lato, molti professano la crudeltà della guerra, dall’altra qualcuno giustifica in modo volgare e scioccante l’operato vizioso dell’aviazione Statunitense.

I giornali e molti libri riportano quel che i colonizzatori suggeriscono, tanto che nessuno osa dire che i genocidi, le stragi in nome della religione, le disparità sociali e la conseguente esportazione della democrazia hanno superato di gran lunga i morti dovuti all’olocausto, come nessuno affermerebbe che la più grande tragedia proviene dalla vigliaccheria insita nel capitalismo.

Presto detto! nessuna strage o genocidio può essere sepolto, non esistono morti da ricordare e altri da dimenticare, la morte è la fine, non va barattata con il falso, la morte è seria, le stragi dimenticate non sono peccati veniali, chi induce a seppellire la memoria ha il solo intento di rinverdire la coscienza. La guerra riassume solo lutti, non conquiste e questa è una guerra senza paradossi, e tanto più il capitalismo seppellirà la memoria, tanto più verranno a galla teschi e vomitevoli compromessi, ancor oggi offuscati dal “disonesto sapere”. I vincenti non sono sempre dei bravi maestri.

Questo non è il solito discorso antiamericano o antisionista, personalmente leggo la storia per non impantanare nei soliti dubbi. Qualcuno scrisse che la storia si perdona per natura, bene io perdonerei quasi tutto a questo capitalismo coloniale, perdonerei le guerre, perdonerei misfatti e falsi storici, perdonerei l’incoscienza e l’incapacità di ravvedersi; non posso, però, perdonare l’aver sottratto alla platea il palco dei teatri e sostituirlo con le pellicole. Perché le pellicole sono amorfe, inanimate e senza volti, basta tagliarle dove sanguinano e sostituirle con una scena elegante, magari lussuriosa, pur di occultare, tra effetti brillanti, le anime incendiate dall’ignoranza.

No, nessuna scusa a questa manipolazione! Il rancore non è più un sentimento, ma uno stato di fatto, il capitalismo ha sottratto all’uomo la coscienza, l’arte e l’essenza stessa del vivere in comune, la stortura dei messaggi è l’arma di distruzione di massa. Non potrei mai scusare la riconversione culturale e la ridefinizione sociale atte a modellare un nuovo mondo o, meglio, ordine mondiale dove il cittadino torna servo e i governanti trasformarsi in imperatori del mercato e divise pronte a tutto pur di avallare questa regressione degna dei peggiori regnanti storici, avvezzi alla calunnia e al cinismo, al ricatto e all’allusione. Abbiamo multinazionali che sventolano le bandiere nato e cittadini persuasi dalla pubblicità.

Non Vi piace questo? Allora, toglietevi dalla mente le malsane e pericolose speranze e non affrettatevi nella corsa per salire a bordo di questo scempio, vedremo ancora milioni di morti, al punto che l’olocausto sembrerà un lutto cittadino e il regresso sosterrà nuovi faraoni, non siate passivi perché abbandonare la lotta è un gesto vigliacco quanto il falso sobillato dai giornali.

Ricordiamoci sempre: il tumore di questo tempo è davanti a noi, lo chiamano capitalismo, noi non abbiamo scelta o lo combattiamo, oppure possiamo tirarci indietro e goderci il resto dell’infelicità!

Antonio Recanatini

Dall’ultimo numero di Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

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