Un ministro a perdere

Un ministro a perdere

La prima caratteristica della ministro Beatrice Lorenzin che balza agli occhi, lascia di stucco: non ha mai fatto un tubo! Viene da pensare quindi che per conoscere il significato della parola “lavoro”, a lei  tocca ricorrere al dizionario. Nel suo curriculum non c’è niente di niente: zero.

E questo è anche più sorprendente, dal momento che, sulla sua scheda di parlamentare, appare scritto “libera professionista”. Non riuscendo a trovare traccia di una sua qualsiasi presenza in un qualsiasi ramo professionale, forse bisogna supporre che nel suo caso l’espressione “Libera professionista” deve essere presa nel senso letterale  del termine, cioè “libera”, senza niente da fare?. Senza aver mai avuto niente da fare?

È dunque così, si suppone, che  abbia potuto “dedicarsi”. Alla Politica. Parola grossa. Più esattamente, diciamo che ha potuto dedicarsi alla “carriera politica”. Un bell’ esemplare, nel suo genere.

Lascito del Nazareno, Beatrice Lorenzin nasce come fan di Berlusconi-Fini, una della prima ora, una del coro “per fortuna che Berlusconi c’è”. Il Fertily day, la donna-clessidra, il bambinobianco bello e il bambinonero (pardòn, negro) brutto, sono solo le sue ultime performances. Non sta mai ferma. Addirittura corre.

Quarantacinque anni, maturità classica; non riesce a laurearsi in giurisprudenza, ma pazienza, lei vuole fare “il politico” di professione. Cerca bensì di fare qualche collaborazione presso “Il Giornale di Ostia”, ma il giornalismo non è il suo forte. Per fortuna, Berlusconi è in auge, e nel 1996 lei è già una sua fervente seguace. Si iscrive al movimento giovanile di Forza Italia del Lazio e l’anno dopo, eccola, è già un “politico” a tempo pieno: eletta consigliere nel XII Municipio di Roma.

Lavorare? Neanche parlarne. Dello stesso movimento giovanile di Forza Italia nel 1999 diventa  coordinatore regionale; e, a seguire, nel  2001 approda in Campidoglio come consigliere comunale (e due vicepresidenze al seguito).

Si muove si muove, non perde occasioni, ci mancherebbe.  Eccola. È nominata Capo (c maiuscola) nientemeno che della Segreteria Tecnica di Paolo Bonaiuti, l’allora portavoce e uomo-ombra dell’allora presidente del Consiglio. E lì ci sta ben bene dal 2004 al 2006. Un posto d’oro. Quello che consente, alla Beatrice, sempre tramite il provvido Bonaiuti, di stare gomito a gomito con sottosegretari e big del terzo governo Berlusconi.

Ovvio, non sta certo con le mani in mano. Eccola. Coordinatore (c maiuscola) nazionale di Forza Italia-Giovani per la Libertà. E, va da sè, eccola nel 2008 eletta alla Camera in conto Pdl.

È la XVI legislatura, la Beatrice quasi non sa più dove sbattere la testa, tanto é oberata. Membro della Commissione Affari Costituzionali della Camera; membro della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza; membro della Commissione Bicamerale per l’Attuazione del Federalismo Fiscale;  e pure – lei non si fa sfuggire nulla – membro del Consiglio Direttivo del Gruppo Pdl alla Camera.

Non si scoraggia per tanta fatica. Resiste. Anzi, avanza. Nel 2012 eccola Segretario del Comitato per la Legislazione; e nel 2013, eccola, il suo nome appare tra i candidati alla Presidenza della Regione Lazio (suo commilitone Francesco Storace).

Chi poteva dubitarlo? Nel 2013, fatalmente, è rieletta parlamentare, ed eccola: ministro della Salute nel governo Letta, in data 28 aprile 2013. Ed eccola, ministro della Salute nel governo Renzi, in data 21 febbraio 2014.

Non si sa perché. Infatti, del ministro della Salute Beatrice Lorenzin – sballottata da una Commissione all’altra com’è, poveraccia – si sa un’acca di quello che ha fatto davvero, in concreto, dentro e fuori, prima e dopo il governo.

Però ha belle gambe.

Maria R. Calderoni

26/9/2016 www.rifondazione.it

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