Una moviola sui piazzisti di austerità ed euro

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La Lega e l’Ue. Le fortune ultime di Salvini sono state segnate anche da un deciso, sia pure ondivago, antieuropeismo. Peccato che i leghisti siano stati a lungo tra i piazzisti di Unione europea ed Euro

Oltre che dall’odio per l’«altro» – meridionale o migrante che fosse – le fortune ultime di Salvini e della sua Lega, come primo partito d’Italia, sono state segnate infine da un deciso, sia pure ondivago, antieuropeismo. Non c’è mai stato risparmio.

Euro ed Unione europea «ricette montiane e prodiane», un «incubo», un «suicidio», «un crimine contro l’umanità». Con essi «i politici italiani hanno svenduto l’Italia», (Salvini, 23-11-2013).

Peccato che tra questi piazzisti di Unione europea ed Euro ci siano stati – in primo piano e con continuità, per quasi un quarto di secolo – proprio la Lega e Salvini.

IL TRATTATO di Maastricht scolpì nel 1991 Unione Europea e moneta unica, con comandamenti di convergenza annessi. La Lega lo ratificò con entusiasmo, in grande ammucchiata con DC e PDS (contrari Prc e Msi): «Una innovazione rispetto all’attuale sfacelo dello Stato centralista italiano», secondo il senatore leghista Roveda (16-9-1992). Alla Camera Franco Rocchetta a nome della Lega esprimeva «fiducia e fede nell’idea della comune casa europea» (29-10-1992).

Una pausa interveniva con la ratifica del Trattato successivo, quello di Amsterdam, salutato dall’astensione dei leghisti alla Camera e da un voto contrario al Senato: una scelta in realtà tutta determinata da equilibri nazionali, con una Lega all’opposizione del regista d’allora, il governo dell’Ulivo presieduto da Prodi e appoggiato ancora dal Prc.
La Lega riprese la retta via europeista con la ratifica del Trattato di Nizza: a vararla alla Camera i deputati Guido Giuseppe Rossi e Alessandro Ce’ (25 e 26-3-2002). Al Senato il 7-5-2002 proclamavano il sì della Lega Fiorello Provera e Piergiorgio Stiffoni.

A CORAZZARE ulteriormente la presa Ue su politiche e istituzioni nazionali provvedeva qualche anno più tardi il Trattato di Lisbona. Traduceva in codicilli infiniti il trattato costituzionale bocciato in referendum da francesi e olandesi. Sia pure con questo non lusinghiero biglietto di visita, Lega e Salvini in persona, allora deputato della Repubblica, provvedevano ad una entusiastica ratifica. E così il 31-7-2008 alla Camera Matteo Salvini univa il suo voto a quello di altri 50 deputati leghisti, forti della ratifica già concessa dalla Lega il 23 al Senato. Ratifiche conquistate con unanimità dei voti delle due Camere.

ATTIVATO dai complessi e svariati meccanismi e regolamenti messi in moto dall’ultimo Trattato giungeva infine l’obbligo ad inserire nelle Costituzioni nazionali il principio del pareggio di bilancio. La Lega in buona e larga compagnia provvedeva univocamente alla bisogna, con letture e votazioni doppie tra il novembre del 2011 e l’aprile 2012, esprimendosi positivamente nella convinzione che «risanamento e stabilizzazione della finanza pubblica rappresentano la pre-condizione per consentire all’Italia di affrontare con successo gli scenari competitivi determinati dalla globalizzazione» (Giancarlo Giorgetti, 5-3-2012) e contrastare una «dissennata politica di spesa pubblica» (Pierguido Vanalli, 5-3-2012). Sempre Giorgetti evidenziava allora coerenza e linearità delle scelte, tra il livello europeo – dove il 1° marzo 2012 il Consiglio europeo approvava il fiscal compact – e il livello nazionale, con un parlamento pronto con il pareggio di bilancio a dare «un segnale politico forte ai mercati, chiarendo che l’Italia e l’Europa hanno imboccato in modo duraturo la strada del rigore».

A PERFEZIONARE il tutto provvedeva lo stesso Giancarlo Giorgetti, primo firmatario della legge attuativa del principio del pareggio di bilancio, vero e proprio anello di raccordo tra le regole europee di fiscal compact e six pack e legislazione nazionale (legge n. 243/2012). Straordinario nell’occasione l’intervento del deputato leghista Roberto Simonetti: «Da sempre la Lega ha l’obiettivo del pareggio di bilancio» rispetto ad uno «Stato che invece ha sempre utilizzato il diabolico debito pubblico per finanziare l’assistenzialismo peloso, la Cassa per il Mezzogiorno», quel «deficit spending utilizzato non per costruire impresa ma per comprare consenso e voti» (12-12-2012). Anche in questo caso convinta e unanime l’approvazione della Lega, assieme a quasi tutto il Parlamento.
A stupire, di fronte ad un percorso europeista così netto e lineare, non è il fatto che la Lega e Salvini abbiano mutato radicalmente posizione, imputando ad altri la costruzione di un potere sovranazionale cui hanno contribuito con continuità e convinzione. Né stupisce la «faccia tosta» con cui mentono a cittadini ed elettori: unica in realtà in tutta la storia italiana.

FA SPECIE che tale epocale voltafaccia non emerga nel dibattito pubblico, nel confronto che ossessivamente soprattutto negli ultimi mesi si accende ad ogni pie’ sospinto sul futuro dell’Italia nell’Ue e con l’euro. Mai che Salvini & co. – questi «corazzieri» storici dell’euro – vengano chiamati a rispondere di un percorso istituzionale che è tutt’uno con la loro storia politica.

MA PERCHÉ mai la moviola esiste solamente per il calcio? Perché tanta cautela, tanta riverenza, nel giornalismo italiano e nel mondo dell’informazione?

Perché talk-show gridati ma senza sostanza? Una bella moviola forse potrebbe contribuire a mettere linfa reale in confronti sempre più finti quanto più vuoti e gridati?
Un bel po’ di ripasso storico, un bagno nelle cronache reali farebbe bene. Non è forse «da questi particolari che si giudica un giocatore»?

 Isidoro Davide Mortellaro

Docente di Storia delle relazioni internazionali – Università di Bari

6/7/2019 https://ilmanifesto.it/

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