Venezuela: Uno sguardo settimanale


A un paio di settimane dalle elezioni, si ripete la tattica di inasprire le conseguenze della crisi economica venezuelana; lo strumento utilizzato a questo scopo è la manipolazione a una maggiore velocità del tasso di cambio tra bolívar e dollaro statunitense. Intanto, il governo bolivariano non riesce a invertire questi effetti e fa ricorso all’incorporazione di meccanismi di dollarizzazione nell’economia per smorzare l’impatto. Contemporaneamente, le relazioni diplomatiche dello Stato venezuelano con altri Stati continuano a transitare su percorsi scabrosi. Di queste e altre notizie, come il percorso verso le elezioni e l’annuncio del presidente Maduro della fine della quarantena a dicembre parleremo in questa edizione settimanale.

Ufficializzare la dollarizzazione? Un dilemma?.

Nell’insieme di misure di ingerenza volte a colpire l’economia venezuelana da ogni prospettiva, la manipolazione artificiale del tasso di cambio tra la moneta statunitense e il bolívar è stata lo strumento più efficiente e più sostenuto: efficiente nel senso che ha ottenuto un crescente e veloce deprezzamento della moneta nazionale, il che si traduce in una forte inflazione e nella polverizzazione del salario dei lavoratori e delle lavoratrici venezuelani; sostenuto perché da oltre un decennio si mantiene un complesso di indicatori non ufficiali che si sono trasformati in un punto di riferimento per le operazioni mercantili quotidiane. Imprese private come Ecoanalitica stimano che le operazioni in dollari statunitensi attualmente rappresentino circa il 60% delle transazioni realizzate nel Paese.

Nei periodi elettorali la manipolazione del tasso di cambio a una velocità maggiore è stata una costante e questo genera una maggiore svalutazione che impatta direttamente sulla vita quotidiana; l’intenzione è che ciò influisca sulle preferenze espresse nelle urne. Negli ultimi trenta giorni la quantità di bolívar necessari per acquistare un dollaro è aumentata quasi del 100%.

In questo contesto, l’agenzia stampa Bloomberg ha comunicato che funzionari di alto rango del Banco Central de Venezuela si sono riuniti con rappresentanti del settore bancario privato del Venezuela per studiare meccanismi operativi che consentano transazioni formali in dollari statunitensi.

Inoltre, la Sovrintendenza Nazionale per i Valori ha autorizzato l’emissione di titoli in dollari statunitensi e, pertanto, un’impresa di elaborazione di bevande alcoliche ha presentato un’offerta pubblica per un valore di 300.000 dollari statunitensi; è la prima volta nella storia del Venezuela che si realizza un’operazione di questo tipo.

In Venezuela la discussione sul formalizzare o no la dollarizzazione dell’economia è molto accesa, poiché questa opzione trova sostenitori e detrattori anche all’interno del chavismo e del governo bolivariano. Lo stesso presidente Maduro ha riconosciuto che se non fosse per l’incorporazione del dollaro statunitense, l’economia venezuelana sarebbe collassata; noi che ci opponiamo a questa misura sosteniamo che formalizzare la moneta statunitense significa colpire la nostra sovranità e, dal punto di vista economico, rappresenta una capitolazione con la quale consegneremmo il nostro futuro a una moneta ormai talmente compromessa che molte delle grandi economie se ne stanno sbarazzando.
Verso le elezioni:

La campagna è in piena attività poiché per le organizzazioni che vi partecipano è necessario mobilitare non solo i loro militanti, ma anche l’insieme dell’elettorato che non vede ragioni per esercitare il suo diritto di voto. Ricordiamo che quando l’opposizione decise in blocco di non presentarsi si ebbe una partecipazione di solo il 25% degli aventi diritto e ora solo una parte di essa ha presentato candidati, pertanto tale scenario non si ripeterà, ma neppure quello del 2015, quando la partecipazione fu del 75%.

Il Partido Socialista Unido de Venezuela è l’organizzazione più grande tra quelle in lizza, pertanto guida il Gran Polo Patriótico e in questi giorni sta mobilitando i suoi militanti mediante le Unidades Bolívar-Chávez. Nello stesso settore chavista si trova la Alternativa Popular Revolucionaria, le cui organizzazioni questa settimana hanno manifestato davanti alla sede della tv statale venezuelana denunciando quello che definiscono un assedio mediatico nei loro confronti da parte della rete nazionale di media pubblici e privati. Le organizzazioni dell’opposizione, in questa fase, stanno dimostrando una maggiore capacità di mobilitazione dei loro seguaci in diverse località del Venezuela, oltre che una maggiore presenza mediatica. In Venezuela le organizzazioni politiche hanno sempre avuto una relazione diretta con gli elettori e le elettrici allo scopo di mobilitarli, il che richiede alti livelli di partecipazione.

Il Consiglio Nazionale Elettorale, da parte sua, prosegue nella messa a punto di tutta l’infrastruttura per le votazioni, in particolare distribuendo il materiale, accreditando i rappresentanti di lista delle varie organizzazioni politiche e svolgendo le attività di supervisione relative a questa fase.
Gli scabrosi percorsi della diplomazia venezuelana.

In ambito diplomatico vi sono novità, a partire dalla nomina, da parte del senato statunitense, di James Story come ambasciatore degli Stati Uniti in Venezuela, dopo un decennio che tale figura era stata assente; Story ha finora operato come incaricato d’affari e quella statunitense è un’ambasciata sui generis, poiché il governo nordamericano non riconosce Nicolás Maduro come presidente, quindi per evitare le formalità di rigore l’ambasciatore opererà a distanza, da Bogotá. Questo fatto si verifica in uno scenario nel quale l’amministrazione uscente prosegue nella ferrea difesa della sua politica di misure coercitive unilaterali, ignorando le critiche diffuse nello stesso territorio statunitense circa la loro mancanza di efficacia.

Sempre a proposito di relazioni diplomatiche, il ministro degli esteri venezuelano Jorge Arreaza ha ricevuto l’accredito dell’incaricato d’affari spagnolo Juan Fernández Trigo, in una nuova fase delle relazioni tra i due Paesi. È stato comunicato che l’incaricato d’affari ha incontrato anche soggetti dell’opposizione al chavismo. Il Regno di Spagna ha fatto sapere di avere donato 17 milioni di dollari all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e all’ACNUR per fornire assistenza ai migranti venezuelani, mentre il presidente Maduro ha denunciato di non avere ricevuto appoggio da questi organismi per il rimpatrio di connazionali organizzato dal governo bolivariano.

Infine, il Venezuela annuncia la chiusura della sua ambasciata in Guatemala a causa di condizioni imposte dall’esecutivo di Alejandro Giammattei, condizioni che non sono state specificate.

Dicembre senza quarantena.

Si è chiusa un’altra settimana di flessibilizzazione e ne inizia un’altra di restrizioni che, secondo il presidente Maduro sarà l’ultima per quest’anno, il che vuol dire che dicembre sarà senza quarantena. Quanto all’epidemia, ci troviamo sulla soglia dei centomila casi, visto che a oggi sono stati diagnosticati positivi 99.835 pazienti, con un tasso di guarigione del 95% in oltre un mese. Quanto ai decessi, si mantiene una media di tre al giorno e, finora, se ne sono registrati 871.

Alcuni giorni fa, il presidente Maduro ha annunciato che l’anno prossimo, a partire da aprile, inizieranno le vaccinazioni con lo Sputnik V, sviluppato nella Federazione Russa.

Brevi:

  • Mercoledì scorso si sono compiuti cento giorni dalla scomparsa del compagno ed educatore Carlos Lanz, senza che se ne sappia nulla. Per ora, lo Stato venezuelano resta in silenzio. Nelle reti sociali abbiamo nuovamente promosso una campagna di tweet per chiedere informazioni sullo stato delle indagini.
  • Nelle ultime settimane ha piovuto intensamente su tutto il territorio nazionale, ma in particolare nell’occidente del Paese, il che ha provocato lo straripamento di fiumi e corsi d’acqua stagionali; le conseguenze hanno provocato quattro morti e centinaia di famiglie danneggiate e costrette a trasferirsi. Il governo bolivariano ha fornito assistenza alle famiglie coinvolte anche mediante il ricollocamento temporaneo in luoghi sicuri. Sono stati danneggiati anche centinaia di ettari di terreni agricoli.

Jesús A. Rondón
Traduzione per Lavoro e Salute a cura di Gorri

Se desideri commentare questo testo, chiedere l’approfondimento di un tema o per qualsiasi altra questione, puoi scrivere all’autore jesusalbertorondon@gmail.com

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SINDROME GUAIDO’
Quando si parla delle mafie, vediamo sempre che una delle chiavi che contribuiscono al successo degli affari illegali è che non bisogna consumare la merce; per esempio, un trafficante di droga sarà più prospero se non ne farà uso. Donald Trump, un uomo che tanto negli affari quanto in politica ha agito come un bullo, sembra non seguire questa vecchia raccomandazione; dopo che la sua nefasta amministrazione ha promosso l’autoproclamazione come modo per “salvare le democrazie”, oggi pare che sperimenti i sintomi della Sindrome Guaidó.
In psicologia le sindromi si riferiscono a un insieme di sintomi che danno conto di una patologia specifica; stabilendo un’analogia nel campo della politica, possiamo dunque dire che una sindrome è un insieme di caratteristiche che danno conto di un’anomalia in un sistema politico. Si parla di sindrome a proposito di certi eventi che non necessariamente sono veri o celebri, ma che riflettono ciò che è tipico della patologia o, nel tema di cui ci occupiamo, dell’anomalia.
La sindrome della quale parliamo si caratterizza per una negazione sistematica della realtà politica nella quale si vive, pertanto si assume una posizione illusoria dalla quale si cerca di forzare gli altri soggetti politici e le istituzioni del sistema politico mediante un’infinità di meccanismi che vanno dalle minacce ai discorsi deliranti. Ho parlato di sindrome a proposito di Juan Guaidó, un oscuro personaggio venezuelano che, grazie a un’elaborata operazione di “intelligence” statunitense, è stato indotto ad autoproclamarsi presidente del Venezuela.
Le conseguenze, per l’opposizione al chavismo, sono state nefaste ma, ciononostante, la stessa sindrome è stata inoculata nel sistema politico boliviano, dove ha riscosso un successo a breve termine che tristemente ha consentito lo smantellamento di parte dei progressi sociali, economici e culturali ottenuti con la presidenza di Evo Morales. Grazie alla forza politica dimostrata dal popolo boliviano, oggi Luis Arce torna a recuperare quanto perduto in poco più di un anno di passi indietro e l’autoproclamata attende il suo turno per affrontare la giustizia.
Oggi, nel limitato, anacronistico e poco democratico sistema elettorale statunitense (per citarne una sola caratteristica, si tratta di un’elezione di secondo grado), Trump non accetta i risultati sinora presentati e rallenta la transizione al suo successore; davanti a questo comportamento di Trump, che potrebbe essere una strategia predefinita, dobbiamo chiederci a cosa serva: è un tentativo di cambiare i risultati nei collegi elettorali? Per ora, a quindici giorni dalle votazioni, non vi sono risultati ufficiali, si dà per certo che Biden sia presidente e, utilizzando il linguaggio degli autoproclamati: “lo stanno riconoscendo diversi governi nel mondo e persino Twitter, che prevede di consegnargli gli account ufficiali a gennaio”.

Di Jesús A. Rondón

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