Viviamo una caccia ai poveri?

Il Reddito di Cittadinanza è da sempre sulla bocca di tutti sin dalla sua approvazione, nel settembre 2018 con Di Maio dal balcone che esclamò “abbiamo abolito la povertà” – aimè non è andata esattamente in questo modo…

A settembre 2021 la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, lo ha definito metadone di Stato: “è esattamente lo stesso principio del mantenimento a metadone di un tossico dipendente”, dichiarazione che inevitabilmente ha causato varie polemiche; a risponderle a tono sono stati diversi esponenti politici tra i quali, il Ministro del lavoro Andrea Orlando: “chi usa queste metafore e perché non si rende conto di cosa sia la povertà”, anche l’ex Presidente del Consiglio e ormai capo del M5S Giuseppe Conte: “espressione volgare e forte, dobbiamo riconoscere la dignità sociale” e definisce la polemica sterile perché si tratta di una misura di necessità, il segretario Cgil Maurizio Landini che dichiara: “odio verso i poveri e verso chi lavora e magari è povero ma paga comunque le tasse anche per chi non paga”. Meloni ha risposto alle polemiche spiegando che la sua critica è dovuta alla volontà di far uscire le persone dalla povertà e non tenerle in quello status per sempre. Anche Matteo Salvini che ha votato a favore del Rdc, all’epoca Ministro dell’Interno e vice Premier del governo giallo-verde, lo ha definito un errore e sarebbe a favore dell’eliminazione del sussidio.

Che il reddito di cittadinanza abbia dei problemi, credo si possa essere tutti d’accordo, il suo obiettivo principale, cioè l’aumento di occupazione grazie all’aiuto dei famosi navigator, è fallito. I numeri parlano chiaro, stando ai dati riportati da Pagella Politica, forniti dalla Corte dei Conti nella Relazione sul rendiconto dello Stato del 2020, i convocati da un centro per l’impiego sono 1,6 mln e di questi 1,05 avevano i requisiti per la sottoscrizione del Patto per il lavoro (dal quale sono esenti persone con disabilità e pensionati) che permette l’avvio di un percorso d’inserimento lavorativo e inclusione sociale, a febbraio 2021 quasi 153000 (14,5%) erano quelle che hanno trovato un impiego ma il 65% a tempo determinato e solo il 13% ha firmato un contratto a tempo indeterminato, la restante parte ha ottenuto contratti di apprendistato ed altre tipologie.

In futuro sarà importante attuare un sistema che favorisca maggiormente l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro ma dichiarare la sua inutilità è sbagliato, infatti, se per l’aumento di occupazione è stato poco determinante, lo stesso non si può dire del suo utilizzo – insieme ad altri incentivi – per contrastare le difficoltà causate dal covid-19; secondo uno studio della Banca d’Italia del settembre 2020 il Rdc è stato fondamentale per contenere la crescita di povertà e disuguaglianze; i dati di dicembre 2020 parlano di un aumento del 19% di percettori di Rdc rispetto all’anno precedente.

C’è un altro problema – sicuramente da affrontare – sul quale preme molto chi vorrebbe eliminare il sussidio, che è quello dei “furbetti”, tutte quelle persone che lo percepiscono senza averne diritto. Lo scorso ottobre, nell’ultimo rapporto, la Guardia di Finanza ha scoperto truffe ai danni dello Stato per un ammontare di 15 mld di euro per il periodo che va da gennaio 2020 ad agosto 2021, dati usati da una certa politica per portare acqua al proprio mulino ma se andiamo ad analizzare, solo l’1% – va debellato, sia chiaro! -, circa 127 mln di euro, riguardava i percettori del Rdc, la parte più sostanziale riguardava gli appalti pubblici, circa 6 mld di euro.

Che vanno apportate delle modifiche è evidente – come già spiegato – ma è arrivato il momento di prendere decisioni che fanno davvero la differenza:

  • lotta all’evasione fiscale, che si stima sia oltre i 100 mld di euro l’anno, della quale si parla sempre troppo poco, un vero e proprio cancro per il nostro Paese;
  • salario minimo che permetterebbe a tante persone di non richiedere il RdC perché riuscirebbero a superare la soglia di povertà autonomamente e vivere dignitosamente con la propria attività lavorativa e magari sorbirci qualche intervista in meno ad imprenditori che si lamenta delle difficoltà di ricercare personale, che evidentemente ha la “pretesa” di chiedere un compenso adeguato; dignità che si ottiene anche con la sicurezza sul lavoro, arginando assolutamente il fenomeno, in costante crescita, delle morti bianche;
  • pugno di ferro nei confronti dei colossi digitali, lotta che riguarda l’Europa intera, i quali, durante la pandemia hanno visto aumentare vertiginosamente i loro fatturati e che ad oggi versano percentuali irrisorie d’imposte, rispetto ai loro profitti e forse solo dal 2023 dovrebbero iniziare a pagare con un’aliquota globale minima del 15%, in ogni Paese nel quale conducono la loro attività, secondo l’accordo raggiunto nell’ultimo G7.

Giuseppe Lacavalla

29/12/2021 https://www.intersezionale.com

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *