Logistica: è arrivato il “pacco”…

Benvenuti nella nuova normalità. Lavoratori senza diritti, pagati a cottimo; il caporalato elevato a sistema; multinazionali che sfruttano e poi distruggono le imprese nazionali; tangenti e frodi fiscali. Ma non si tratta dell’ennesimo scandalo economico-finanziario, di infiltrazioni malavitose o di imprenditori senza scrupoli.

Quello esploso in questi giorni nel sistema italiano della logistica è il paradigma del nuovo modello di sviluppo economico, predatorio e distruttivo, attuato da soggetti che operano secondo le regole della “lettera di corsa”: un corsaro era un privato cittadino che, munito dal governo di uno Stato di un’apposita autorizzazione formale, detta appunto “lettera di corsa”, in cambio della cessione allo stesso di parte dei guadagni conseguiti, era autorizzato ad assalire e rapinare le navi mercantili delle nazioni nemiche.

I fatti

Lo scorso dicembre, per BRT e Geodis Italia è scattato un sequestro preventivo per oltre 102 milioni di euro da parte della Guardia di Finanza nell’ambito di indagini sul fenomeno della somministrazione illecita di manodopera nelle due società di logistica.

A marzo di quest’anno è stata disposta l’amministrazione giudiziaria per un anno per BRT e Geodis Italia, in quanto l’inchiesta del magistrato inquirente ha riscontrato «un sistematico sfruttamento di diverse migliaia di lavoratori». Inoltre, l’amministratore delegato della BRT, Costantino Dalmazio Manti, è accusato di aver incassato una tangente da circa un milione di euro in cambio degli appalti alle cooperative.

Le società BRT (ex Bartolini) e Geodis Italia, che sono al centro dell’indagine, appartengono a due colossi francesi della logistica. La prima fa parte del gruppo DPD, società delle consegne di GeoPost (14,7 miliardi di euro di vendite nel 2021) in portafoglio a La Poste Groupe, posseduta dalla Cassa Depositi e Prestiti francese (Caisse des dépôts et consignations). Geodis, invece, rientra nel gruppo SNFC, ovvero le Ferrovie di Stato francesi.

I lavoratori sono ovviamente molto preoccupati per il loro prossimo futuro, in quanto nella dirigenza delle due aziende stanno “volando gli stracci”, sono bloccate le assunzioni e non si sa se verranno rinnovati i tanti contratti a tempo determinato. Parecchie persone stanno pensando al licenziamento per paura di perdere il proprio TFR.

L’inchiesta su BRT e Geodis arriva dopo quella del 2021, portata avanti sempre dallo stessop pm, nei confronti di DHL e GLS, altri due gruppi del settore della logistica.

Cosa succede nella logistica italiana

Tradizionalmente nella logistica italiana operano piccole imprese. Per esempio, nel campo dell’autotrasporto si contano oltre 100mila operatori. Ma il nuovo fenomeno sono le operazioni di fusioni e acquisizioni, con un crescente interesse della finanza internazionale, attraverso i fondi d’investimento privati.

La dinamica di questo cambiamento è stata sicuramente accelerata dall’ingresso nella logistica B2B del colosso multinazionale dell’e-commerce Amazon.

Il settore della logistica italiana è un mercato che vale 92 miliardi di Euro e genera il 9% del Pil nazionale e conta 90 mila imprese con 1,5 milioni di addetti: esso è quindi strategico per il nostro Paese, non solo dal punto di vista economico, in quanto gioca un ruolo centrale nel settore terziario (servizi), visto che la consegna di merci e prodotti diventa essenziale per la concorrenza sul mercato. Talmente strategico per il Paese… che il 20% del totale dell’intero settore fa capo a imprese di spedizione internazionali!

Infatti, delle prime tre società della logistica italiana la seconda, DHL, è del Gruppo tedesco Deutsche Post; la terza, BRT, è del Gruppo Le Poste, in mano alla CDP francese, come abbiamo appena visto.

Poi, dal 2010, in Italia c’è anche Amazon, che nel nostro Paese gestisce oltre 50 cosiddetti hub logistici (punti di raccolta e smistamento) e conta oltre 14mila dipendenti. Amazon è “portatore sano” di un modello di business che uccide le imprese locali.

Un caso esemplare

Lo esemplifica bene il caso di Rovigo. Il grande centro di smistamento di Geodis a Villamarzana, in provincia di Rovigo, è a un passo dalla chiusura e 130 lavoratori rischiano di rimanere “per strada” come conseguenza delle scelte aziendali di Amazon. La multinazionale dell’e-commerce, attiva anche nel settore della logistica, si muove infatti secondo uno schema ormai noto e consolidato.

All’inizio Amazon si era proposta infatti come unico committente di Geodis, con un contratto che, sette anni fa, sembrava una fortuna per il territorio e per i posti di lavoro che avrebbe creato. L’entrata di Amazon ha portato inizialmente un aumento considerevole del lavoro, in quanto venivano usate le aziende esterne di corrieri per la distribuzione, ovviamente a prezzi bassissimi, a fronte di un flusso di lavoro continuo.

Poi Amazon ha aperto il proprio maxi centro operativo a Castelguglielmo e le commesse affidate a Geodis sono andate via via diminuendo. Si è aperta, così, una guerra al ribasso. Per affrontare una situazione diventata sempre più difficile e competitiva, Geodis come prima cosa ha esternalizzato la forza lavoro, subappaltando alcune lavorazioni a cooperative esterne con personale interinale.

Con la prossima chiusura del centro di smistamento di Geodis a Villamarzana, cosa ne sarà del grande capannone da 45mila metri quadrati che Geodis ha in locazione?

Nel 2021 è stato ceduto da Deka Immobilien Investment GmbH, per conto del fondo immobiliare aperto tedesco Deka Immobilien Europa, a Eurozone Logistics Fund, gestito da Bnp Paribas Reim. Tutto all’estero, tutto senza più proprietà, radici e potere decisionale nel nostro Paese.

Un caso esemplare, dunque, che dovrebbe suonare come un monito per le altre Regioni italiane perché non cadano nel tranello. Ma non è proprio così. Al contrario, sembra anzi che si voglia reiterare questa impostazione devastante per lavoratori e territorio. La “sovranista” amministrazione regionale di centro-destra delle Marche ha, infatti, appena rilasciato ad Amazon il permesso di costruire un maxi hub a Jesi, magnificandone il potenziale occupazionale e di sviluppo locale. Il tutto nel compiaciuto silenzio anche dei sindacati locali e nazionali, che sembrano ignorare quanto accaduto altrove.

Somministrazione illecita di manodopera

Le indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Milano nei confronti di BRT e Geodis Italia vertono soprattutto sul fenomeno della somministrazione illecita di manodopera.

Il fenomeno della messa a disposizione di personale da parte di società intermediarie nel settore della logistica, e non solo, è da sempre esistito, ma ora ha raggiunto livelli sistemici inaccettabili.

In particolare, la fornitura di manodopera avveniva attraverso diverse società cooperative che si sono avvicendate nel tempo, trasferendo la manodopera dall’una all’altra, senza pagare né l’IVA, né gli oneri di natura previdenziale e assistenziale. I lavoratori coinvolti sarebbero oltre 3100, ossia oltre il 60% della forza lavoro complessiva.

Secondo le indagini, i due colossi della logistica sottoponevano i lavoratori a orari e ritmi di lavoro estenuanti, sottopagandoli attraverso le cooperative che gestiscono autisti e facchini. Gli appalti per il facchinaggio prevedono orari improponibili, con personale risicato all’osso. Anche dopo i provvedimenti della magistratura, ad alcune filiali BRT sono continuate ad arrivare e-mail che chiedono un intervento sui facchini per diminuire le ore di lavoro al fine di compensare il presunto calo di produzione in corso. I contratti di lavoro in alcune filiali sono di due ore nonostante per legge il minino sia quattro.

Questa corsa al ribasso dei costi, innescata dalla concorrenza di Amazon, penalizza le imprese italiane e, prima di tutti, le fasce più deboli dei lavoratori.

Nelle dichiarazioni raccolte a verbale di decine di facchini di cooperative in rapporti con BRT emerge che gli operai non avevano diritto a visite mediche, né a corsi di formazione ed erano gli stessi lavoratori a volte a dover contribuire per comprarsi alcuni strumenti di lavoro.

Il passaggio da una cooperativa all’altra è diventato una prassi, perdendo in questo modo ad ogni passaggio ogni diritto economico, come scatti di anzianità, ferie pagate, tredicesima, ecc. Una forma di lavoro a cottimo che va nella direzione opposta alla richiesta di maggiori tutele ed equità, e che penalizza soprattutto i lavoratori in difficoltà economica e quelli di altre nazionalità.

Luca serafini

4/4/2023 https://clarissa.it/

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